The good wifeIl memoir di Ilary Blasi venderà più o meno delle barzellette di Totti?

Dopo il documentario su Netflix, l’ex moglie del Pupone reimpacchetta la stessa storia in un libro. In attesa di qualche rivelazione incredibile, come quella che convinse Alicia Florrick a tagliarsi i capelli (e a molto altro)

Unsplash

A settembre del 2011, Alicia Florrick entra nel suo studio legale, e nella nuova stagione di “The Good Wife”, con un nuovo taglio di capelli, che sappiamo tutte cosa significhi, e sotto le sue immagini canticchia quel tizio che ripete implacabile «Baby did a bad, bad thing».

A maggio, il pubblico della serie aveva visto finire la stagione precedente con Alicia e Will, determinati a scopare dopo due anni di tensione intermittente (più di due: stavano insieme all’università, intanto lei ha fatto dei figli con un altro), che si sentivano dire dall’accettazione dell’albergo prescelto per consumare che purtroppo erano pieni.

Tranne la suite presidenziale, che purtroppo costava settemila e ottocento dollari. Will doveva essere molto determinato a portare infine a compimento la copula, perché un attimo dopo veniva inquadrata un’American Express, e le parole successive erano «il vostro maggiordomo privato si chiama Jerome».

Nello strano albergo di fantasia, avere il maggiordomo privato e investire settemila e ottocento dollari in una scopata non dava diritto a un ascensore che non avesse dentro la servitù – il primo era occupato da un ragazzo che portava i carrelli in cucina: neanche alla pensione Miramare – né che andasse direttamente al piano presidenziale: nell’ascensore che infine i due piccioncini prendevano, una bambina aveva spinto tutti i pulsanti.

A ogni piano l’ascensore si apriva, uno stillicidio di ripartenze, e io mi aspettavo che, arrivati al piano della suite, ai due fosse passata la voglia. E invece poi arriva settembre, e Alicia entra in scena col taglio di capelli di una che è stata scopata ben bene.

Due mesi dopo il documentario su Netflix in cui raccontava che tutto il casino della fine del suo matrimonio con Totti era dovuto a un caffè preso con un non specificato tizio, ora Ilary Blasi reimpacchetta la stessa (credo) storia in un libro, “Che stupida – La mia verità”, che Mondadori pubblica la prossima settimana. (“La brava moglie” sarebbe stato un titolo più divertente).

Venderà più o meno del libro postumo della Murgia? E anche: esiste più illuminante definizione del postmodernismo che il concorrere allo stesso risultato delle memorie d’un’ex moglie di calciatore e del saggio sulla maternità d’un’intellettuale?

Nel frattempo, però, il tizio con cui la Blasi avrebbe preso il caffè dice che altro che caffè, lui e la signora Blasi avevano «una frequentazione intima», una definizione che fa sembrare «pecorina» una descrizione raffinata e Manuel Fantoni un minimalista. Che fine hanno fatto gli uomini che negano anche l’evidenza? Fossi Ilary, risponderei facendo notare che, dopo di lui, non ha neppure cambiato taglio di capelli: ciò non depone a favore della sua intima memorabilità.

Il libro, si spera, sarà più interessante dell’intervista di copertina del numero di ieri di 7, forse la cosa più noiosa mai pubblicata da un giornale italiano (e non è che il campionato della noia, nelle interviste dei giornali italiani, non sia competitivo). D’altra parte, se dai interviste interessanti che posso leggere gratis, perché mai dovrei comprarmi le tue memorie.

Cose che apprendiamo dall’intervista: erano sposati in separazione dei beni; la casa è di lui ma per ora ci sta lei altrimenti la prole si traumatizza; Totti ha licenziato per dispetto la tata della bambina, ma Ilary l’ha subito riassunta; Totti è un abitudinario e la nuova fidanzata la porta a cena nel ristorante in cui chiese a Ilary di sposarlo; non hanno fatto terapia di coppia; sul cellulare di lei, lui è memorizzato come «Totti» (ah vedi, pensavo «Spalletti»); ma soprattutto, breaking news: Totti sarà sempre il papà dei suoi figli.

La povera intervistatrice tenta disperatamente di farle dire che andrebbe a cena con l’ex marito e, alla fine dei tentativi di cavare qualcosa dalla conversazione, al giornale sono talmente disperati che titolano «Totti, ti invito a cena», come fosse stata la Blasi a usare il giornale per mandare un messaggio di riavvicinamento all’ex marito, e non la disperatissima intervistatrice a chiederle quarantasette volte ma andrebbe a cena con Totti, ma di che parlereste, ma l’acqua liscia o leggermente.

Peraltro, per tutto l’articolo il documentario “Unica”, una sola puntata come sa chiunque l’abbia visto cioè chiunque non sia appena tornato da Marte, viene definito «la serie», nelle domande ma anche nelle risposte. Non sembrando possibile che Ilary Blasi non sappia d’aver fatto un documentario in una (scusate il bisticcio di parole) unica puntata, non una serie a episodi, c’è da chiedersi se esista una ulteriore ora che renda “Unica” un po’ meno unica. Un seguito di cui noi mortali scopriremo l’esistenza solo quando verrà messo su Netflix, e di cui invece 7 sa in anteprima, ma non ce lo dice per dispetto.

La ragione per cui Alicia Florrick finisce a lavorare nello studio legale del suo ex dell’università, per cui si trova nella suite presidenziale, per cui si taglia i capelli, è che suo marito, procuratore dello stato di New York, finisce su tutti i giornali per un giro di mignotte. Lei non è contenta ma non si separa, lui finisce in galera, lei torna a lavorare dopo anni da massaia di lusso, infine lo perdona, se lo riprende in casa, lui viene prosciolto e torna procuratore.

Però poi lei scopre che una volta sola, anni prima, lui s’è scopato una tizia che lei allora non conosceva. La cosa non è finita sui giornali, non la sa nessuno, non dovrebbe avere nessun impatto sulla sua vita. Ma la tizia è successivamente diventata sua amica, e quindi Alicia classifica il tradimento come doppio, e per quello caccia infine di casa il marito, non più fedifrago e non più galeotto.

Se esiste una ulteriore puntata di “Unica”, non può che essere focalizzata su quel personaggio che nell’unico “Unica” che abbiamo visto fin qui era la parrucchiera-sensale, che organizzava il caffè dello scandalo. Quel che vorrei da “Unica 2”, o almeno dalle memorie in libreria, è la rivelazione che la parrucchiera ha avuto una tresca con Totti. Allora sì che Ilary diventerebbe l’eroina del paese reale in questo secolo vittimista, Ilary coi suoi Rolex, con le sue Chanel, coi suoi privilegi di classe eppure, anche le Ilary piangono, tradita proprio da chiunque.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter