Sei paragrafi e settantadue punti per parlare di crisi climatica, protezione del Pianeta e Cop28. Otto anni dopo l’enciclica Laudato Si’, Papa Francesco torna a scrivere di ambiente e riscaldamento globale, e lo fa mettendo in risalto le responsabilità umane dietro l’emergenza più grave e pervasiva del nostro tempo. E senza esimersi da una critica al sistema produttivo occidentale, basato su un’iperproduzione e un iperconsumismo incompatibili con le esigenze della Terra e delle popolazioni più povere (e meno responsabili di questa crisi).
Quelle contenute nell’esortazione apostolica Laudate Deum sono parole chiare e spesso supportate da una bibliografia inattaccabile, tra report dell’Ipcc e di agenzie sotto le Nazioni unite. Scorrendo il documento si colgono immediatamente le differenze tra il maggio 2015, anno di pubblicazione della seconda enciclica di Papa Francesco, e il periodo attuale. Ai tempi, per rendere l’idea, non era stato ancora raggiunto l’accordo di Parigi (12 dicembre 2015) che permise alla crisi climatica di uscire dalla bolla comunicativa e politica.
Ora, invece, anche il numero uno della Chiesa Cattolica può permettersi di iniziare un testo scrivendo che «il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura». Ciò denota un senso d’urgenza più esplicito rispetto a otto anni fa, e il fatto che il Papa si schieri (senza troppe sorprese, considerando le sue posizioni storiche) dal lato della scienza è un segnale incoraggiante in vista di una maggior sensibilizzazione dell’opinione pubblica.
Nel primo capitolo, intitolato “La crisi climatica globale”, Bergoglio si è soffermato sulle critiche spesso avanzate dai detrattori della transizione ecologica, secondo cui la trasformazione verde di molti settori causerà disagio sociale e perdita di occupazione: «Spesso si dice anche che gli sforzi per mitigare il cambiamento climatico riducendo l’uso di combustibili fossili e sviluppando forme di energia più pulita porteranno a una riduzione dei posti di lavoro. Ciò che sta accadendo è che milioni di persone perdono il lavoro a causa delle varie conseguenze del cambiamento climatico: l’innalzamento del livello del mare, la siccità e molti altri fenomeni che colpiscono il pianeta hanno lasciato parecchia gente alla deriva», recita la Laudate Deum.
Quattro paragrafi del capitolo d’apertura sono dedicati alle «cause antropiche» della crisi climatica: un chiaro tentativo di rispondere ai deliri negazionisti (o riduzionisti) che stanno proliferando negli ultimi anni. Qui il Pontefice non si è solo affidato alle parole, ma anche ai numeri condivisi (letteralmente) dal 99,9 per cento degli scienziati del mondo. Il papa scrive che «in coincidenza con lo sviluppo industriale le emissioni hanno iniziato ad aumentare», e che negli ultimi cinquant’anni l’incremento ha subìto una forte accelerazione.
«Mentre scrivevo la Laudato si’ (la concentrazione di anidride carbonica) ha raggiunto il massimo storico – quattrocento parti per milione – arrivando nel giugno 2023 a quattrocentoventitré parti per milione. Oltre il quarantadue per cento delle emissioni nette totali dal 1850 è avvenuto dopo il 1990. […] Nel contempo, notiamo che negli ultimi cinquant’anni la temperatura è aumentata a una velocità inedita, senza precedenti. Dal 1850 a oggi la temperatura globale è aumentata di 1,1 gradi centigradi», aggiunge il pontefice, che ha poi parlato degli scenari di riscaldamento del pianeta e del rischio di superare la soglia del grado e mezzo nei prossimi dieci anni. Una previsione fin troppo ottimistica, dato che – secondo le stime dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm) – ci sono due possibilità su tre che accada entro il 2027.
Il Papa ha alternato informazioni di stampo scientifico («Le acque oceaniche hanno un’inerzia termica e ci vogliono secoli per normalizzare la temperatura e la salinità») a raccomandazioni di natura comunicativa. Tra queste spiccano il rifiuto del catastrofismo («Alcune diagnosi apocalittiche sembrano spesso irragionevoli o non sufficientemente fondate») e un’esortazione ad avere una «visione più ampia» e speranzosa, perché la «possibilità di raggiungere un punto di svolta è reale».
Secondo il Pontefice, inoltre, dobbiamo ripensare il nostro uso del potere: «Abbiamo compiuto progressi tecnologici impressionanti e sorprendenti, e non ci rendiamo conto che allo stesso tempo siamo diventati altamente pericolosi, capaci di mettere a repentaglio la vita di molti esseri e la nostra stessa sopravvivenza», scrive al punto ventotto.
Una delle notizie della Laudate Deum è l’avvicinamento di Papa Francesco agli attivisti per il clima più radicali. Le tensioni erano nate al ritorno dal viaggio pastorale in Mongolia, quando il Pontefice – sollecitato dal cronista Robert Messner – aveva detto: «Non scendo su questi estremisti. I giovani pensano al futuro. E in questo senso mi piace che lottino bene. Ma quando subentra un’ideologia o una pressione politica o si usa per questo, non va».
Il giornalista aveva chiesto al Papa se l’aggiornamento dell’enciclica Laudato Si’ potesse essere interpretato come «una dimostrazione di solidarietà per Ultima generazione e altri gruppi che hanno scelto forme radicali di protesta». La domanda era quindi ben chiara, e gli attivisti hanno concepito la risposta come un affronto gratuito e di stampo paternalistico.
«Ultima generazione esprime incredulità per le parole del Pontefice ed evidenzia la contraddizione tra queste ultime sbrigative dichiarazioni e le posizioni assunte in precedenza da Bergoglio», si legge su una nota pubblicata il 6 settembre dall’organizzazione ambientalista. Ultima generazione si riferiva alle parole del Papa alla Giornata mondiale della gioventù di Lisbona («Le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Dobbiamo riconoscere l’urgenza drammatica di prenderci cura della casa comune»).
Il 4 ottobre, con la pubblicazione dell’esortazione apostolica, al punto numero cinquantotto il Papa ha disinnescato le polemiche: «Attirano spesso l’attenzione le azioni di gruppi detti “radicalizzati”. In realtà, essi occupano un vuoto della società nel suo complesso, che dovrebbe esercitare una sana pressione, perché spetta ad ogni famiglia pensare che è in gioco il futuro dei propri figli».
Il riferimento agli attivisti è all’interno di un intero capitolo incentrato sulla Cop28 (30 novembre-12 dicembre), la conferenza sul clima di Dubai presieduta dal petroliere Sultan Al Jaber: «Il Golfo Persico che si caratterizza come grande esportatore di energia fossile, anche se ha investito molto nelle energie rinnovabili. Nel frattempo, le compagnie petrolifere e del gas ambiscono lì a nuovi progetti per espandere ulteriormente la produzione. Dire che non bisogna aspettarsi nulla sarebbe autolesionistico, perché significherebbe esporre tutta l’umanità, specialmente i più poveri, ai peggiori impatti del cambiamento climatico», sottolinea Bergoglio, perfettamente conscio delle contraddizioni alla base della lotta al riscaldamento globale.
Tra queste c’è anche la giustizia climatica, tema che il Papa ha trattato all’interno del documento. Al punto numero settantadue, il penultimo, scrive – attingendo dall’ultimo “Emissions gap report” dell’Onu – che «le emissioni pro capite negli Stati Uniti sono circa il doppio di quelle di un abitante della Cina e circa sette volte maggiori rispetto alla media dei Paesi più poveri». L’esortazione apostolica, quindi, si chiude con una critica al modello di sviluppo occidentale, nonostante la Cina – Paese in via di sviluppo solo sulla carta – emetta circa il ventisette per cento delle emissioni di CO2 mondiali.