Guerra ibridaIl dilemma morale dell’Europa sull’uso strumentale dei migranti da parte della Russia

Nelle ultime settimane Estonia e Finlandia hanno visto arrivare un flusso anomalo di persone provenienti da diversi da Asia, Africa e del Medio Oriente. È un’operazione organizzata dal Cremlino per mettere in difficoltà i Paesi vicini senza aggredirli militarmente

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Nelle ultime settimane sono confluiti dalla Russia verso i confini della Finlandia e dell’Estonia quasi mille migranti provenienti da Paesi come Afghanistan, Pakistan, Iraq, Siria, Yemen, Somalia e altri. Un flusso anomalo, con un aumento enorme e improvviso che secondo i governi dei Paesi baltici e scandinavi non è una coincidenza, ma un’operazione di guerra ibrida organizzata dal Cremlino. La settimana scorsa il governo finlandese ha chiuso il transito di persone dell’ultimo valico alla frontiera rimasto aperto e, anche se la decisione di Helsinki durerà solo fino al 13 dicembre, è stata accolta da Mosca con condanne e lamentele ufficializzate con una lettera di denuncia all’ambasciatore finlandese, e dalle solite dichiarazioni infuocate di Maria Zakharova, la portavoce del ministero degli Esteri russo.

L’afflusso di migranti nell’Europa orientale non è una novità per i Paesi confinanti con la Russia, e la crisi in corso è molto simile a quella dell’estate 2021 lungo i confini di Polonia e Lituania con la Bielorussia. Anche in quel caso si è parlato di un’operazione di guerra ibrida architettata dai regimi di Minsk e Mosca, ma all’epoca l’attenzione mediatica si concentrò sulla severa condotta del governo polacco nei confronti dei migranti che cercarono di oltrepassare la frontiera.

Tecnicamente una definizione universalmente riconosciuta di “guerra ibrida” ancora non esiste. In generale la Nato usa questo termine per descrivere le azioni che prevedono «l’impiego combinato di mezzi convenzionali e non convenzionali (anche criminali) in modo adattivo nel perseguimento degli obiettivi», ma il termine rimane soggetto a interpretazioni.

Le caratteristiche principali per riconoscere azioni di questo tipo sono l’ambiguità dell’operazione e la difficoltà nell’attribuire le responsabilità, che permettono all’aggressore di muoversi nella zona grigia tra guerra e pace senza palesare apertamente l’intento delle proprie azioni ostili, garantendosi una coltre di vaghezza che consente di negare anche di fronte all’evidenza.

La militarizzazione dei flussi migratori, così come le campagne di disinformazione, gli attacchi informatici, il sabotaggio delle infrastrutture strategiche, la manipolazione dei flussi energetici o di altre materie prime rientrano nella descrizione.

La guerra ibrida fa parte del modus operandi del regime di Vladimir Putin, con operazioni di vario genere e portata condotte non solo contro i Paesi europei, ma anche negli Stati Uniti, nel Caucaso, in Medio Oriente, in Africa.

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All’inizio di quest’anno anche l’Italia ha dovuto affrontare un’ondata di migranti, con numeri che hanno raggiunti i picchi della crisi dei rifugiati del 2015. Il governo italiano ha direttamente incolpato il Gruppo Wagner per l’aumento dei flussi di migranti che cercavano di attraversare il Mediterraneo, anche se non sono emerse prove o evidenze a sostegno di questa tesi.

L’uso dei migranti come arma è una tattica tra le più spregevoli: consiste nello sfruttare la disperazione delle persone per imporre un ricatto morale nei confronti del Paese che si vuole destabilizzare. Un’operazione fatta di inganno e di violenza. In base alle ricostruzioni, i regimi di Mosca e Minsk promettono alle persone la possibilità di entrare nei Paesi europei facendoli volare dal Medio Oriente e dall’Africa verso i loro Paesi.

Nel caso delle indagini e inchieste sulla crisi del 2021 sul confine polacco-bielorusso, è emerso che alcune agenzie di viaggio in Iraq hanno offerto “viaggi turistici” in Bielorussia con visti semplificati organizzando voli Baghdad-Minsk e da altre città irachene usando la compagnia aerea nazionale bielorussa. Altri voli sono stati organizzati con partenze da Turchia e Siria.

Secondo il racconto di alcuni curdi-iracheni intervistati da Lrt (la tv pubblica della Lituania), queste agenzie di viaggio hanno detto alle persone che attraversare il confine dell’Unione europea dalla Bielorussia è legale, e che una volta giunti a destinazione sarebbero stati accompagnati alla frontiera con degli autobus dove avrebbero potuto entrare in Polonia o Lituania direttamente a piedi attraverso la foresta. Il non detto è che non era prevista la possibilità di tornare facilmente indietro dopo il respingimento polacco.

La stessa storia si sta ripetendo lungo il confine russo-finlandese, ma stavolta siamo alle porte della stagione invernale in una delle regioni più fredde del mondo. La polizia di frontiera finlandese ha detto che migranti si sono presentati al confine a piedi o con biciclette da adolescenti, indossando vestiti non adatti a temperature che arrivano anche a venticinque gradi sotto lo zero.

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«Ciò indica che probabilmente non sono arrivati qui per conto proprio, senza l’assistenza di qualche gruppo organizzato in Russia», ha detto alla stampa il capitano Timo Marchese del quartier generale del distretto delle guardie di frontiera della Lapponia, sottolineando che la grande città più vicina sul versante russo è Murmansk, a duecentoquaranta chilometri di distanza.

Con il senno di poi, alcuni analisti pensano che forse la crisi del 2021 lungo il confine Polonia-Bielorussia è stata anche un modo del Cremlino per testare la risolutezza dell’Europa, in vista dell’invasione su vasta scala dell’Ucraina lanciata neanche sei mesi dopo.

Le operazioni di guerra ibrida del regime di Putin non vanno sottovalutate, la Russia ormai è consapevole di non poter raggiungere i suoi obiettivi con i mezzi militari convenzionali, e punta a ottenere risultati destabilizzando i governi e le opinioni pubbliche occidentali in vista degli appuntamenti elettorali del 2024, ovvero le elezioni europee e le presidenziali statunitensi.

Se basta il solo Viktor Orbán a frenare o addirittura mettere a rischio l’impegno dell’Unione nei confronti dell’Ucraina, il regime del Cremlino spera di poter tornare sulla scena globale senza subire la disfatta totale che merita.

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