Frontiere del lavoroPodcast e pillole video, la formazione si può fare anche mentre ci si allena

«Ogni giorno apriamo il nostro smartphone e riceviamo una notifica che ci propone un contenuto in base agli appuntamenti in agenda», spiega Mario Vitale, Chief Commercial Officer di Digit’Ed, società che ha da poco lanciato la prima piattaforma integrata “Open Learning”, in grado di costruire piani formativi su misura dalle grandi alle piccole aziende

(Unsplash)

Abbiamo sempre più bisogno di essere formati per continuare a lavorare. Ma la formazione non può più essere quella che abbiamo conosciuto finora. Sono due dogmi del lavoro da cui oggi non si può fuggire. Ma se le tecnologie corrono veloci e le competenze “scadono” ormai nel giro di pochi anni, gli imprenditori faticherebbero a mandare ogni giorno in aula i dipendenti.

Il mercato dell’aggiornamento formativo si popola così di moderne “Netflix della formazione” che propongono piattaforme con lezioni virtuali, live oppure on demand. I contenuti si trasformano in podcast e pillole da consumare quando servono, magari suggerite dell’intelligenza artificiale in base all’agenda del giorno.

Tra gli ultimi nomi che si stanno affermando sul mercato italiano c’è Digit’Ed, controllata da Nexitalia e partecipata al 20 per cento da Intesa Sanpaolo, che ha nel suo portafoglio anche una partnership con Treccani Accademia e la Scuola Greco-Pittella, attiva nella formazione in campo giuridico. Nel 2023 Digit’Ed ha acquisito la “24Ore Business School” e finalizzato l’acquisizione della maggioranza di Accurate, società che opera nell’ambito dell’innovazione tecnologica applicata alla formazione medica. Un pacchetto completo e una realtà integrata, che offre soluzioni su misura alle aziende italiane, dalle grandi alle piccole, notoriamente non così propense a investire nella formazione, ma che faticano sempre più a trattenere i migliori talenti e a trovarne di nuovi.

«Oggi nelle aziende convivono dai neoassunti di 25-26 anni fino ai senior sopra i sessant’anni», spiega Marco Vitale, Chief Commercial Officer di Digit’Ed. «La difficoltà più grande per gli imprenditori è selezionare i giusti contenuti formativi per i propri dipendenti. Finora tutta la popolazione aziendale veniva formata nello stesso identico modo, con gli stessi metodi. Oggi non è più possibile, i ragazzi apprendono in maniera totalmente diversa rispetto agli adulti. La prima sfida è quindi quella di andare a costruire percorsi formativi specializzati, almeno per cluster».

Digit’Ed ha lanciato da poco la piattaforma “Open Learning”, un nuovo canale di formazione che, grazie all’intelligenza artificiale, permette a ogni dipendente di costruire piani formativi personalizzati, dialogare con un chatbot a cui chiedere informazioni e seguire i propri progressi sull’acquisizione delle nuove competenze. Tutto grazie ai dati. E con una fruizione veloce, senza per forza doversi assentare dal lavoro e andare in aula. La piattaforma è anche aperta all’esterno, suggerendo video presenti su Youtube o prodotti più immersivi che usano il metaverso.

«Open Learning ha già al suo interno un assistente virtuale con intelligenza artificiale generativa a cui chiedere contenuti ad hoc in base alle nostre esigenze. Chiedi a lui e ti risponde con dei contenuti», spiega Vitale.

Ma la frontiera per il mercato della formazione è il cosiddetto «microlearnig», ovvero una formazione continua e giornaliera da usare all’occorrenza. «Ogni giorno, ad esempio, apriamo il nostro smartphone e riceviamo una notifica che ci propone un contenuto», dice Vitale. «Il contenuto può essere on demand oppure una lezione proattiva. Ma tutti i nostri clienti ci stanno chiedendo soprattutto podcast di formazione. Mentre vado in ufficio o faccio una corsa, ascolto un podcast e ho scoperto una cosa nuova che riguarda il mio lavoro».

L’altra espressione inglese molto diffusa nel mercato della formazione è «learning flow», che significa apprendere quando serve e su cosa ci serve. «Immaginiamo che l’intelligenza artificiale guarda il mio calendario e vede che oggi ho un appuntamento con una giornalista per una intervista», prosegue Vitale. «L’Ai può ad esempio suggerirmi di guardare un contenuto su come fare storytelling efficace. Questa è la frontiera, il cosiddetto “flow”. Una sorta di co-pilota del lavoratore, un super assistente virtuale: studiando le mie abitudini e quelli che saranno i miei incontri, mi suggerisce di formarmi in vista di qualcosa che devo affrontare».

Il percorso dello sviluppo della formazione finora è arrivato a metà strada. Ma non è un problema tecnologico. «La questione centrale è mettere insieme tutti i sistemi e i dati, cioè far leggere all’Ai il mio calendario e i miei appuntamenti in modo da fruire di contenuti su misura», dice Vitale.

In Italia ancora poche grandi realtà stanno sperimentando questo sistema, da Intesa Sanpaolo a Eni fino a Generali. «Le piccole e medie imprese italiane hanno maggiori problemi di investimenti in innovazione e formazione rispetto alle grandi. E spesso non hanno neanche un ufficio centralizzato di gestione delle risorse umane che le aiuta a pensare dei piani formativi», racconta Vitale.

I numeri però sono in crescita. Da uno studio di Digit’Ed viene fuori che nel 2022 è aumentato di oltre il 50 per cento il numero di professionisti che hanno seguito almeno un corso di formazione. L’82% dei dipendenti ritiene importante la riqualificazione e il miglioramento delle proprie competenze, eppure una persona su due si dice insoddisfatta perché priva di un’adeguata offerta formativa. Ma in un Paese in piena crisi demografica, dove l’occupazione cresce quasi unicamente tra gli over 50 e i profili junior cambiano lavoro con una frequenza due volte superiore rispetto al periodo pre-Covid, la formazione serve non solo a investire su chi è già dentro le organizzazioni ma anche ad attirare nuovi candidati.

«Dieci anni fa per l’imprenditore medio italiano la formazione era solo un costo, cioè perdita di tempo perché sottraeva tempo all’attività quotidiana del dipendente. Oggi, complice anche il passaggio generazionale, questo approccio è cambiato e i manager più giovani capiscono il valore della formazione e comprendono quanto sia importante per aprirsi ai mercati esteri o strutturare meglio la finanza aziendale», spiega Vitale. «Sul cambio di approccio hanno inciso anche i fondi del Pnrr e il Fondo nuove competenze». Oggi, aggiunge, «abbiamo tante aziende piccole, medie e grandi che ci bussano alla porta chiedendo di essere coinvolti attivamente nella formazione, proprio perché hanno bisogno di trovare quel capitale umano qualificato che non trovano».

Finora i piani formativi erano strutturati rivolgendosi a fornitori diversi, ognuno dei quali offriva contenuti e formule differenti. Le nuove piattaforme come Digit’Ed concentrano tutto in un unico luogo, dall’analisi del fabbisogno di competenze ai corsi, dalla formazione in aula alle pillole video.

«Il che facilita l’accesso alla formazione anche per le piccole aziende che non hanno la forza di strutturare piani formativi complessi», dice Vitale. «È come quando vai a costruire casa e chiami un architetto che si preoccupa di progettare la cucina, il bagno, la sala da pranzo. In un mondo che cambia così velocemente, se tu non hai una bussola, diventa molto complicato».

Ed è un impegno costante. «La formazione ormai è come l’allenamento per uno sportivo. Se tu devi andare alle Olimpiadi, non ti puoi allenare un giorno all’anno o due giorni prima della gara, ti alleni per quattro anni tutti i giorni. Se i manager vogliono raggiungere una certa performance, non possono ricordarsi della formazione solo quando gli serve».

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