È contrario all’aborto, all’eutanasia e all’accoglienza dei migranti. È transfobico, vuole legalizzare la compravendita di organi umani ed è favorevole al libero possesso di armi da fuoco. Ma non è finita qui. Nella checklist di Javier Milei, l’ultraliberista che il 10 dicembre assumerà la carica di nuovo presidente dell’Argentina, bisogna spuntare anche la voce “negazionista climatico”. Allineato alle posizioni di Jair Bolsonaro e Donald Trump – che, assieme a Elon Musk, si sono complimentati pubblicamente con lui per l’elezione al ballottaggio –, nel 2021 il leader e co-fondatore de La Libertad Avanza (Lla) aveva definito il riscaldamento globale «una bugia dei socialisti» creata appositamente «per generare paura».
«Dieci, quindici anni fa dicevano che il Pianeta si stava congelando, ora dicono il contrario». Javier Milei, economista molto popolare nella tv mainstream argentina, è quindi un sostenitore dei famosi “cicli del clima” amati dagli esponenti della destra (non per forza estrema) italiana ed europea, malgrado il dibattito sull’origine antropica del riscaldamento globale sia ormai chiuso da tempo.
Le sue posizioni sui temi climatici e ambientali non sono una sorpresa e rispecchiano fedelmente il suo impianto ideologico, sociale e politico. Milei, soprannominato El loco, supera ogni fantasia: è stato spesso descritto coma una persona instabile e volubile, ma è anche un attore che recita una parte, consapevole della vulnerabilità e della sete di cambiamento – qualsiasi esso sia – di un Paese ferito da inflazione (a ottobre ha superato il centoquaranta per cento), debito pubblico, siccità e corruzione.
Nonostante sia il secondo Stato più grande del Sudamerica, caratterizzato da una straordinaria superficie forestale, l’Argentina è un attore sottovalutato nella lotta al cambiamento climatico. Fatta eccezione per le miniere di litio – che Milei vorrebbe espandere indipendentemente dalle conseguenze ambientali e dal consumo idrico – e gli incendi boschivi, raramente Buenos Aires compare nella sezione “ambiente” dei giornali online occidentali.
L’attenzione mediatica verso il Brasile fagocita gli sforzi, i progressi ma anche gli errori delle politiche verdi degli altri Stati dell’America Latina. Milei, da questo punto di vista, potrebbe rimettere l’Argentina sulla mappa, ma solo a causa di leggi, dichiarazioni e interventi totalmente contrari alla direzione da intraprendere in questo periodo storico. Uno di questi riguarda la proposta, avanzata in campagna elettorale, di eliminare il ministero dell’Ambiente e dello Sviluppo sostenibile, assieme ad altri undici dicasteri.
La spending review secondo Javier Milei, nuovo presidente dell’Argentina pic.twitter.com/33NpjWTmcm
— Marco Fattorini (@MarcoFattorini) November 20, 2023
Gas e petrolio rappresentano rispettivamente più del cinquanta e del trenta per cento del mix energetico argentino; idroelettrico e nucleare, invece, devono accontentarsi di un tre per cento ciascuno. L’Argentina, sottolinea l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), è il quarto produttore mondiale di litio. In più, vanta la più grande riserva di shale gas e la quarta riserva di shale oil – idrocarburi contenuti nelle rocce scistose – al mondo. Nel 2019 ha estratto cinquecentomila bpd (barrels per day, barili al giorno) di petrolio, esportandone ottantanovemila. Con Milei, che punta ad aumentare gli investimenti nei combustibili fossili, l’export di idrocarburi è destinato a lievitare ulteriormente.
Parallelamente, negli ultimi anni, sono cresciute anche le energie pulite: nell’agosto 2023 il Paese ha raggiunto il record di copertura della domanda elettrica tramite le rinnovabili (16,2 per cento). L’obiettivo nazionale è toccare il venti per cento entro il 2025. Più del settanta per cento dell’energia a zero emissioni dell’Argentina arriva dall’eolico, mentre il solare supera di poco il tredici per cento.
Questo sviluppo potrebbe subire un arresto con l’insediamento al potere di Milei, che in passato disse che – in caso di elezione – avrebbe consentito alle aziende del Paese di inquinare i fiumi senza restrizioni. Delirio irrazionale o ipotesi concreta? Di solito la verità sta nel mezzo, che è comunque il principale nemico del percorso necessario per rispettare i target climatici, proteggere la biodiversità e ripristinare gli habitat marini e terrestri degradati. Per farcela c’è bisogno di senso d’urgenza.
Il neo presidente, in ogni caso, non farà tutto da solo: molto dipenderà dalle persone di cui si circonderà, dalla coalizione parlamentare e dalla presenza nella politica locale de La Libertad Avanza, partito conservatore di estrema destra fondato nel 2021 dallo stesso Milei e dalla deputata Victoria Villarruel, molto vicina a Vox, che sarà la vicepresidente argentina.
«Negli ultimi anni ci sono state alcune innovazioni normative positive nel Paese, come l’approvazione di una legge che istituisce una formazione ambientale completa per coloro che lavorano nel settore pubblico, in una prospettiva di particolare attenzione al cambiamento climatico», ha detto Christopher Anderson, ricercatore ambientale e membro dell’Intergovernmental science-policy platform on biodiversity and ecosystem services (Ipbes), a Fair Planet, una Ong che si occupa di diritti e giustizia ambientale.
L’ormai ex presidente, il peronista Alberto Fernández, ha più volte sottolineato le ripercussioni del cambiamento climatico sull’ecosistema argentino. In più occasioni ha chiesto aiuto alla comunità internazionale, sottolineando lo scarso contributo del Paese sudamericano alle emissioni globali. Alla Cop26, per rendere l’idea, ha proposto di scambiare il proprio debito estero con azioni green, ma senza successo: «Paghiamo come se fossimo inquinatori, e in verità siamo un Paese che ossigena l’ambiente (grazie alle foreste, ndr) ed emette meno dell’un per cento (0,5 per cento, ndr) dei gas serra», ha detto Fernández nel 2022.
Javier Milei creerà quindi una discontinuità a trecentosessanta gradi con il suo predecessore. Per esempio, El loco vuole ritirare l’Argentina dal Mercosur, attualmente in trattativa con l’Unione europea. Lo stop ai negoziati tra Bruxelles e il blocco sudamericano (Brasile, Uruguay, Paraguay e Argentina) sarebbe l’unica notizia positiva per i partiti ecologisti, notoriamente preoccupati dall’impatto sulla deforestazione dell’aumento della produzione agricola intensiva, trainata dell’export di carne e soia verso il nostro continente.
Nel programma de La Libertad Avanza non esiste alcun punto dedicato ad ambiente e clima, ma Milei ha già qualcosa in mente. Una su tutte, imbavagliare le organizzazioni che sostengono le popolazioni native e approfondiscono le conseguenze del climate change. Ad esempio, come sostiene Fair Planet, Milei ha più volte espresso la volontà di chiudere o privatizzare il Conicet, il più grande istituto di ricerca scientifica e tecnologica dell’Argentina, che ha sede in Patagonia (zona particolarmente minacciata dal clima che cambia). Come se non bastasse, di recente Milei e Villarruel si sono opposti alla creazione di tre nuovi parchi nazionali.