Metodo scandinavoLa Svezia porterà in dote alla Nato uno degli eserciti più avanzati al mondo

Stoccolma possiede una flotta navale di prim'ordine e un'aviazione all'avanguardia, con la capacità unica tra i Paesi europei di produrre in casa un caccia multiruolo di quarta generazione, il J-39 Gripen SAAB. E la sua spesa militare raggiungerà il due per cento entro il 2026. Mancano però i sì di Turchia e Ungheria per la sua adesione

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Questa volta dovremmo esserci. Dopo mesi di tira e molla sembra che il Presidente della Turchia Recep Tayyip Erdoğan si sia deciso a togliere il veto all’ingresso della Svezia nella Nato. È infatti arrivato negli ultimi giorni il primo via libera da parte della Commissione parlamentare turca all’ingresso del Paese scandinavo nell’alleanza atlantica. Ora manca solo la ratifica del Parlamento di Ankara dove il partito AK di Erdoğan detiene la maggioranza. Ci vorranno presumibilmente alcune settimane anche se non è ancora stata fissata una data per il voto. Da diversi mesi l’organizzazione sperava di riuscire a sbloccare la trattativa come successo in aprile con la Finlandia e nell’ultimo periodo si è intensificata la pressione sui Paesi che non hanno ancora completato il percorso di ratifica.

Un risultato non banale visto che la situazione è rimasta congelata per lungo tempo a causa delle accuse al sistema svedese colpevole —secondo la Turchia— di avere un approccio troppo morbido nei confronti dei membri di alcune organizzazioni come il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (Pkk) che Ankara considera terroristi. La Svezia ha cambiato le sue leggi ampliando la cooperazione in materia di antiterrorismo e ha ripreso le esportazioni di armi in Turchia, sbloccando in questo modo la trattativa. Negli ultimi mesi c’è stata un’ulteriore frenata sulla questione dei nuovi aerei F-16, che gli Stati Uniti hanno promesso a Erdoğan ma che sono stati bloccati dal Congresso. Il via libera arriva quindi anche come un segnale distensivo tra la prima e la seconda forza militare dell’organizzazione atlantica.

Una volta avvenuta la ratifica del Parlamento turco, Stoccolma dovrà provare a superare le resistenze dell’Ungheria, che a quel punto rimarrebbe l’unico Paese contrario. Non esattamente una novità. I motivi sono noti: Orbán è molto vicino a Putin e attraverso i suoi veti sta ricattando l’Unione europea e l’alleanza atlantica nel tentativo di sbloccare i fondi che Bruxelles ha congelato a causa delle ripetute violazioni dello stato di diritto. Ed è proprio alle critiche di alcuni politici svedesi al sistema democratico di Budapest che il Governo ungherese imputa la mancata ratifica. Una motivazione piuttosto debole che rende ancor più evidente come le ragioni siano altre. Ma qualcosa potrebbe essere cambiato durante il vertice bilaterale di qualche settimana fa quando Erdoğan e Orbán si sono incontrati nella capitale ungherese e l’adesione della Svezia alla Nato è stato uno dei temi principali in agenda. La sensazione è che quando arriverà il via libera definitivo da parte di Ankara seguirà anche quello di Budapest.

La dote svedese
L’ingresso di Stoccolma porterebbe in dote alla Nato uno degli eserciti più avanzati al mondo. La flotta navale svedese è una delle migliori in circolazione e anche dal punto di vista dell’aviazione è all’avanguardia. La Svezia è infatti uno dei pochi Paesi europei in grado di produrre in house un caccia multiruolo di quarta generazione, il J-39 Gripen SAAB, presente nella flotta svedese con novanta unità. Il Paese scandinavo ha inoltre reintrodotto la coscrizione obbligatoria (estesa a entrambi i sessi) e la sua spesa militare raggiungerà il due per cento entro il 2026. Pur essendo finora formalmente un Paese neutrale, Stoccolma ha partecipato a varie esercitazioni Nato e da qualche mese, a seguito dell’invasione russa in Ucraina, condivide una flotta aerea unificata con Danimarca, Norvegia e Finlandia che arriva a contare circa duecentocinquanta jet moderni da combattimento.

Sarebbe quindi un ingresso importante per l’alleanza atlantica che dopo l’adesione della Finlandia rafforzerebbe ancor di più il fronte nel mar Baltico, aumentando la sicurezza in tutta l’area e la deterrenza nei confronti di Mosca. Come nel caso dell’isola di Gotland che da quattro anni è tornata a essere una base militare operativa (dopo che era stata smantellata a inizio anni duemila) e che dista appena centotrenta miglia nautiche dall’exclave russa di Kaliningrad. La decisione di ritornare a presidiarla militarmente arriva proprio a causa di una serie di esercitazioni militari russe a ridosso delle acque svedesi che hanno portato la Svezia al dietrofront. Gotland è strategica per la sicurezza della zona ed è per questo che per anni è stata oggetto di provocazioni da parte del Cremlino. Nel 2023 l’isola è stata anche coinvolta in una serie di esercitazioni Nato a difesa dei paesi baltici proprio in ragione della sua importanza.

Con l’invasione dell’Ucraina, Vladimir Putin ha ottenuto il risultato di aver accelerato il percorso di allargamento della Nato che ha già visto l’ingresso della Finlandia (con cui condivide più di milletrecento chilometri di confine) e che è pronta ad accogliere un altro grande esercito europeo come quello svedese. E lo ha fatto ridando un senso a un’organizzazione che sembrava dormiente o, per dirla con le parole di Emmanuel Macron nel 2019, in stato di «morte celebrale». Non male.

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