Fuori pistaLo scetticismo degli italiani verso la scricchiolante narrazione di Meloni

La fiducia verso la presidente del Consiglio è in calo perché il Governo non sta risolvendo i problemi e si mostra incapace di offrire una qualunque prospettiva su qualsivoglia dossier

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Alessandra Ghisleri sulla Stampa di ieri ha messo in fila con l’ausilio dei numeri un certo mutamento di clima che si registra negli italiani che a settembre si ritrovano davanti tutti i problemi che c’erano prima della brutta estate del governo, e semmai incancreniti, i prezzi troppo alti, l’immigrazione, in generale un’economia in debito d’ossigeno. Sì, l’estate sta finendo e (quasi) un anno se n’è andato da quando Giorgia Meloni vinse le elezioni sbaragliando il campetto di Enrico Letta. 

Segnala Ghisleri che la presidente del Consiglio perde tre punti della fiducia personale, la stessa cifra lasciata per strada da Fratelli d’Italia che così si allontana molto dal quel trenta per cento che dovrebbe essere il minimo sindacale per un partito al potere praticamente indisturbato (è dato al 26,5 per cento) confermando la sensazione non solo che la luna di miele sia già finita ma che tra Giorgia e il Paese qualcosa cominci a scricchiolare. 

Gli italiani insomma iniziano a mostrare un’inquietudine, anzi una iniziale delusione, per un governo che non sta risolvendo i problemi – nessun problema – e che si mostra incapace di offrire una qualunque prospettiva su qualsivoglia dossier. Avevano detto meno accise e meno sbarchi, sono aumentati le une e gli altri. Queste sono cose che si pagano. 

Gli industriali e i banchieri riuniti a Cernobbio, gente che sa benissimo che non ci sono alternative a questo governo (forse Elly Schlein doveva andarci, anche approfittando della diserzione di Meloni, anziché videocollegarsi e tenere un discorso un po’ più forte di quello svolto), nel segreto di un sondaggio non hanno certo manifestato un grande entusiasmo: alla fine hanno promosso il governo con una sufficienza risicata – altro che luna di miele – peraltro bocciando severamente la misura sulla tassazione degli extraprofitti delle banche, ma questo ci sta, fornendo così plasticamente il senso di un qualche scetticismo: ed è un pezzo importante della classe dirigente, quella che dovrebbe avere fiducia e investire. 

Infine, il sondaggio di Tecnè-Dire segnala che la fiducia nel governo cala e sono più quelli che non ne hanno rispetto a quelli che ne hanno: il 49.6 per cento delle italiane e degli italiani dichiara di non aver fiducia nel governo Meloni, il 42.8 per cento invece dice di averne. Il 7.6 per cento non sa rispondere.Non siamo (ancora) alla débâcle ma in una condizione già di stanchezza dell’elettorato per un esecutivo che dopo quasi un anno si presenta a mani vuote, e nulla si scorge all’orizzonte. 

Tutto questo Giorgia Meloni, per quanto possa scappare appena può, per quanto viva un condizione materiale abbastanza dorata, lo sa, lo percepisce. Forse intuisce in un angolo del suo cervello che per molti lei è il problema e non la soluzione e che la narrazione secondo la quale la presidente del Consiglio è brava e gli altri no non incanta più nessuno, e ovviamente Matteo Salvini ne gode e vedrete come giocherà su questi primi lividi di Giorgia. 

Mercoledì c’è una riunione di maggioranza nella quale la presidente del Consiglio potrebbe richiamare all’ordine ed esigere un cambio di passo ma è evidente che sta soprattutto a lei imprimerlo e forse dovrebbe reclamare un po’ di chiarezza al capo della Lega e anche al vacuo Antonio Tajani che non si capisce mai da che parte stia mentre l’inane Giancarlo Giorgetti si limita a dire  di no a tutte le richieste dei ministri, anche al suo capo leghista sulla questione delle pensioni: ma così sono capaci tutti a fare il ministro dell’economia. 

Qualche genio della comunicazione deve aver consigliato a Meloni di andare a Monza dove la Ferrari partiva in pole position sperando che la sua presenza coincidesse con un vittoria della “rossa” di Maranello, lei è andata ma la Ferrari non ha vinto esattamente come la sua personale macchina del consenso che sta rallentando. «Dobbiamo correre di più», ha detto in un lampo di onestà. Tra non molto tempo probabilmente vedremo una qualche forma di pit stop, un cambio di gomme – leggi, rimpasto – perché si renderanno conto che troppi ministri sono scarsi e che così proprio non va, altro che pole position. Se ci fosse una opposizione seria la partita politica sarebbe già riaperta.

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