Guerra civile freddaLa marcia di Varsavia è una diversa idea di Polonia

Quella di domenica è stata la manifestazione più partecipata dal 1989 ad oggi: nella capitale si respirava aria di cambiamento. Le speranze dell’opposizione si concentrano sull’isolamento di Diritto e Giustizia, ma tra Donald Tusk e Terza Via, che non è sicura di entrare in Parlamento, c’è una cordiale ostilità

Tusk sul palco di Varsavia dopo la marcia
AP Photo/Rafal Oleksiewicz

Quattro mesi dopo il grande successo della marcia del 4 giugno, Donald Tusk si è ripetuto e ha incassato un altro grande riscontro popolare. Un milione di persone, secondo gli organizzatori, hanno sfilato per le strade di Varsavia in quella che era stata denominata proprio «la marcia del milione di cuori». Un evento fortemente voluto dal capo dell’opposizione progressista, a poca distanza dalle elezioni parlamentari – si vota il 15 ottobre – per mobilitare gli indecisi a votare per il suo partito Coalizione Civica (Po) e porre così fine all’egemonia conservatrice e nazionalista di Diritto e Giustizia, in corso da otto anni.

Voglia di cambiamento
Il numero dei partecipanti forse è stato un pochino esagerato, un milione di persone è difficile da contare, ma la marea umana che si è riversata nella capitale polacca è stata comunque impressionante. Stime più attendibili parlano di seicentomila – ottocentomila persone, che la renderebbero in ogni caso di gran lunga la manifestazione più partecipata dal 1989 ad oggi.

Quella che si respirava a Varsavia era soprattuto voglia di cambiamento. Colonna sonora della giornata sono state le note e le strofe di “Kocham Wolność” (Amo la libertà), una hit del 1990, che ha segnato in maniera indelebile il passaggio dal regime alla democrazia. Tantissime le bandiere europee mescolate a quelle polacche, un tratto ormai distintivo delle manifestazioni dell’opposizione.

Un cambiamento che domenica a Varsavia invocavano un po’ tutti. Lo ha fatto il sindaco della città, e già candidato alle ultime presidenziali, Rafał Trzaskowski: «Andiamo verso il futuro – ha dichiarato in uno dei passaggi più significativi –. Muoviamoci con coraggio e determinazione verso una Polonia tollerante, diversa, europea e sorridente».

Lo ha fatto ovviamente anche il padrone di casa, Donald Tusk che dal palco ha promesso la fine della guerra polacco-polacca, la divisione ideologica tra due visioni opposte di Paese, quella progressista, liberale ed europeista di Coalizione Civica, e quella conservatrice e nazionalista di Diritto e Giustizia. Una divisione che ormai da decenni lacera la Polonia e le impedisce di giungere a una riconciliazione: «Oggi voglio promettervi che porrò fine a questa guerra il giorno dopo le elezioni».

«Funziona così quando si scaccia l’aggressore e non c’è più motivo di fare la guerra. Se non ci sono persone che trasformano il conflitto, l’aggressività e la rabbia nello strumento principale della loro lotta politica, allora sarà difficile che la gente si arrabbi» ha dichiarato il leader del Po, che in un altro passaggio ha sentenziato: «Niente fermerà questa forza. Come ho detto, il gigante si è svegliato. Nessuno ai vertici del potere si faccia illusioni. Questo cambiamento in meglio è inevitabile».

L’altra Polonia
A qualche centinaio di chilometri di distanza, a Katowice, l’altra Polonia, quella che oggi è al governo, si riuniva in convention. Un evento a cui hanno partecipato tutti gli elementi di spicco di Diritto e Giustizia, i cui supporter hanno gremito gli undicimila e cinquecento posti dell’arena sportiva Spodek.

Nel suo discorso il primo ministro Mateusz Morawiecki ha concentrato i suoi interventi soprattutto sulla questione Ucraina. Nel mirino il presidente Volodymyr Zelensky, che nel suo intervento all’Onu di qualche settimana fa aveva alluso a una presunta collaborazione tra alcuni Paesi europei (tra cui la Polonia) e la Russia sulla questione del grano. Secondo Morawiecki nella retrovie ci sarebbe l’ombra degli interessi tedeschi.

La marcia dell'opposizione polacca a Varsavia
AP Photo/Rafal Oleksiewicz

«Recentemente il presidente Zelensky ha pronunciato parole molto inappropriate durante il suo intervento alle Nazioni unite. Capisco che ora lui pensi di poter stringere una stretta alleanza con la Germania. Lo avverto – è stato il monito del premier – i tedeschi vorranno sempre raggiungere un accordo con i russi sopra le teste degli stati dell’Europa centrale. È stata la Polonia ad accogliere qualche milione di ucraini sotto i nostri tetti, siamo stati noi ad aiutarli di più in un momento in cui i tedeschi volevano mandare cinquemila elmetti a Kyjiv assediata. Non vale la pena dimenticarlo, signor presidente Zelensky».

Il leader di Diritto e Giustizia Jarosław Kaczyński ha invece diretto i suoi strali al suo nemico di sempre, Donald Tusk, incarnazione a suo dire tutti i mali del Paese.

«Il punto è garantire che il sistema Tusk non ritorni in Polonia; il senso di questo sistema è che chi ha rubato dopo il 1989 avrà il diritto di continuare a rubare – ha dichiarato Kaczyński –. Tusk ha molti idioti intorno a lui, ma lui stesso non è così idiota, sa cosa sta facendo, dove si trova la marmellata, lo sa molto bene».

Opposizione: speranze e punti deboli
Questo ennesimo capitolo della guerra civile fredda, come qualcuno l’ha ribattezzata qualche anno fa, si risolverà il 15 ottobre, ma come andrà a finire, questa volta non è in grado di dirlo nessuno.

Solo una cosa si può affermare con ragionevole certezza: Diritto e Giustizia sarà ancora una volta il partito più votato. La media dei sondaggi dà il partito di Kaczynski al 35,7 per cento, mentre Coalizione Civica si attesta al 28,7 per cento. Tuttavia bisognerà vedere se i numeri basteranno per governare da soli.

Al momento quella di un governo monocolore Diritto e Giustizia è solo una delle possibilità al vaglio e nemmeno la più probabile. Un altro scenario è quello di un governo di coalizione con l’estrema destra di Konfederacja. I due partiti però presentano sostanziali differenze di visione su temi fondamentali come l’economia e la politica estera, e una loro compatibilità appare difficile.

Le speranze dell’opposizione si concentrano soprattutto sull’isolamento di Diritto e Giustizia, che da un parte non sembra di essere in grado di ripetere le performance degli anni passati (nel 2019 sfiorò il quarantaquattro per cento) e dall’altra potrebbe non essere in grado di trovare alleati disposti a sostenerlo.

Al contrario la quota del quaranta per cento dovrebbe essere facilmente raggiungibile dal trio Coalizione Civica, Lewica (Sinistra) e Terza Via (la mini coalizione formata dai centristi di Polonia 2050 e Psl), che secondo alcuni sondaggi potrebbe spingersi ancora più in su magari sfruttando l’effetto della marcia di Varsavia. Un risultato così alto potrebbe rendere concreta la possibilità di una coalizione di governo.

Il problema però sta proprio qui. Nonostante nessuno metta in dubbio che un accordo post elettorale si possa raggiungere, finora non c’è stato un annuncio formale in questo senso. L’ostacolo è rappresentato dalla cordiale ostilità tra Donald Tusk e Szymon Hołownia, leader di Polonia 2050.

La stampa polacca riferisce che il capo di Po abbia cercato in tutti i modi di convincere Hołownia a partecipare alla marcia di domenica, ma ogni tentativo è risultato vano. La condizione posta da quest’ultimo era di giungere a un accordo su un candidato premier comune da presentare. Niente da fare. Tusk su questo non ha voluto sbottonarsi e Terza Via non ha partecipato alla manifestazione.

Il suo risultato viene osservato con particolare attenzione, dal momento che le coalizioni per poter entrare in Parlamento devono superare la soglia dell’otto per cento. Secondo i sondaggi finora la formazione viaggia poco più sopra. Se dovesse esserci essere un calo da qui al 15 ottobre e non riuscisse a superare lo sbarramento, allora sì che la strada per un nuovo governo targato Diritto e Giustizia sarebbe spianata.

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