Il menu ritrovato A tavola a bordo del Titanic

La notizia è recente, un menu del Titanic, l’unico recuperato della cena di prima classe dell’11 aprile 1912, è stato battuto all’asta per ottantaquattromila sterline. È una finestra che si apre su un mondo di Champagne e ostriche, di zuppe in terza classe, di cucine all’avanguardia, di argenterie e di cuochi eroi

Foto di K. Mitch Hodge su Unsplash

«Al valore di ogni singolo giorno!». Chissà se quella sera qualcuno ha veramente brindato con le parole di Jack e Rose, nella lussuosissima sala da pranzo del Titanic. Ci siamo commossi guardando il film di James Cameron del 1997, non possiamo non emozionarci davanti a un vero menu del vero Titanic, battuto all’asta per ottantaquattromila sterline, più di novantacinquemila euro. Un cimelio, un’emozione, il ricordo in un attimo che rimane sospeso nel fluire della storia, proprio come in un film.

Il documento era stato ritrovato nell’album fotografico di uno storico canadese, Len Stephenson. Qui è racchiusa la memoria della cena di prima classe dell’11 aprile 1912, servita pochi giorni prima che il transatlantico facesse naufragio. Ostriche, agnello alla menta, anatra in salsa al vino, e poi salmone, medaglioni di bue, pollo arrosto, piselli, fiumi di Champagne, caffè, frutta e dolci a chiusura di un pasto che era anche e soprattutto occasione sociale, un momento per sfoggiare la propria ricchezza e per chiacchierare, incontrarsi, stare insieme.

Si tratta di un reperto unico, perché è il solo menu di prima classe per la cena di questa data che è stato recuperato. Ma non è l’unico menu del Titanic ad essere stato salvato, né l’unica fonte di conoscenza che abbiamo sulla convivialità a bordo della nave. L’ultimo pasto servito sul Titanic data 14 aprile 1912: la sera di quel giorno, alle 23 e 40 la nave avrebbe incontrato il fatale iceberg, e nelle prime ore del 15 aprile sarebbe colata a picco.

@Associated Press/LaPresse

A tavola, ignari del loro destino, i ricchi passeggeri avevano potuto gustare uova all’Argenteuil, strapazzate con asparagi, consommé contadino, Cockie leekie (una zuppa a base di pollo e porri), pollo alla Maryland, impanato e cotto al forno,jacket potatoes, braciole di montone alla griglia, anguilla norvegese, scampi, aringhe, rombo, sardine, lingua salmistrata, formaggi, pudding e meringhe. Il menu è stato conservato da un passeggero di prima classe scampato al naufragio, Abraham Lincoln Salomon, e battuto all’asta nel 2015.

Ancora, possiamo contare sulle informazioni ricavate da un lavoro di scansione subacquea portato a termine la scorsa primavera da un gruppo di scienziati. Centinaia di migliaia di foto hanno consentito di costruire un modello tridimensionale a grandezza naturale, per poter studiare le reali cause e la dinamica del naufragio. Ma l’occhio si è fermato anche sui dettagli della vita quotidiana a bordo della nave che doveva essere inaffondabile, come sulle bottiglie di Champagne Heidsieck Gout del 1907 mai aperte.

Non basta: ricostruzioni, studi, interviste ai superstiti, decine di lavori hanno consentito nel tempo di formare un quadro, o per meglio dire un mosaico, della gastronomia a bordo del Titanic. Logicamente il cibo era diverso a seconda della classe di appartenenza dei passeggeri. In terza classe le cene di gala da dieci portate erano un miraggio. Qui, nella parte più bassa della nave, nelle tavolate comuni dove non mancava l’allegria, si consumavano zuppe, patate e carne arrosto.

Una via di mezzo? In seconda classe venivano proposti carne (tacchino e agnello), pesce, riso, verdure e formaggio. Questo era un ingrediente che, in diverse tipologie e di diverse qualità, accomunava tutte le classi.

A rimarcare la differenza tra le classi era naturalmente il servizio: i più poveri non avevano camerieri in livrea e guanti bianchi, né le raffinate porcellane della prima classe, disposte su tavole coperte con il “panno del silenzio” di flanella per attutire il rumore dell’argenteria. Un discorso che vale per tutti i pasti, ovviamente, incluso l’immancabile momento del tè.

“Titanic, The Artifact Exhibit”, California, 2003 ©LaPresse

Studiosi e appassionati non hanno mancato di ricostruire, oltre al servizio di sala, anche il lavoro delle cucine. Anche in questo settore il Titanic si distingueva per magnificenza e innovazione. Due enormi piani di cottura, forse i più grandi mai installati, diciannove forni, due forni a vapore, e poi pentole a pressione, griglie, impastatrici, frullatori, macchine per fare il ghiaccio. Senza dimenticare le dispense e le celle frigorifere e le opere di ingegneria necessarie per la gestione dei fumi (il quarto fumaiolo), e assicurare con i montacarichi il raccordo tra i diversi ponti.

Ancora, i forni per il pane, i laboratori di pasticceria, le decine di utensili necessari alla preparazione dei cibi, tutto era disposto per rendere il lavoro rapido, preciso ed efficiente. Perfino la cucina di terza classe era decisamente all’avanguardia per l’epoca. Nelle cucine lavoravano sessantadue persone, coordinate dallo chef Chester Proctor, quarantenne. Alle sue dipendenze era anche Charles John Joughin, capo panettiere, consegnato alla storia come eroe. Fu l’ultimo sopravvissuto ad abbandonare la nave, dopo che aveva coordinato il lavoro dei suoi uomini che caricavano pane e provviste dalle dispense alle scialuppe di salvataggio, aiutato i passeggeri a salire sulle lance, gettato in mare una cinquantina di sedie che potessero fungere come altrettanti galleggianti.

Una storia fra tante: ed è forse questo che ancora commuove ed emoziona quando si pensa al Titanic. Non solo la grandezza della nave, non solo l’enormità della tragedia, ma anche i ricordi dei singoli uomini a bordo. Per questo continuiamo a studiare gli eventi che hanno portato al naufragio. Per questo c’è chi è disposto a sborsare decine di migliaia di euro per un menu.

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