«Non possiamo lasciare vincere terroristi come Hamas e Putin, e non lo consentiremo». Appena tornato da Israele, il presidente americano Joe Biden ha fatto un discorso memorabile (qui il testo integrale). È la seconda volta, nel mandato, che parla dallo studio ovale. In circa quindici minuti ha ricordato il ruolo storico degli Stati Uniti come «faro per il mondo» e contro i nemici della democrazia. Ha paragonato la causa ucraina e quella israeliana, chiarendo che gli aiuti militari ed economici ai due Paesi sono investimenti, per la stabilità globale e la sicurezza degli Usa.
La Casa Bianca chiederà al Congresso – dove i Repubblicani non sono ancora riusciti a trovare un nuovo speaker – nuovi fondi d’emergenza per gli alleati: in particolare, secondo le anticipazioni dei media, si tratta di sessanta miliardi di dollari per Kyjiv e quattordici miliardi per Tel Aviv. Secondo altre ricostruzioni, il pacchetto potrebbe valere complessivamente cento miliardi. Tra le altre cose, contribuirà a rafforzare il sistema antiaereo di Iron Dome. Prima di annunciarlo, Biden ha telefonato al presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Per l’opposizione un pacchetto unico, è il calcolo politico, sarà più difficile da sabotare. Rinverdire il compito «essenziale» degli Stati Uniti è anche l’esatto contrario dell’isolazionismo trumpiano alla «America First». Il presidente ha chiesto ai parlamentari di superare differenze, e diffidenza: «La leadership americana è ciò che tiene unito il mondo. Le alleanze sono ciò che tiene noi, l’America, al sicuro. I nostri valori sono ciò che ci fanno collaborare con le altre nazioni. Mettere tutto questo a rischio, abbandonare l’Ucraina, voltare le spalle a Israele, semplicemente non vale la pena».
We cannot—and will not—let terrorists like Hamas and tyrants like Putin win.
I refuse to let that happen. pic.twitter.com/o2hGvfSNwu
— Joe Biden (@JoeBiden) October 20, 2023
Per questo Biden ha insistito, incasellando la sua richiesta come «un investimento intelligente che pagherà dividendi per generazioni». Si tratta di difendere l’America e il mondo libero dai suoi nemici. «Hamas e Putin rappresentano minacce diverse, ma hanno questo in comune: entrambi vogliono annientare completamente una democrazia confinante. La Storia ci ha insegnato che quando i terroristi non pagano un prezzo per il terrore, i dittatori non pagano un prezzo per le loro aggressioni, causano ancora più caos, morti e distruzione».
Il presidente ha tuonato contro l’antisemitismo e l’islamofobia. Spera che i primi aiuti umanitari – camion carichi di cibo, acqua e medicine – possano entrare nella striscia di Gaza, come previsto dagli impegni assunti dall’Egitto grazie alla mediazione americana. «Forniremo un’apertura per una fornitura costante di assistenza umanitaria ai palestinesi». Lo stallo era stato superato proprio durante il suo viaggio in Medio Oriente, che resterà probabilmente tra i momenti più salienti della sua presidenza.
Ha ricordato «gli errori» commessi dal suo Paese dopo l’11 settembre. «Metto in guardia il governo israeliano di non farsi accecare dalla rabbia». Biden ha anche rievocato la sua visita a sorpresa a Kyjiv, a febbraio, accostandola simbolicamente a quella di questi giorni in Israele. Ha raccontato di aver preso un treno speciale dal confino polacco: «Quando sono sceso e ho incontrato Zelensky, non mi sono sentito solo. Portavo con me l’ideale dell’America, la sua promessa, a chi combatte oggi per le stesse cose per cui abbiamo lottato noi ducentocinquanta anni fa».