Ebbene sì! C’è qualcosa che non abbiamo ancora importato dagli Stati Uniti. Forse ancora non per molto: la recente apparizione a MasterChef di Joe Bastianich (che lo propone nel suo spazio al Mercato Centrale di Milano) potrebbe averlo sdoganato. Lo “smashed burger”: un hamburger che al momento della cottura viene schiacciato sulla piastra, così che la polpetta diventi bassa e quindi di fatto ben cotta, pur mantenendo la parte succosa, ma soprattutto, grazie alla reazione di Maillard, produca una deliziosa crosticina. Detto così sembra facile, ma non sempre il risultato è garantito.
Se preparato come si deve lo smashed burger, che vuol dire letteralmente “burger schiacciato”, è estremamente goloso e può regalare gioie anche ai devoti alla carne al sangue, soddisfacendo inoltre quei talebani che combattono la personale battaglia contro la carne cruda in nome della sicurezza alimentare. Pazienza se Francesco Costa nel video su YouTube dove regala consigli su come deve essere il suo hamburger perfetto e raccomanda di non schiacciare troppo la carne, aggiungendo una relazione opinabile tra carne grassa e qualità modesta. Il Wagyu ti saluta!
Un buon smashed si fa con quattro once di carne trita, pari a centotredici grammi, per un tradizionale si va da sei a otto once, tra centosettanta e duecento ventisei grammi. Il peso della carne contribuisce a rendere più economico lo smashed, il cui prezzo difficilmente supera i dieci dollari.
Si vuole che questo stile nel preparare l’hamburger sia nato in Oklahoma, ma il nostro punto di riferimento resta New York, dove c’è solo l’imbarazzo della scelta. L’arrivo recente del ristorante Hamburger America di George Motz su Houston Street dà la misura del fenomeno inarrestabile. Motz, personaggio televisivo, filmmaker e producer, ha fatto della ricerca del panino perfetto in giro per gli Stati Uniti una missione. Porta la sua firma un documentario che si intitola proprio “Hamburger America” con cui ha vinto diversi premi. Il New York Times lo ha definito la più autorevole autorità in materia, in un articolo pubblicato in contemporanea con la versione aggiornata del suo libro e l’apertura del ristorante.
Non sempre la teoria è coerente con la pratica: il risultato di una visita, confermato dalle letture di diverse recensioni, è che si nota per ora una certa discontinuità sia nella preparazione della polpetta che delle patatine. Sicuramente Motz è un guru, data la sua esperienza con il panino tra le mani, il suo libro interessantissimo, ma la validità del locale di SoHo da rivedere.
La ricerca del meglio è naturalmente soggettiva. Qualche consiglio però vale la pena di darlo, in attesa che in Italia qualcuno insegua la tendenza Joe Bastianich. Qui su Linkiesta Gastronomika avevamo già raccontato accettando i consigli di Pete Wells, il critico del New York Times, di Lovely’s Old Fashioned a Hell’s Kitchen.
Il video di Aurora Cavallo che celebra Harlem Shake come il migliore tra quelli provati ha avuto un milione e quattrocentomila visualizzazioni. Sono in molti a sposare il suo entusiasmo per questo locale che partendo dallo spazio di Harlem negli anni si è triplicato con le aperture di Brooklyn e di Long Island City nel Queens.
Lo storico Shake Shack, che ha cominciato a servire i suoi panini nel 2001 nel chiosco nel parco di Madison Square, ora è una catena globale con quattrocento punti in tutto il mondo, propone lo smashed anche se forse non è più come quello della prima ora.
Non cambia mai invece il panino di White Mana Diner, nato nel 1939 in occasione dell’Esposizione universale a Flushing Meadows Park. Oggi è a Jersey City, in un piccolo diner dove il tempo essersi fermato, dove l’inflazione non è che un’opinione, perché il prezzo base (va detto: la polpetta è più piccola) solo pane e carne è di un dollaro e novanta. Per un double cheeseburger si può arrivare a tre e sessanta.
Ma ora che lo smashed in Italia è sdoganato aspettiamo la nuova frontiera. Il New York Times ha appena celebrato il “Patty Melt”, considerato il cugino troppo a lungo sotto stimato. Secondo i critici questa versione è migliore: tutto merito del pane, invece del classico bun l’hamburger è servito tra due fette di pane tostato. La carne croccante, la sottiletta di Cheddar, le cipolle e la salsa, che cambia con ricetta esclusiva in ogni locale, restano ingredienti fissi.
Tutte le fotografie sono di Stefano Vegliani