Pare proprio che questo agosto stia allontanando la possibilità che quello italiano assomigli a un sistema politico di tipo occidentale. Non fosse per i mirabili interventi del Presidente della Repubblica, la politica di questo agosto ricorderebbe quella di un Paese del Centro America, certe volte veramente sembra di essere al Carnevale di Rio. Negli scorsi giorni nel cosiddetto dibattito politico sono emerse tre cose: l’apparizione di un generale portatore sano di discorsi da autobus (ma su Roberto Vannacci non merita davvero di tornare); il settarismo identitario di Fratelli d’Italia e personalmente di Giorgia Meloni e del suo entourage; il nuovo radicalismo “americano” di Elly Schlein.
Sotto questo cielo oggi si riunisce un Consiglio dei ministri già imbambolato rispetto al quadro economico del Paese, così che è facile pronosticare una legge di bilancio totalmente priva di idee e di slancio riformatore: un po’ di tagli e qualche mancetta, una manovra alla Rumor, altro che Mario Draghi. Peggio ancora, ora Meloni e Matteo Salvini scoprono che il problema dell’immigrazione è drammatico: loro hanno fatto raddoppiare gli sbarchi, sta a loro risolvere il problema possibilmente senza calpestare i diritti umani. Quando ci si sente in difficoltà cinsi rinchiude a riccio. Vediamo.
L’isolamento, se non la sconfessione, di Guido Crosetto sul caso Vannacci da parte dei maggiorenti di Fratelli d’Italia (nell’inquietante silenzio di Meloni), le uscite penose del ministro Francesco Lollobrigida o di Giovanni Donzelli, la nomina della sorella a capo della segreteria, i primi battibecchi di potere tra i meloniani, l’assenza di indicazioni da parte della premier, l’ostentato fastidio di dirigenti e giornalisti d’area verso le critiche: sono tutti sintomi di un nervosismo che è alla base di un rinculo identitario su posizioni ben note, quelle di una destra che mima il suo passato, cosicché la prospettiva di un grande partito conservatore, se mai Meloni l’ha coltivata, è morta ancora prima di nascere: altro che Bush o Chirac (non parliamo poi di Angela Merkel), il riferimento – senza polemica – è più quello di Giorgio Almirante, forse anche perché i meloniani sentono il fiato di Gianni Alemanno (e Salvini-Vannacci) sul collo, dunque nella maggioranza l’unico moderato resta Antonio Tajani che infatti non conta niente.
Dalla parte opposta il traguardo storico che la sinistra per un lungo tratto si era prefissato, quello di un moderno partito riformista di tipo nuovo vicino ma più avanti della tradizionale socialdemocrazia, è sparito dall’orizzonte del Partito democratico – il quale sta approdando in modo, peraltro improvvisato, a una imitazione delle componenti più di sinistra del Partito democratico americano, esattamente come avevano paventato coloro che speravano in una vittoria alle primarie di Stefano Bonaccini.
Elly Schlein, del tutto coerentemente anche se talora con qualche forzatura, sta facendo del Partito democratico un partito radicale molto concentrato su battaglie identitarie, civili e sociali, tra le quali questa ultima campagna «antimilitarista» che non può non evocare una certa riluttanza a sostenere ancora lo sforzo militare a fianco dell’Ucraina, qui saldandosi con lo storico antiamericanismo di matrice ingraiana perpetuata dagli ex Articolo Uno et similia che di fatto dirigono il partito.
Ora, che sia al governo o che sia all’opposizione, un partito serio dice le stesse cose ma il Partito democratico di Elly ha mutato pelle rispetto a quello di Enrico Letta e Lorenzo Guerini (che sull’abbassamento delle spese militari pur mordendosi la lingua ha sostanzialmente detto che la segretaria sbaglia) cosicché con la linea di Schlein oggi l’Italia si metterebbe in rotta di collisione non solo con l’Ucraina ma con l’Occidente.
Se queste sono le dinamiche speculari dei due principali partiti, nel segno dell’estremismo, c’è poco da stare allegri. E se si considera che il terzo e quarto partito – Movimento 5 stelle e Lega – sono persino peggio di Partito democratico e Fratelli d’Italia, nell’autunno che sta per arrivare bisognerà allacciarsi le cinture di sicurezza.