Elly Schlein contro Giorgia Meloni, primo round oggi alle 15 a Montecitorio, dove la presidente del Consiglio si presenterà per l’abituale “Meloni time” (un question time con la premier in diretta tv) e la leader del Partito democratico che la insegue, tema: la sanità. Sarà sempre così nei prossimi mesi, Elly che cerca il corpo a corpo diretto con l’avversaria in vista del match televisivo prima delle elezioni europee.
La personalizzazione imposta da Schlein in un certo senso la svincola dal brand “Pd” dando l’idea che se sei contro Meloni ergo sei con Elly, un po’ la stessa parabola, mutatis mutandis, del “partito di Renzi” quando questi sedeva al Nazareno. Lei ritiene che questa personalizzazione dello scontro può essere l’arma migliore a sua disposizione per entrare nella testa degli italiani come la competitor, o meglio l’argine a una Giorgia Meloni in grande ascesa mediatica, che mostra di non avere paura di nulla e di nessuno e che va anzi sbeffeggiando in modo più o meno popolare tutto il «globo terraqueo», come direbbe lei stessa.
La conseguenza forse non prevista è che più la segretaria personalizza e più appare isolata: ma a pensarci bene non è una contraddizione in un partito in cui stati maggiori, gerarchi, satrapi e cacicchi vari non digeriscono il/la leader forte: chiedere a Walter Veltroni o, appunto, a Matteo Renzi.
Così, dopo qualche mese di apparente pax interna, l’aria al Nazareno è tornata tossica, complici anche gli errori comunicativi («Ieri sono andata al cinema» davanti ai deputati riuniti per il secondo giorno nella tana di Gubbio) e più direttamente politici (niente armi a Israele quando nessuno le fornisce). Ecco perché Schlein gioca l’unica carta che può giocare, l’antimelonismo in diretta tv, e peccato che su quel terreno Giorgia non sia esattamente una sprovveduta. Il tutto va visto come la scommessa della vita: la giovane leader, solo un anno e mezzo dopo non averla vista arrivare gli altri potrebbero vederla andar via se le regionali e le europee dovessero andar male.
Del ruolo di Paolo Gentiloni abbiamo scritto come del più probabile candidato per Palazzo Chigi mentre per la poltrona lasciata da Elly Schlein al Nazareno – ha scritto il Corriere della Sera in un articolo di Fabrizio Roncone, che ha seminato molta agitazione al Nazareno – spunterebbe il nome di Enzo Amendola, tra i dirigenti più preparati e soprattutto uomo con una chiara vocazione di governo (è stato anche ministro per gli affari europei del governo Conte II e sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega agli affari europei nel governo Draghi), e molto vicino alle idee di Gentiloni. Quando si dice le coincidenze.