L’assoluzione della marmottaE ora fateci vedere Kevin Spacey che fa Vidal, o almeno fategli fare il cattivo di Mission: Impossible

Sono cadute anche le accuse londinesi, ma la nomea del più grande attore vivente ormai è rovinata. Chissà se esistono davvero quelli che promettevano che l’avrebbero scritturato una volta che fosse stato prosciolto

AP/Lapresse

«Molte persone temono che, se si schierano dalla mia parte, non avranno più una carriera. Ma so che c’è chi è pronto a scritturarmi nel momento in cui verrò prosciolto da queste accuse a Londra. Nel momento in cui accade, sono pronti a farsi avanti». L’ha detto il 6 maggio, a un intervistatore di Die Zeit, Kevin Spacey, che a quel punto era stato assolto o prosciolto in tutti i processi americani.

Ieri l’assoluzione della marmotta è tornata. Le accuse londinesi erano legate a quattro diversi uomini che asserivano d’essere stati forzatamente concupiti o toccati da Spacey, in un arco di tempo tra il 2001 e il 2013. Le accuse erano arrivate nel 2022, tre prima e una dopo l’ultimo articolo in cui avevo scritto: adesso che Spacey è stato assolto, potete per favore restituirlo al pubblico?

Questo per dire che, nonostante quello concluso ieri fosse l’ultimo processo pendente, non è affatto detto che oggi un attore senza talento o un qualunque tizio con qualche nevrosi non si sveglino e non decidano che la ragione della loro mancata realizzazione è che una volta si sono svegliati e hanno trovato Kevin Spacey che glielo stava ciucciando (una delle accuse londinesi era formulata esattamente così).

A quante assoluzioni si può assistere prima di decidere che sì, va bene, l’altare del consenso al quale ci inginocchiamo tutti (scusate il doppiosenso) è sacro, ma insomma chiunque conosca gli uomini in generale e gli uomini gay in particolare fatica a non mettersi a ridere di fronte a queste accuse, e non esiste che noi non possiamo vedere il film di Netflix su Gore Vidal (cioè: il più grande attore vivente che interpreta uno dei più interessanti personaggi del Novecento) perché qualcuno si è pentito d’essersi fatto fare un pompino da Kevin Spacey. Mi scuso per la crudezza coi lettori e con chi volesse affidarmi la conduzione d’una striscia in Rai, ma insomma di questo si tratta.

Non sono, dicevo, affatto sicura che quest’assoluzione sia quella definitiva, e quindi non so se l’ottimismo di Spacey sia giustificato, però la Zeit faceva l’esempio di Johnny Depp, trattato come un appestato finché erano in piedi le accuse di Amber Heard, e ora eccolo tornare in gran spolvero a Cannes con “Du Barry”. Solo che per Depp si sapeva dove stesse la fine: aveva meno ex mogli di quanti giovanotti ci saranno in giro con cui Spacey si è accoppiato in decenni di vita busona segreta.

C’è, inoltre, un altro vantaggio: lo sciopero del sindacato degli attori e di quello degli sceneggiatori. Magari tra un po’ Netflix si trova coi magazzini vuoti, magari quel Kevin Spacey nel ruolo di Gore Vidal che hanno da parte torna utile a riempire una stagione senza novità.

Se non avessero già presentato il programma di Venezia, sarebbe bello immaginarlo lì, in quest’Italia in cui, mi pare la definizione sia di Maria Laura Rodotà, il MeToo viene a morire. In programma c’è già Woody Allen: due assolti dai tribunali ma reietti della società civile ci starebbero bene.

Alla Zeit, Spacey ha detto anche che la sua reputazione è ormai irrecuperabile, non si può pensare di sanarla; leggevo e pensavo come sempre a Rhett Butler: chi ha coraggio fa anche a meno della reputazione. Ma soprattutto pensavo che forse giusto ai tempi della guerra civile americana si parlava di reputazione tanto quanto in questo secolo, in questo secolo che ogni giorno ci dimostra che la reputazione non conta niente, non vale niente, non esiste.

Per mille ragioni, che vanno dal fatto che nessuno sta dietro a tutte le notizie (ci sarà sempre quello che sa delle accuse a Spacey ma non delle assoluzioni), all’economia dell’attenzione che non ci permette di occuparci di tutto (esisterà persino un pubblico per cui Kevin Spacey è quello che fa Keyser Söze finto zoppo e poco più), all’attenzione labile dell’opinione pubblica: ogni giorno c’è qualcuno – un politico, una influencer, una scienziata, un calciatore – che viene sputtanato in modi che ci fanno pensare che non lavorerà mai più, e poi dopo una settimana è tutto dimenticato. Abbiamo già tante cose da pensare, possiamo mai tenere a mente gli scandaletti continui?

Mentre aspettava che la sua fedina penale tornasse immacolata, Spacey ha fatto una serie di cose minori (tra cui un film di Franco Nero, essendo noi appunto il paese dove il MeToo viene a morire, per non parlare di come si mangia bene). Il regista inglese di uno di questi film ha gongolato alla Zeit che, se Spacey fosse stato assolto, il suo sarebbe stato il primo film con Spacey innocente a venire distribuito – e ora così sarà, immagino. Ma, poiché a maggio ancora non si sapeva come sarebbe finita, aveva anche preso in considerazione l’ipotesi d’una condanna: «C’è gente che lo verrà a vedere lo stesso: nessuno ha smesso di ascoltare Michael Jackson».

Non è questione di distinguere l’uomo dall’artista: è questione che pochissime di noi hanno voglia di fare Torquemada quando ci svacchiamo sul divano. Vogliamo vedere un attore che ci piaccia, ascoltare una canzone che ci faccia ballare. È questione di livelli di talento piuttosto rari, e infatti Michael Jackson, per sostenere questa tesi, è l’esempio che usano sia Ricky Gervais sia Chris Rock nei loro monologhi. Non è che là fuori ci sia un pieno di cantanti accusati di cose brutte ma che hanno una discografia irresistibile. Non hanno scritto tutti “Billie Jean”, non hanno tutti, con la sola forza del loro sguardo sfrontato e della loro voce teatrale, reso imperdibile una puttanata sesquipedale qual era “House of Cards”.

Chissà se esistono davvero, quelli che hanno promesso a Kevin «appena t’assolvono ti scritturo». Voglio credere di sì, e voglio credere che uno di loro sia Chris McQuarrie, già sceneggiatore dei “Soliti sospetti”, e ora regista e sceneggiatore di tutto ciò che fa Tom Cruise. Riuscite a pensare a un esito più superfragilistico, dopo tutto questo golgota, di: Kevin Spacey cattivo cattivissimo nel prossimo “Mission: Impossible”?

X