Nel bene e nel male, stiamo assistendo alla Cop dei record. Tra la creazione del fondo Loss and damage – dedicato al “risarcimento climatico” dei Paesi più poveri e meno responsabili dell’emergenza in corso – e l’impegno globale per triplicare le rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030, l’avvio della ventottesima conferenza dell’Onu sul clima si è rivelato elettrizzante come non mai. Ogni dichiarazione o annuncio è stato amplificato dalla presenza degli oltre settantamila delegati, anche questo un unicum nella storia dei negoziati sul clima.
Ma quando il presidente di una conferenza del genere è anche il Ceo dell’azienda petrolifera statale del Paese ospitante, gli Emirati Arabi Uniti, ogni buon risultato deve per forza essere rapportato al contesto: non è mai come sembra e c’è sempre qualcosa di oscuro dietro un sorriso, una stretta di mano o una conferenza stampa dai toni trionfalistici. Non a caso, i Paesi più generosi sul Loss and damage sono anche quelli che hanno chiuso più accordi con il colosso fossile di Sultan Al Jaber, che è anche ministro emiratino dell’Industria e della Tecnologia avanzata.
Domenica, infatti, ecco la doccia fredda. «Nessuna scienza o scenario dice che l’eliminazione graduale dei combustibili fossili (phase-out, ndr) sia ciò che permetterà di raggiungere l’obiettivo degli 1,5 gradi». Sono queste le parole pronunciate in una vecchia chiamata Zoom da Sultan Al Jaber, il quale ha aggiunto che rinunciare alle fonti energetiche sporche «ci riporterebbe alle caverne». Stiamo parlando della stessa persona che, durante la cerimonia d’apertura della Cop28, ha definito la soglia dell’accordo di Parigi una «stella polare» da «non perdere di vista». Difficile, però, rispettare questo target accontentandosi di una riduzione graduale (phase-down) di carbone, gas e petrolio.
L’audio risale al 21 novembre ed è stato reso pubblico dal Guardian nella tarda mattinata del 3 dicembre. Il giorno dopo, nella speranza di sgonfiare le polemiche, Sultan Al Jaber ha spiegato che «là fuori ci sono dichiarazioni false e un po’ di confusione», e che la sua «passione per la scienza» gli ha «permesso di progredire durante la carriera». Il phase-down e il phase-out, ha aggiunto il presidente della Cop28, sono «essenziali» e devono avvenire in modo «ordinato, equo e responsabile». Al Jaber si è detto «piuttosto sorpreso dal costante tentativo di indebolire» la sua presidenza e ha ribadito che «la scienza dice che dobbiamo arrivare alle zero emissioni nette entro il 2050 e ridurre le emissioni del quarantatré per cento entro il 2030».
Questo scandalo ha indebolito all’improvviso la presidenza emiratina: nessuno parla più di Loss and damage, tutti sottolineano la dichiarazione negazionista svelata dal Guardian. La Cop28 è un vortice di spunti e notizie, e spesso i media, il pubblico e i politici hanno la memoria corta. La conferenza sul clima, quindi, si sta approcciando alle fasi tecniche delle trattative con le ossa rotte e la credibilità ai minimi termini. Dopo le passerelle dei leader globali, da Lula a Giorgia Meloni, i negoziati sono entrati nel dettaglio in vista dei momenti caldi successivi alla pausa del 7 dicembre.
Secondo Federico Tassan-Viol, responsabile per la Diplomazia del think tank Ecco, «forse è un bene che questo scandalo sia uscito ora. Prima avrebbe rovinato il segmento di alto livello con i leader e avrebbe avuto un effetto negativo sul morale della Cop. Ora che si entra nel tecnico, invece, queste dichiarazioni hanno un impatto minore: si parla di questioni molto specifiche, le delegazioni si mettono al tavolo con numeri, grafici e tabelle. Carte alla mano, ci sarà tanto lavoro da fare, e in queste fasi i messaggi politici di alto livello hanno un impatto minore», dice a Linkiesta.
In questo momento di fragilità della presidenza emiratina, l’Unione europea – sostenitrice del phase-out dei combustibili fossili – deve cogliere l’attimo per recitare un ruolo concreto da protagonista, soprattutto adesso che l’evento ha abbandonato le prime pagine dei quotidiani: «Bruxelles ha una posizione ambiziosa, deve far sentire la sua voce e inserirsi nel dialogo tra tutti i Paesi, soprattutto tra quelli del Sud globale. I Paesi membri dell’Onu si riuniscono in alleanze spesso intersecate tra loro, e in questa struttura l’Unione europea può farsi sentire con i Paesi del Golfo – con cui ha delle relazioni piuttosto buone – e le grandi economie non occidentali», aggiunge l’esperto.
Per imporsi e influenzare positivamente le trattative, sottolinea Tassan-Viol, l’Unione europea «non deve arrivare ai negoziati con una posizione di superiorità morale. Quello è un atteggiamento che ha spesso condizionato in negativo la politica internazionale dei Paesi europei nel secolo scorso. Nella pratica, è la bontà delle proposte che può creare consenso e unanimità. In che modo? Ad esempio, finanziando la transizione: si parla di Loss and damage e Green climate fund, abbiamo sentito proposte e promesse, ma soltanto per il primo fondo le necessità sono nell’ordine delle centinaia di miliardi, non centinaia di milioni».
Alla Cop27, nonostante il ruolo decisivo dell’allora commissario europeo per il Clima Frans Timmermans nell’accordo sul Loss and damage, l’Unione europea ha mancato i suoi principali obiettivi sulla riduzione dell’uso dei combustibili fossili. Con Wopke Hoekstra, Bruxelles si è approcciata alla Cop28 con ambizione e una posizione negoziale molto completa, in grado di toccare tutti i punti caldi della conferenza: dal phase-out fossile alla finanza climatica, passando per il Global stocktake, un allineamento dei contributi determinati a livello nazionale (Ndc) ai target sulla neutralità carbonica e l’equilibrio tra mitigazione e adattamento. Ieri, durante la giornata dedicata alla sanità, ha approvato a suo nome una dichiarazione internazionale su clima e salute.
Secondo Federico Tassan-Viol, che sta seguendo la Cop28 anche in vista del G7 Italia 2024, «l’Unione europea è il grande blocco con la posizione più ambiziosa». Bruxelles «può dare uno slancio ai negoziati perché ora manca una guida, un coordinatore. La presidenza della Cop deve essere un arbitro, e adesso abbiamo visto da che parte sta questo arbitro. L’ambizione dell’Unione europea può rivelarsi un agente di legittimazione. Essere realisti e pragmatici significa mettere soldi sul piatto e avere delle proposte vere: l’Ue può farlo perché ha un mandato chiaro», aggiunge il membro di Ecco.
In questo contesto, va anche sottolineato il ruolo (talvolta ingombrante) delle aziende dell’oil&gas, la cui presenza a Dubai si sta rivelando massiccia. In più, l’adesione di cinquanta aziende fossili alla “Carta globale per la decarbonizzazione” si basa su impegni volontari e ripropone principalmente degli obiettivi assunti due anni fa. Uno sforzo che sfiora la sufficienza.
«In questo momento non vedo delle soluzioni vere proposte da loro. Quest’anno sono considerate a tutti gli effetti parte della conferenza. Per rendere l’idea, hanno accesso alla zona blu senza neanche passare da altri canali alternativi, sono presenti e intervengono durante i dibattiti e gli incontri», dice Federico Tassan-Viol. «Sono abbastanza convinto – conclude – che non si arriverà a un obiettivo ambizioso per quanto riguarda il phase-out. Tuttavia, ci sono tanti altri ambiti della Cop28 che non sono secondari, come l’adattamento e la finanza per il clima, su cui c’è molto spazio per lavorare».