Vaga e sconclusionataA cosa serve davvero la Comunità Politica Europea?

Nel terzo incontro, a Granada, cominciano a intravedersi le prime crepe del progetto di Macron. Assenti due fra i leader più attesi: il presidente turco Erdoğan e quello azero Aliyev

Granada summit Comunità politica europea
Foto Consiglio europeo

È finito senza una dichiarazione comune come le altre volte, e in questo caso senza nemmeno una conferenza stampa finale. Il terzo incontro della Comunità politica europea ha riunito i rappresentanti di quarantasette Paesi del continente, ma il consesso internazionale ancora non sembra decollare nei suoi (piuttosto vaghi) obiettivi: promuovere dialogo e cooperazione e rafforzare sicurezza, stabilità e prosperità in Europa.

Dialogo problematico
A Granada, in Spagna, erano stati invitati i leader di ventisette nazioni dell’Ue più altri venti, compresi il Principato di Monaco e il Kosovo, che alcuni degli altri partecipanti non riconoscono nemmeno come Stato sovrano. Ma due fra i più attesi hanno dato forfait: il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e quello azero İlham Aliyev, che ha evitato così l’incontro con il primo ministro armeno Nikol Pashinyan, particolarmente delicato dopo l’offensiva militare nella regione contesa del Nagorno-Karabakh.

Proprio la stabilità del Caucaso era uno dei temi centrali del vertice, con i tentativi di mediazione del presidente del Consiglio europeo Charles Michel supportato dal presidente francese Emmanuel Macron e dal cancelliere tedesco Olaf Scholz. Aliyev non si è presentato a causa di una «atmosfera anti-azera», come l’ha definita un funzionario all’Afp, anche se un suo consigliere ha nel frattempo assicurato la disponibilità al dialogo di Baku con Yerevan.

Michel ha spiegato ai giornalisti che gli azeri non hanno altre rivendicazioni territoriali sull’Armenia e ha comunque organizzato un quadrilaterale con Armenia, Francia e Germania, ribadendo il supporto europeo al Paese caucasico, ma senza comminare sanzioni all’Azerbaigian.

Pure su un altro dei fronti caldi dell’Europa orientale, il summit è servito a poco. Si è presentato il presidente serbo Aleksandar Vučić, ma la sua controparte, la presidente della Repubblica del Kosovo Vjosa Osmani ha più che altro un ruolo rappresentativo: i negoziati per placare la tensione nella regione a maggioranza serba del territorio kosovaro sono infatti condotti dal primo ministro Albin Kurti, che a Granada non c’era.

Così, in assenza dei reali nodi diplomatici da sciogliere, ogni capo di Stato e di governo ha cercato di portare al tavolo più o meno velatamente i propri interessi nazionali. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ad esempio, ha perorato la sua causa e invocato l’unità dell’Europa contro le minacce russe, i Paesi dei Balcani occidentali e la Moldova hanno insistito sull’adesione all’Ue.

La presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni, invece, ha organizzato un incontro ristretto con l’olandese Mark Rutte, il britannico Rishi Sunak, l’albanese Edi Rama e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen per discutere di lotta al traffico di esseri umani. «Bisogna passare dalla diagnosi alla cura» l’intento comune riportato all’Ansa da fonti diplomatiche. Cioè azioni di intelligence comuni, accordi di partenariato con i Paesi di origine delle persone migranti, smantellamento delle reti dei trafficanti: nulla che non sia stato già detto, ripetuto e ribadito nelle riunioni europee dalla premier.

In secondo piano sono passati i temi dell’agenda ufficiale e i cosiddetti «gruppi di lavoro tematici» in cui erano stati divisi i leader, che ruotavano attorno a tre temi: digitalizzazione, transizione ecologica e multilateralismo. Dopo il primo incontro a Praga nell’ottobre 2022, incentrato sulla guerra in Ucraina e sulla crisi energetica, e il secondo a Bulboaca, in Moldova a giugno 2023 dedicato in gran parte agli stessi temi, la terza riunione in Spagna è apparsa piuttosto vaga e sconclusionata.

«C’è da dire che al momento la Comunità politica europea non ha nemmeno una struttura definita», spiega a Linkiesta Teona Lavrelashvili, analista dello European policy centre. Anche i partecipanti cambiano: nella prima riunione erano quarantaquattro, nella seconda quarantacinque e nella terza quarantasette.

«Sono fiduciosa che una migliore organizzazione e degli obiettivi più definiti possano arrivare nel prossimo incontro che si terrà nel Regno Unito», sostiene l’esperta. Intanto però a Granada il primo ministro britannico Sunak ha fatto saltare la conferenza stampa partendo prima del previsto.

Obiettivo allargamento
Per i capi di Stato e di governo dell’Ue, che a Granada hanno in programma pure un Consiglio europeo informale il giorno dopo il «vertice allargato», la questione principale resta l’allargamento dell’Unione.

Del resto la stessa Comunità politica europea, nata da un’idea di Emmanuel Macron, va interpretata come il più esterno dei cerchi concentrici su cui il presidente francese vorrebbe organizzare il continente.

Lo spiega nel dettaglio uno studio presentato congiuntamente da Francia e Germania il 19 settembre: gli altri tre sono l’Ue in senso stretto, preceduta da un più ampio gruppo di Paesi associati ammessi nel mercato unico europeo, e seguita da un «circolo ristretto» di Stati disposti a un’integrazione ancora più profonda.

La proposta franco-tedesca di un’Europa «a più velocità» è stata oggetto di una prima discussione a Granada, con i Paesi candidati all’ingresso nell’Ue che sembrano aprire a una sorta di membership parziale.

In un’intervista al canale televisivo Euronews, il presidente serbo Vučić ha parlato di «nuove idee» sul tavolo: «Se possiamo ottenere prima delle corsie preferenziali sui trasporti, poi l’accesso al mercato unico, dobbiamo procedere». Altrimenti, avverte, i Paesi candidati sentiranno la fatica del processo di adesione.

Ancora più acuto nella sua analisi, il leader albanese Edi Rama: «Dovremmo essere realistici, guardare la Luna invece del dito. Non possiamo credere che questa Ue a ventisette, con molti problemi ad avere un processo decisionale coeso, un pensiero strategico e una pianificazione, possa essere presto allargata a trentatré o trentacinque o trentasette membri». All’Unione chiede di prendere in considerazione «un nuovo approccio», invece della situazione attuale in cui si può soltanto stare o completamente dentro o completamente fuori.

L’espansione a Est resta quindi il tema di più stretta attualità nell’Ue, tra le richieste del Parlamento comunitario di aprire i negoziati di adesione con Ucraina e Moldova, e le previsioni che vedono il bilancio comunitario cappottato, con gli Stati che ora ricevono più soldi di quelli che danno costretti a diventare «contribuenti netti».

Forse i leader ne hanno parlato pure durante la loro passeggiata al tramonto nei palazzi dell’Alhambra. L’unico momento che vale un’istantanea di un summit che non finirà nell’album dei ricordi europeo e di un progetto dai contorni, per il momento, molto sfocati.

X