Le acrobazie della carta di riserva. Il bacio di Joe Biden imbarazza Giorgia Meloni che finora non ha mai detto una sola parola a favore di Donald Trump. La premier è costretta a tenersi alla larga dal tycoon che non ama l’Europa e promette di allentare l’impegno militare sul fronte ucraino. E non solo. Deve tenere barra dritta su Bruxelles, deve tenersi stretta Ursula von der Leyen se vuole entrare nella nuova maggioranza che si formerà dopo il voto del 9 giugno. È una posizione acrobatica, appunto, quella che tiene la leader di Fratelli d’Italia, in bilico sulle due sponde dell’Atlantico.
A rischio è però il suo ruolo nei confronti del Partito Popolare dove si guarda a lei per spostare a destra l’asse politico dell’Unione europea. Ma c’è una buona dose di ambiguità in questa parte di carta di riserva se l’esito elettorale dovesse pendere a favore di questa destra varia ma arrembante. A Palazzo Chigi è forte il timore di rimanere tagliata fuori dal grande gioco comunitario, di non essere una carta di riserva per tenere sotto controllo i confini del populismo e del sovranismo anti-europeo.
I socialisti, che hanno celebrato sabato il loro congresso a Roma, hanno lanciato un aut aut ai Popolari che non riguarda solo Identità e Democrazia di cui fanno parte Matteo Salvini, Marine Le Pen e l’estrema destra tedesca di Afd. La campana suona anche per Meloni e i Conservatori, soprattutto dopo avere imbarcato gli eurodeputati di Eric Zemmour e l’intenzione di aprire le porte pure Viktor Orban. Un’insalata (russa) indigeribile che restringe sempre di più il sentiero di Meloni, se si considera che nella sua maggioranza convivono posizioni diverse e contrastanti sulla Ucraina e Putin. Nelle Cancellerie a guida socialista ma anche in quelle Popolari (in Polonia Tusk è il più acerrimo nemico della destra filoputiana) guardano con sospetto alla tenuta di Roma sulla linea di Kyjiv che Salvini vorrebbe attenuare fino al disimpegno. Se poi Trump dovesse vincere le presidenziali americane, il richiamo della foresta per Meloni potrebbe rivelarsi assordante. Per questo il Pse, al netto della normale propaganda elettorale, ha dovuto alzare il volume della critica nei confronti della premier, la principale competitor di Elly Schelin.
L’imbarazzo di Meloni dunque cresce, i timori per il futuro geopolitico tra le due sponde dell’Atlantico sono molto forti. Il bacio “paterno” in testa di Biden è stato un gesto plateale che la premier italiana si sarebbe risparmiata, essendo alla Casa Bianca in veste di presidente del G7. Lo standing in queste situazioni ha un valore in sé: quello che a lei interessava non era certo questa esibizione di affetto. Interessava la sintonia sui dossier scottanti, su Gaza, sull’Ucraina e sui grandi interessi in gioco dei Paesi del G7 a livello mondiale. Fare la parte della ragazzina con il padre/nonno è una lama a doppio taglio nel momento di “stanchezza” delle opinioni pubbliche europee per le guerre. Pensate se una cosa del genere fosse successo alla Merkel? Impossibile, inimmaginabile. Tuttavia, spiegano dalle parti della Meloni, quel gesto potrebbe fare il gioco della premier. Potrebbe tornare utile.
Tutto sommato il saldo per lei è positivo: la vicinanza di Biden è un ulteriore passepartout per le alleanze europee proprio nel giorno in cui il Pse le dice vade retro satana. Essere messa sullo stesso piano di Salvini, Le Pen e l’estrema destra per Meloni sarebbe il fallimento del suo progetto politico. È un modo, quello socialista, di far passare l’idea che lei è un lupo travestito da pecora, come ha detto Nicolas Schmit, il lussemburghese candidato alla presidenza della Commissione Ue per il Partito socialista europeo.
Lei non si considera né lupo né pecora. Ma una acrobata baciata dalla fortuna un po’ sì.