«Una tempesta perfetta». Cosi la professoressa Maria Caramelli, dell’Istituto Zooprofilattico del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, ha definito la situazione che stiamo vivendo quando parliamo di sicurezza e alimentazione. Lo ha fatto in occasione del primo appuntamento di un ciclo di incontri dedicato a temi rilevanti nel settore agroalimentare, che anticipa ColtivaTo 2025, il festival nato «per raccontare a un pubblico di città l’agricoltura che sfama il mondo», attraverso una narrazione che tocca i temi della sostenibilità, tecnologia e futuro.
Un momento per discutere, riflettere e fare il punto della situazione su un argomento che può sembrare superficiale, come il cibo, ma che invece rappresenta un nodo cruciale per comprendere le comunità, anche quelle cittadine, e i problemi connessi a queste. «Il cambiamento climatico, gli scenari di guerra – continua Caramelli – stanno rendendo sempre più difficile l’accesso a un cibo sano e sicuro per tutti, anche nelle città. Questa nuova era del cibo si trasforma in diseguaglianze alimentari e pertanto in diseguaglianze di salute. Al tempo stesso il cibo viene accusato di essere un motore del cambiamento climatico, imputando alla produzione alimentare parti importanti dell’emissione di gas climalteranti. Troveremo un equilibrio?». Sono domande che richiedono attenzione e luce, perché partono da presupposti diametralmente opposti, che devono in qualche modo trovare un equilibrio perfetto.
L’agricoltura e gli allevamenti finiscono spesso, infatti, nel banco degli imputati quando si tira in ballo il problema della sopravvivenza stessa del pianeta, ma l’obiettivo finale dev’essere obbligatoriamente quello di trovar loro invece un ruolo chiave nel processo di sostenibilità ambientale e sociale. E mentre le politiche per ridurre l’uso degli agrochimici, ad esempio, sono sempre più dibattute, i consumatori dall’altra parte sono sempre più preoccupati per ciò che mangiano.
Ecco quindi che gli incontri come quello di Torino debbono far riflettere sul tema della sicurezza alimentare nel senso più ampio: la sicurezza dei prodotti che consumiamo e i loro effetti sulla nostra salute, così come la disponibilità del cibo per tutti per evitare disuguaglianze. Ora più che mai, dopo anni di abbondanza, è necessario affrontare queste questioni razionalmente, analizzando ciò che sta accadendo e prestando attenzione ai controlli nel nostro Paese e all’importanza di trasmettere queste informazioni alle generazioni future.
Quello che è emerso dalla discussione di Torino però mette in evidenza anche un’altra questione, che è quella legata alla sicurezza alimentare nella sua totalità, alla necessità di operare in un’apertura mentale, in grado di abbracciare non solo quello che può essere il nostro orticello, ma ragionando su un sistema alimentare che è globale e interconnesso tra tutti gli attori presenti nel mondo. Caramelli lo spiega molto bene: «Molte delle molecole che fanno paura sono tossine naturali che aumentano nelle derrate alimentari. Noi siamo un Paese importatore e ci troviamo a importare adesso tante cose, che magari sono già contaminate da microtossine nei paesi da cui arrivano»
Con il cambiamento climatico e l’aumento della temperatura questi elemento patogeni riescono a proliferare meglio, producendo quindi un rischio nella salute dell’uomo. Questo cosa sta a significare per le persone meno abbienti? Sicuramente un rischio maggiore, rispetto a quello che corrono coloro che hanno una capacità di spesa più alta e accesso a alimenti qualitativamente migliori. È un cane che si morde la coda, ma che necessita di responsabilità da parte di tutti per interrompere un circolo vizioso, che alla lunga può portare a una crisi ancora più profonda. «Il problema quindi è la malnutrizione, dove in città può significare anche obesità: il cibo meno costoso, infatti, spesso è più processato e ricco di additivi, che si accumulano nel nostro organismo, provocando tutta una serie di problematiche, che possono diventare anche croniche». Una cronicità della povertà alimentare, insomma, che in qualche modo va combattuta, oltre che discussa sul piano della riflessione.
L’incontro, dal titolo “Il cibo in città: dopo l’era dell’abbondanza, quale sicurezza e disponibilità?”, è stato il punto di partenza, un modo per smuovere acque, coscienze e spirito scientifico. L’evento è stato introdotto da Maria Lodovica Gullino, fitopatologa, imprenditrice e responsabile scientifico di ColtivaTo, e ha avuto la partecipazione di esperti come Andrea Pezzana della SC Nutrizione Clinica, ASL Città di Torino, Chiara Saraceno e Kalliopi Rantsiou dell’Università degli Studi di Torino, Guido Cerrato della Camera di commercio di Torino e Manuele Degiacomi dell’Ecofficina. Ora il ciclo incontri continua, verso il momento più importante per il prossimo 2025.
Coltivato è il festival dell’agricoltura, quella vera, fatta di numeri e dati scientifici, in un’ottica di economia e lavoro, di innovazione, di scienza e tecnologia, senza dimenticare i temi della sostenibilità e del cambiamento climatico, strettamente connessi al mondo agricolo.
Coltivato ha cadenza biennale, con incontri tra un’edizione e la successiva, e si rivolge al pubblico con rigore scientifico e spirito critico, apertura e curiosità. Propone seminari strettamente scientifici e incontri dal taglio divulgativo, interviste e tavole rotonde, concerti e spettacoli, visite guidate e molto altro ancora.