Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica che incontra una delegazione di Ultima generazione – nonostante il colloquio fosse sul calendario ormai da una settimana – è già una notizia. A maggior ragione se il titolare del Mase, Gilberto Pichetto Fratin, fa parte di un governo che si è sempre approcciato agli attivisti climatici imboccando le strade della repressione e dello snobismo. Un interessante punto di discontinuità rispetto a una mancanza di dialogo che stava diventando insostenibile.
L’appuntamento, durato poco meno di un’ora, è avvenuto lo stesso giorno in cui l’esecutivo ha annunciato la nomina di Francesco Corvaro, professore associato in Fisica tecnica industriale presso il Dipartimento di ingegneria industriale e Scienze matematiche dell’Università Politecnica delle Marche, come inviato speciale per il Cambiamento climatico. Casualità?
I più maliziosi penseranno che fissare l’incontro l’8 agosto, nel pieno delle ferie estive, sia stato un contentino per placare questi giovani così arrabbiati, insoddisfatti e stufi dell’inazione climatica del governo Meloni. Tuttavia, al netto di tutte le difficoltà e delle promesse mancate, un faccia a faccia tra la politica e i membri della società civile è da accogliere positivamente. Altrettanto vero è che, senza vernice e senza senso del dramma, Ultima generazione non sarebbe mai riuscita a guardare negli occhi Gilberto Pichetto Fratin.
All’incontro hanno partecipato tre membri del gruppo ambientalista. In teoria dovevano essere quattro, ma a Beatrice Pepe non è stato permesso di accedere al Mase a causa di un foglio di via da Roma, rilasciato dalle autorità in seguito a un blocco stradale di circa un anno fa. L’attivista, che poco prima era intervenuta durante il programma Rai “Agorà”, rischierebbe fino a sei mesi di carcere. Non un buon inizio, insomma.
«Dall’altra parte del tavolo c’erano il ministro, un uomo e una donna. Dietro, però, abbiamo contato altre quindici persone. Una situazione un po’ strana, direi. Erano persone che ascoltavano e filmavano. Non avevo idea di chi fossero», racconta a Linkiesta Alessandro Berti, uno dei delegati di Ultima generazione presenti all’appuntamento. Tra settembre e ottobre dello scorso anno, il giovane aveva condotto uno sciopero della fame di ventisei giorni per protestare contro l’assenza della crisi climatica in campagna elettorale.
I temi portati sul tavolo dai cittadini aderenti a Ultima generazione sono stati cinque: l’abolizione dei Sussidi ambientalmente dannosi entro il 2025; il punto della situazione sul Fit for 55 dell’Unione europea; gli enormi vuoti all’interno del Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec) presentato il 19 luglio; l’appello di Sergio Mattarella sui ritardi «nelle azioni necessarie per investire il trend» nella lotta alla crisi climatica; le lacrime versate al Giffoni Festival.
Gli attivisti, dimenticata l’euforia dovuta a un tavolo per nulla scontato, sono usciti dal Mase complessivamente insoddisfatti: «Abbiamo portato una proposta di legge per l’abolizione di otto Sussidi ambientalmente dannosi (Sad) per liberare risorse pubbliche per quasi cinque miliardi di euro. È una cosa che si potrebbe fare subito, ma è stata rimpallata e tolta dalla loro responsabilità», spiega Berti.
«Il ministro ci ha detto che avrebbe la possibilità di portarla in legge di Bilancio e renderla operativa tramite un decreto ministeriale, ma che la maggioranza di governo non ha il raggio d’azione per implementare subito questa proposta», aggiunge. Tutto rimandato a settembre, quando lo schema della norma verrà sottoposto alle forze di opposizione.
Secondo Alessandro Berti, l’unico punto positivo del colloquio – teoricamente a porte chiuse – riguarda la promessa di una «nuova disponibilità per un altro incontro tra settembre e ottobre». Durante la conversazione, quando il ministro ha menzionato le azioni dimostrative degli attivisti di Ultima generazione, c’è stato anche un piccolo momento di tensione: «L’ho interrotto subito perché quello non era un argomento di discussione. In generale, però, mi è sembrato meno paternalista rispetto alle attese».
Il punto è proprio qui, nell’ossessione del governo di destra verso i monumenti e i quadri imbrattati, le strade bloccate e tutte le altre forme di disobbedienza civile non violenta. Gli obiettivi principali dell’esecutivo in campo ambientale sono sempre stati due: fermare gli attivisti e minimizzare l’entità dell’emergenza climatica. Un flirt costante con il negazionismo e il “riduzionismo”, testimoniato anche dall’allergia della premier Giorgia Meloni al termine «crisi climatica».
In una lettera inviata a Repubblica qualche giorno fa, Gilberto Pichetto Fratin aveva manifestato la sua speranza di «far comprendere a Ultima generazione che va immediatamente interrotta ogni azione volta ad “aggredire” i monumenti». Come previsto, durante l’incontro non ha perso l’occasione di tornare sull’argomento. E, terminati i colloqui, la speranza si è trasformata in minaccia: un secondo appuntamento, stando alle sue parole al Tg1, avverrà «a condizione che non continuino a imbrattare il patrimonio artistico nazionale».
Mentre guardava negli occhi i tre attivisti, concentrati sulle proposte concrete per mitigare l’emergenza climatica, un assorto Pichetto Fratin stava probabilmente pensando alla vernice sul palazzo del Senato o sulla statua in piazza Duomo. Intanto, è da poco terminato il mese più caldo mai registrato nella storia.