I fatti separati dalle battuteBellicapelliToo e le priorità sballate delle femministe americanizzate

Il New York Times ci dà lezioni di moralità perché non ci siamo indignati per il comportamento dell’ex compagno di Meloni. Detto dal paese dove non ci sono congedi di maternità né diritto di aborto, e fino agli anni 70 le donne non potevano aprire un conto corrente, fa molto ridere

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È sempre spassoso quando una nazione che non ha tra le proprie leggi il congedo di maternità retribuito, e in cui quindi sta al buon cuore delle singole aziende non decurtare gli stipendi femminili qualora la donna non torni al lavoro prima d’aver finito d’espellere la placenta, ci fa la morale sui diritti delle donne.

È sempre interessante quando una repubblica in alcuni stati della quale ti puoi sposare a quattordici anni ci spiega come vadano tutelate le ragazze: non le spose bambine, quelle vanno benissimo; la tutela che è importante rivendicare è quella per noialtre adulte che andiamo protette dalle battutacce in ufficio.

È sempre buffo assistere allo spettacolo d’arte varia degli Stati Uniti d’America, un posto che – senza neanche la scusa d’avere il Vaticano nel centro della capitale – non è mai riuscito a fare una legge che tutelasse l’aborto, e il risultato è che nel 2023 puoi abortire solo se ti trovi nel codice postale giusto e se hai le risorse economiche (altrimenti tocca portare forzatamente a termine la gravidanza come Margaret Atwood mai avrebbe saputo immaginare), è sempre buffo assistere a gente la cui normalità è questa qui e che però ci spiega come vada fatto il femminismo.

Ogni volta che c’è qualche polemica tra le femministe inglesi – che si sono messe di traverso all’americanizzazione del mondo e al feticismo della transessualità – e le americane, che siccome sono così postmoderne da ritenere donna chiunque si immagini tale allora si sentono più femministe, ogni volta penso: americane, ma siete schizofreniche?

Quelle hanno e hanno avuto donne come primi ministri e come capi di stato, possono abortire a carico dello stato fino al sesto mese, hanno ventisei settimane di congedo di maternità. Voialtre, pur di non eleggere presidente una donna, avete eletto Donald Trump. Ma non sarà uno di quei casi in cui stare zitte e imparare?

E non si tratta di dire la scemissima frase «non accetto lezioni da»; si tratta di cogliere il ridicolo nell’ippopotamo che balla sulle punte, nel maniaco sessuale che fa la morale agli altri, e nel paese occidentale in cui le donne hanno meno diritti che si percepisce competente in femminismo. È impossibile non pensare: ma dite sul serio?

L’ho pensato di nuovo ieri, quando il New York Times ha pubblicato un incredibile articolo su che paese arretrato siamo, noi, che non abbiamo stigmatizzato il fatto che Bellicapelli Giambruno molestasse le colleghe, che paese disattento ai diritti delle donne. Parlava forse del Molise e del diritto di abortire? Parlava forse delle partite iva senza congedo di maternità? Macché: parlava del diritto di noi povere fragili creature a non ascoltare battute zozze.

A parte che non è neppure vero: esistendo l’americanizzazione del mondo, e imponendo codesta americanizzazione una scala sballata di priorità in cui le puttanate simboliche valgono più delle questioni concrete, c’è un pieno di italiane smaniose di fare le americane che hanno da subito detto quanto fossero gravi i toni di Giambruno con la tizia. Tizia che a tutte è parsa perfettamente in grado di rispondergli, ma sia mai che qualcuna rivendichi il sapersela cavare con le parole invece di frignare che l’hanno triggerata (che il dio delle parole mi perdoni), in questo scemissimo mondo americanizzato.

La prima volta in cui mi portarono negli Stati Uniti avevo sedici anni e, tra le poche cose che ricordo, c’è il primo quotidiano americano che sfogliai nella prima colazione da jet lag fatta prima che sorgesse il sole. C’era un articolo su una tizia che aveva fatto causa a uno che le aveva tenuto aperta la porta d’un palazzo in cui stava entrando, facendola così sentire vai a sapere se più debole o inferiore o corteggiata o un’altra qualunque di quelle percezioni che, in quel paese che s’imbottisce di psicofarmaci ma non sembra trarne beneficio, diventano sentenze.

Pensai che forse non capivo abbastanza bene l’inglese e stavo equivocando la notizia: ero troppo giovane per riconoscere un segnale, per individuare una deriva sociale. Non sapevo che il mondo andava in quella direzione e che non molti decenni dopo saremmo stati ovunque così: gente che chiede sia ufficiale che non sa badare a sé stessa.

In un ecosistema in cui la porta tenuta aperta è un trauma, la battutaccia è roba da ricovero immediato, figuriamoci.

Jason Horowitz, che firma l’articolo sul NYT di ieri, definisce l’Italia «la terra dimenticata dal MeToo», variante meno efficace d’un’ottima battuta di Maria Laura Rodotà, «il paese dove il MeToo viene a morire», e forse qualcuno dovrebbe dirgli la verità: e meno male.

Meno male che quel moralismo da due spicci che ha abolito le gerarchie e ci ha voluti convincere che una battutaccia sia grave quanto uno stupro qui non ha attecchito. Meno male che lo stato di diritto ha più o meno retto e non abbiamo avuto un Kevin Spacey del cui talento il pubblico sia stato privato giacché sacrificato all’isteria della folla che urla «Barabba».

Stranamente Horowitz, al cui ritratto della mancata emancipazione delle femmine italiane non manca un cliché, dalle Veline in giù, non cita un dato che va molto di moda in questo periodo: l’alto numero di donne italiane che non hanno un conto corrente personale (conto corrente che peraltro le americane, docenti mondiali di femminismo, non potevano fino agli anni Settanta aprirsi senza la firma del padre o del marito).

Chi lo riporta lo fa di solito con un tono che implica il nostro vivere nel paese di Pietro Germi (o di Paola Cortellesi): povere donne, vessate da mariti padronali. Nessuno mai immagina possa essere uno dei molti segni della regressione americanizzata di donne che ormai, rincoglionite dall’immaginario di quel paese in cui la proposta di matrimonio è il momento più importante della vita, sono travolte dal desiderio mimetico. E quindi cosa volete se ne facciano, le italiane di questo secolo, dell’emancipazione, se possono avere il brillocco da instagrammare, i pizzi da far invidiare alle cognate, e tutto l’americanizzato immaginario nuziale che sostituisce la carriera.

Ma quello va benissimo, perché dicono le docenti mondiali di femminismo che considerare il matrimonio un traguardo non è grave, non avere il congedo di maternità retribuito non è grave, che l’aborto sia un lusso non è grave.

Se fossero cose gravi le avrebbero risolte, invece si sono concentrate sul fatto che se uno ti guarda le tette vada licenziato o forse arrestato, e che le battute valgano come i fatti, ed è così che hanno ottenuto la più emancipata popolazione femminile del mondo. Proprio non capisco perché non prendiamo esempio.

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