La racaille di MoscaL’abbaglio di Sarkozy e l’unione del mondo civile contro il fascismo russo

L’ex presidente francese vuole che l’Ucraina rinunci a parte dei territori occupati illegalmente dal suo invasore, ma con la feccia del Cremlino questa non è una soluzione praticabile. Serve un ulteriore sforzo, invece, per aiutare Kyjiv a liberare la Crimea e a porre fine alla guerra

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L’ex presidente francese Nicolas Sarkozy non è esattamente il personaggio pubblico più adatto a dare lezioni di geopolitica al mondo contemporaneo, avendo creato ai suoi tempi parecchio caos in Africa ed essendosi voltato dall’altra parte quando Vladimir Putin ha invaso la Georgia nelle prove generali della guerra in Ucraina, cominciata nel 2014 e continuata su larga scala un anno e mezzo fa. 

Eppure la sua intervista a Le Figaro ha fatto ugualmente il giro del mondo in un’estate in cui le cancellerie e i vertici militari della Nato si chiedono che cosa stia succedendo in Ucraina, a che punto sia la controffensiva liberatrice dei partigiani di Kyjiv, fino a dove si spingeranno le armate imperialiste del Cremlino e, soprattutto, quanto resisterà ancora la solida alleanza del mondo civile contro, per usare un termine caro a Sarkozy, la racaille, la feccia, fascista russa. 

Da qualche settimana si vedono pochi avanzamenti militari sul campo, oppure si percepiscono come troppo lenti, le armi occidentali cominciano a scarseggiare mentre si scoprono progetti segreti da parte del complesso militare-industriale dell’asse del male Mosca-Teheran, in un ciclo politico globale che guarda con attenzione le prossime elezioni europee e, sopratutto, le presidenziali americane di novembre 2024, quando il difensore dell’America, dell’Europa e dell’Ucraina Joe Biden dovrà affrontare l’amichetto di Putin e golpista in chief Donald Trump. 

La difesa occidentale dell’Ucraina fin qui è stata allo stesso tempo ammirevole e deficitaria: ammirevole perché senza di essa oggi non ci sarebbe più l’Ucraina, e deficitaria perché con un impegno maggiore in termini di fornitura e di addestramento militare probabilmente oggi non ci sarebbe più la guerra. 

Gli F-16 necessari a riconquistare la Crimea e a risolvere la partita una volta per tutte tardano ad arrivare nelle basi militari ucraine, così come i missili a lunga gittata, ma a questo punto del conflitto l’urgenza e la priorità per gli ucraini, e per chi ha a cuore la libertà e la democrazia, sono quelle di evitare l’inesorabile e prevedibile stanchezza dell’Occidente. 

Putin può permettersi di aspettare che in Occidente cambi il vento, anche perché non si imbarazza a continuare a commettere crimini di guerra su crimini di guerra né a mandare al macello la fanteria russa. L’Ucraina no, l’Ucraina si difende quotidianamente da centinaia di missili e di aerei nemici programmati per uccidere deliberatamente la popolazione civile, e quindi ha bisogno di cacciare gli invasori, di ottenere i risarcimenti dei danni per avviare la ricostruzione, di vedere i criminali alla sbarra e di assicurarsi grazie alla vittoria sul campo di battaglia una pace futura e stabile. 

La proposta di Sarkozy e di altri sapientoni che non si curano delle sorti degli ucraini (ovvero che l’Ucraina si dovrebbe convincere a rinunciare a parte dei territori occupati illegalmente dai russi) non è una soluzione praticabile e non è una mediazione di nessun tipo, semmai è una capitolazione di fronte all’imperialismo russo che, se i Sarkozy di questo mondo avessero la meglio, vedrebbe premiata la sua furia assassina e distruttrice. 

L’Ucraina non potrà mai cedere territori e cittadini in cambio della promessa di sicurezza, ed è forse il caso di ripetere a voce alta che la sicurezza di una parte degli ucraini non potrà mai essere garantita a danno di altri ucraini che per effetto dello scambio rimarrebbero sotto occupazione e quindi minacciati, torturati e stuprati dagli invasori. 

La guerra tra l’invasore e l’invaso può finire solo in due modi: con la vittoria politica e militare dei russi, ma con la certezza che poi continuerà altrove, nei paesi baltici, in Polonia, dentro i vecchi confini dell’Urss o del Patto di Varsavia, se non addirittura dell’impero russo; oppure può finire con la liberazione della Crimea, occupata nel 2014, e con la vittoria del favoloso popolo resistente d’Ucraina. 

Se siamo a questo punto è proprio perché nel 2014 il mondo ha  seguito la linea Sarkozy, ovvero quella di lasciare che la Russia mantenesse il controllo dei territori illegalmente occupati. Putin si è così convinto che l’Occidente avrebbe continuato a far finta di niente, come niente ha fatto dopo la Georgia e dopo la Crimea e il Donbas, e infatti il 24 febbraio 2022 ha scatenato l’invasione su larga scala di tutta l’Ucraina (che peraltro Sarkozy fino al giorno prima sosteneva che non sarebbe mai avvenuta). Ma per fortuna di tutti noi Sarkozy è in pensione e alla Casa Bianca non ci sono più né Obama né Trump, i gemelli diversi del disimpegno americano e gli amministratori del declino americano. 

Ora però serve un ulteriore e un maggiore impegno degli adulti di Washington, Parigi, Berlino, Londra e Bruxelles per fermare il conflitto in Ucraina, e certamente non servono le proposte stravaganti volte a convincere Zelensky ad abbandonare una parte dei suoi concittadini nelle mani della racaille russa che, ovunque abbia occupato militarmente, come a Bucha, si è visto cosa è capace di fare.

L’Ucraina, grazie agli aiuti del mondo civile, ha dimostrato di essere in grado di combattere, di sconfiggere e di cacciare i russi dal proprio territorio, ma dovrà essere messa nelle condizioni di ultimare la sua opera di difesa nazionale con armi più sofisticate e addestramenti più massicci, perché prima gli ucraini libereranno i territori occupati dagli imperialisti russi, prima finirà la guerra russa all’Ucraina.

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