A pochi mesi dalla morte del leader del Gruppo Wagner, l’ormai dimenticato Evgeny Prigozhin, il Cremlino si sta organizzando per aumentare la sua impronta in Africa. Incoraggiata dalla ritirata francese e dall’emergere di nuovi governi golpisti nella regione del Sahel, Mosca mira a mettere insieme un contingente di circa ventimila uomini da distribuire in diverse basi entro i prossimi sei mesi. Un obiettivo decisamente ambizioso, poiché sarebbe una quantità di soldati nettamente superiore a quella della Wagner, che nei Paesi africani non ha mai superato l’ordine delle migliaia.
II nome semi-ufficiale della nuova struttura paramilitare creata dal ministero della Difesa russo è “Africa Corps”, e sebbene la notizia del loro esistenza sia stata ufficializzata solo recentemente con il dispiegamento in Burkina Faso, le procedure per subentrare alla attività della Wagner in Mali, Libia, e in misura minore nella Repubblica Centrafricana sono in corso da mesi. A occuparsi della transizione dalla Wagner all’Africa Corps è il vice-ministro della Difesa russo: il generale Yunus-bek Evkurov, ormai l’uomo di Vladimir Putin in Africa, che sta curando le relazioni con i governi e convertendo i ruoli di tutto il personale russo in loco – dalle unità militari al supporto tecnico e logistico – per trasferirli alla nuova organizzazione.
In linea di principio la procedura è semplice: tutti gli aspetti informali e più aziendali della compagnia privata di Prigozhin vengono in gran parte rimossi, lasciando intatto il nucleo delle funzioni della loro missione. Secondo un’inchiesta del Foreign Policy la ristrutturazione si sta concentrando nel Sahel, l’enorme regione che va dall’Oceano Atlantico al Mar Rosso, dove negli ultimi tre anni sono aumentati i Paesi retti da giunte golpiste favorevoli ad aumentare le relazioni con la Russia, mentre sparivano i governi vicini alla Francia e ai Paesi occidentali.
Le prime operazioni di rilievo attribuibili all’Africa Corps risalgono a novembre 2023, quando l’esercito del Mali ha riconquistato Kidal, una città dall’alto valore strategico nel cuore del Sahel che nel 2021 era caduta sotto il controllo delle milizie dei separatisti tuareg. Un’operazione di grande successo per la giunta militare al potere, fortemente voluta dai consiglieri russi a Bamako (capitale del Mali), e resa possibile dal supporto operativo degli uomini della Wagner.
L’Africa Corps che opera in Mali non è una struttura particolarmente nuova rispetto alla Wagner. Dalle informazioni che si hanno i mercenari hanno semplicemente ricevuto un’offerta dal Cremlino: lasciare l’incarico, o continuare sotto la bandiera della Russia. Il caso della Libia nord-orientale è simile a quello del Mali, gli ex-Wagner hanno firmato un contratto con il Ministero della Difesa russo, diventando membri dell’Africa Corps.
Il successo del Mali con la riconquista di Kidal ha convinto il Burkina Faso a chiedere il supporto dell’Africa Corps, il Niger ha fatto lo stesso (entrambi a gennaio). Inviti ufficiali che coronano il lungo lavoro diplomatico della Russia, diventato particolarmente evidente a settembre con il sostegno del Cremlino all’Alleanza degli Stati del Sahel (Aes – Alliance des Etats du Sahel), che riunisce Mali, Burkina Faso e Niger.
Mosca adesso è il partner militare di riferimento per questi tre Paesi retti da giunte golpiste, usciti dalla Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas) in contrapposizione con i Paesi della regione, e contrari alla cooperazione in materia di sicurezza con Francia e Unione europea. Il resto dell’Africa al momento interessa meno alla Russia, gli sforzi si concentrano nel Sahel, che insieme al Maghreb è la regione africana più vicina e di maggiore interesse per l’Europa, tra il controllo delle rotte migratorie, la lotta al terrorismo, e l’estrazione di materie prime; comprese alcune terre rare indispensabili per la transizione verde.
Tuttavia, i Paesi africani dovranno valutare molto attentamente il ruolo della Russia e alcune dinamiche che minano la prosperità del continente. Mosca infatti offre armamenti e sicurezza, ma anche strumenti di repressione e propaganda, e contribuisce poco a portare benefici alla gente comune in termini di beni, creazione di posti di lavoro, attrazione di investimenti esteri e sviluppo economico. Inoltre, un esame accurato dell’agenda economica della Russia in Africa rivela un’attenzione sconcertante sull’estrazione delle risorse, e su accordi commerciali che favoriscono in modo sproporzionato gli interessi russi. Questa forma di interferenza non solo impedisce l’istituzione di governi più pacifici, aperti e democratici, ma prolunga e potenzialmente aggrava le criticità e conflitti esistenti. Gli ultimi decenni hanno visto sconvolgimenti significativi nei Paesi che Mosca ha corteggiato o con cui ha collaborato: in Africa, in Medio Oriente, in Asia centrale e in Europa.
Dopo la crisi africana del debito degli anni Novanta i Paesi occidentali, che avevano delle colpe in quella crisi, hanno ridotto drasticamente gli investimenti in Africa lasciando un vuoto geopolitico che Russia e Cina vogliono colmare, e insieme a loro una lunga lista di potenze regionali, come Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iran e altri. Oggi le relazioni africane sono estremamente più fluide e spregiudicate che altrove, forse più che in qualsiasi altro continente del mondo, e per i governi in Europa e degli Stati Uniti, legati alle formalità diplomatiche e al rispetto del diritto internazionale, è un contesto molto più difficile in cui muoversi. Non sarà sufficiente invocare un non meglio specificato “Piano Mattei” per conquistare la fiducia di una realtà composta da governi così diversi tra loro, che in comune hanno solo la necessità di ricevere risposte immediate (e ben finanziate) alle loro necessità.