Seconda pelleDieci giorni per celebrare la poliedrica scena artistica di Bolzano

“Second Skin”, una delle opere presenti alla Bolzano art weeks (29 settembre-8 ottobre), descrive perfettamente l’inaspettata vivacità del capoluogo altoatesino, che vanta un panorama culturale in grado di andare oltre la facciata gotica del Duomo di piazza Walther e le signorili case mercantili con i portici

Courtesy of Bolzanism Museum

Un mucchio di capi di abbigliamento vintage, messi a disposizione dei partecipanti a una performance artistica ai quali viene chiesto di indossare, al posto dei vestiti che hanno in quel momento, quelli usati. Per stimolare, ecco il fine, una riflessione sulle tracce di vissuto che ognuno lascia sui propri indumenti e sulle interazioni che si sviluppano con essi. Second Skin, questo il nome della performance dell’artista Hannes Egger, che in essa si concentra sul sistema del vintage a suo tempo approfondito durante il periodo di residenza a Lottozero a Prato, è una delle opere presenti alla Bolzano art weeks (Baw), evento d’arte contemporanea organizzato da Cooperativa 19 e SKB Südtiroler Künstlerbund e che ha luogo nel capoluogo altoatesino dal 29 settembre all’8 ottobre.

Second skin

Ma Second Skin, Seconda Pelle, può anche essere un modo non convenzionale per descrivere Bolzano. Che a dispetto della facciata gotica del Duomo di piazza Walther e delle signorili case mercantili con i portici, i Lauben, è una città che vanta una poliedrica scena artistica, che la stessa Baw, Bolzano art weeks, giunta quest’anno alla sua terza edizione, si propone di portare allo scoperto. Il festival, con i suoi cento e più eventi distribuiti nei dieci giorni della sua durata, settanta e più location e cinquanta mostre, esce dal centro città e disegna una mappa culturale di una Bolzano policentrica, anche nell’ottica delle future edizioni di coinvolgere tutto il territorio altoatesino. 

Il capoluogo risulta diviso, per la dislocazione di mostre ed eventi, in cinque zone, anche periferiche, come la zona produttiva di Bolzano Sud e i quartieri Don Bosco ed Europa Novacella, a ciascuna delle quali è associato un colore diverso. L’arte come momento quotidiano non è prerogativa di spazi pubblici e privati istituzionali per essa concepiti, ma anzi pervade luoghi del quotidiano come bar, alberghi, ristoranti, negozi e luoghi dismessi, spazi verdi e parchi gioco. Il tema scelto per quest’anno è “play_ground”, cioè parco giochi, inteso anche come spazio per giocare. Un mezzo, il gioco, utile per conoscere il mondo ed esplorare fisicamente le città, specialmente nelle zone meno conosciute. 

Courtesy of Bolzanism Museum

Ma il gioco è anche veicolo per avvicinarsi e vivere l’arte. Che a sua volta attraverso gli strumenti della performance, l’open atelier e il coinvolgimento del pubblico, diffonde i suoi contenuti. È il caso dell’artista altoatesino Hannes Egger, di cui si è detto prima, che nelle sue opere presuppone sempre una partecipazione attiva del visitatore, che diventa parte integrante della performance. Come nella precedente edizione, anche per la Baw 2023 è stato indetta una call for artists, un bando per finanziare cinque progetti artistici ispirati al tema dell’evento. 

Sono risultati vincitori, tra i settanta progetti presentati, Caterina Nebl & Anna Marconi, che con il progetto transdisciplinare “Bon Ton”, mirano a ricreare un’esperienza partendo da uno scenario di vita quotidiana fornito da una tavola apparecchiata con cura. Come in una rappresentazione teatrale, lo spazio è umanizzato da una figura alla Buster Keaton, la Signorina Bo, che si contraddistingue per tenerezza e curiosità. Tra i cinque vincitori anche l’insolita performance di Maria Walcher, che al Palais Campofranco crea un oggetto parlante – che è la performance stessa -, copia del trono del lustrascarpe più anziano della Sicilia, “Pino”, che parla e interagisce con i passanti.

L’installazione di Elisa Cappellari, invece, Gioca pure, giocate!, alla Biblioteca Provinciale Dr. Friedrich Teßmann, nasce dalla visita in un negozio di pappagalli, in cui i giocattoli degli uccelli diventano strumenti di analisi del concetto di svago e della condizione di individuo libero, temi cari alla ricerca da parte dell’artista sulla domesticazione e sulle strutture di potere tra selvatico e domestico. Profondo anche il significato dell’installazione Sanding memory del giapponese Masatoshi Noguchi, che tramite modelli fatti di sabbia, torri, piramidi e labirinti, richiama la sand play therapy. Terapia che attraverso la disposizione di piccoli oggetti che rappresentano l’universo in miniatura, in una o due sabbiere fa emergere contenuti emotivi e conflitti, altrimenti difficilmente accessibili. 

E infine Dmitrii Khramov e Mariia Khramova, la cui installazione Rain è come una black box, un cubo da gioco dove s’incontrano realtà e illusione, confine tra mondo reale e immaginario. Associati a questi cinque progetti vincitori ci sono altrettanti luoghi cittadini, ciascuno con le proprie peculiarità. Spiccano, per carica innovativa, NOI Techpark, nell’ex fabbrica di alluminio Alumix, un grande centro d’innovazione dedicato alla trasformazione ecologica ed economica della società nei campi Green, Food & Health, Digital, Automotive & Automation, e Alma9, ristorante immerso nel verde dello spazio ex Reinisch, e in cui la cucina israeliana incontra quella altoatesina.

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