«Il Natale da noi in Brasile è quasi estate. Come qui è appena iniziato l’inverno, lì segna proprio l’inizio della stagione calda. E fa molto caldo. Il Natale in Brasile ha il profumo e il colore della frutta. Tanta, tantissima frutta: non solo la nostra, come il mango, che esplode di fragranze nei giardini, ma anche frutta diversa dal solito, fatta venire per l’occasione. Ad esempio le prugne fatte arrivare dal Cile, le castagne cotte, l’uva italiana, in una specie di capovolgimento di quello che succede qui. Ricordo, quando ero piccola, enormi buffet coronati di frutta, e questi meravigliosi dolci, la Gelatina Rei Alberto, fatti con gelatina di fragole, crema chantilly al latte di cocco, pezzi di ananas e schiuma di fragole. Una meraviglia».
I ricordi, così variopinti e profumati, sono quelli di Lina Farage, nata in Brasile e venuta in Italia nell’85 per studiare design, oggi anima di Farage Cioccolato, vero e proprio paradiso per chi ama il cacao e le cose belle e buone.
Lina racconta che di cioccolato in Brasile a Natale se ne mangia poco: «Fa troppo caldo. L’unica eccezione è il brigadeiro, che da noi è popolare come da voi lo è il tiramisù: è una sorta di tartufino dalla consistenza simile a quella di una caramella mou, fatto con latte condensato, cacao in polvere e un pochino di burro, delizioso, uno tira l’altro. E a proposito di dolci, il Brasile è il primo Paese per consumo di panettoni al mondo!».
Dessert a parte, il Natale in Brasile si festeggia la sera della Vigilia: «La cena di Natale era il fulcro della vita di famiglia. Ci si riuniva tutti insieme prima di andare alla messa di mezzanotte, quella che chiamiamo la “Messa del gallo”: solo dopo la messa i bambini, che hanno cercato di fare un sonnellino nel pomeriggio per restare svegli, potevano scartare i regali, portati da Gesù Bambino».
La tavola è riccamente imbandita, con tantissimi piatti derivati soprattutto dalla tradizione portoghese, e il protagonista assoluto è il tacchino, il “peru de Natal”: «È un tacchino al forno che serviamo guarnito con fette di ananas caramellate, messe sopra al volatile dopo la cottura, come decorazione. Tutto si gioca sul contrasto di sapori dolci e salati». In alcune case il tacchino è liscio, semplicemente arrostito, in altre viene farcito, e il contorno può variare dal riso in bianco alla purea di mele, a un misto di castagne e funghi.
«In casa nostra – racconta Lina Farage – si serviva con i fios de ovos, una preparazione lunghissima e laboriosa riservata alle feste: si tratta di una sorta di capelli d’angelo, sottilissimi, come fili, appunto, fatti di tuorlo d’uovo e zucchero. Anche qui torna il contrasto tra dolce e salato». Si tratta di un dolce di antica tradizione, nato nei conventi del Portogallo e portato in Brasile, dove ha trovato nuova vita.
La realizzazione richiede tempo, pazienza e una buona dose di manualità: ci vogliono tantissimi tuorli (circa venti per un solo albume) che vanno setacciati attraverso un colino a maglie fini. Poi si prepara uno sciroppo di acqua e zucchero e, con un apposito strumento, si fanno colare i tuorli nello sciroppo in ebollizione, un po’ per volta, eseguendo un movimento circolare; via via che sono pronti si tolgono dallo sciroppo, si passano su un setaccio e si spruzzano di acqua ghiacciata in modo che non si incollino. Si dispongono sul piatto da portata a formare una sorta di letto su cui si appoggia il tacchino di Natale. Una preparazione senz’altro complessa, ma ne vale la pena, almeno nelle solennità.