A pieni polmoniA proposito di qualità dell’aria e agricoltura

Analizzando l’ultimo rapporto Ispra, l’Italia si muove con azioni concrete e i dati del settore agricolo e zootecnico sono più che promettenti

Bastano pochi chilometri verso la campagna, allontanandosi dai principali centri abitati per trovare aria buona, più fresca, più pulita. Non è soltanto un modo di dire bensì un dato verificato e che ogni anno si cerca di rendere migliore. L’inquinamento atmosferico può essere definito come la presenza in aria di una o più sostanze in concentrazione tale da avere la potenzialità di produrre un effetto avverso. Gli inquinanti considerati più dannosi – in quanto con maggiori effetti negativi verso l’atmosfera – sono i gas inorganici (biossido di zolfo, ossidi di azoto, biossido di azoto, monossido di carbonio, ozono), composti organici volatili (quali ad esempio benzene e formaldeide) e il materiale particolato aerodisperso (una sospensione di particelle solide o liquide disperse in aria di diversa dimensione e composizione).

In larga parte del territorio dell’Unione europea non sono ancora rispettati i valori limite e i valori obiettivo previsti dalle direttive, sebbene si osservi una lenta – e faticosa – riduzione dei livelli di inquinanti. Nel quadro europeo, l’Italia con il bacino padano, rappresenta ancora una delle aree dove l’inquinamento atmosferico è più rilevante.

L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) è ente pubblico di ricerca, sottoposto alla vigilanza del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase). In questo contesto, fornisce supporto al ministero nelle attività di comunicazione a livello europeo dei dati e delle informazioni sulla qualità dell’aria sul territorio nazionale, raccogliendo le informazioni trasmesse da regioni e province autonome e gestendone il flusso verso l’Europa.

A proposito di cause e fatti scatenanti, qual è il peso dell’agricoltura e dell’allevamento in Italia in rapporto alla qualità dell’aria? Secondo gli ultimi dati di Ispra, l’attività agricola in Italia causa meno dell’8 per cento delle emissioni complessive di polveri sottili mentre trasporti, riscaldamenti e attività industriali sono responsabili del restante 92 per cento.

L’ultimo rapporto Ispra Italian Emission Inventory 1990 – 2021. Informative Inventory Report 2023 informa puntualmente sullo stato delle emissioni in atmosfera, divise per fonte e categoria, e compara quest’ultime con una serie storica che risale al 1990. Il quadro che emerge testimonia miglioramenti importanti: nel periodo considerato l’Italia ha compiuto uno sforzo significativo per ridurre le emissioni in tutti i settori (eccetto quello del riscaldamento domestico), con punte di eccellenza per i trasporti su strada e alcuni settori industriali. Anche l’agricoltura ha fatto la sua parte, contribuendo al miglioramento della qualità dell’aria. Inoltre, va ricordato che agricoltura e silvicoltura contribuiscono primariamente alla produzione di ossigeno e alla cattura e allo stoccaggio della CO2 dall’atmosfera (fattori primari di qualità dell’aria). Entrambe forniscono servizi ecosistemici di abbattimento delle polveri sottili e della rimozione degli inquinanti emessi dagli altri settori.

La congiuntura climatica creatasi nell’Italia del nord nel mese di febbraio ha evidenziato la problematica della concentrazione di polveri sottili, soprattutto nella Pianura Padana. Sul tema del particolato, l’Ispra ha certificato che l’agricoltura, in tutto il territorio nazionale, è responsabile dell’11,6 per cento del PM10 e del 3,6 per cento del PM2,5, ma il complessivo ammontare del particolato (PM10 e PM2,5) emesso da fonti agricole è sceso dalle 40.600 tonnellate nel 1990 alle 28.700 tonnellate del 2021 (-28,5 per cento). Purtroppo, il riscaldamento domestico, la principale fonte di particolato, è aumentato da 135 mila tonnellate alle 195 mila tonnellate nel 2021 (+44 per cento), a causa soprattutto della diffusione del riscaldamento a pellet di legna.

Per quanto riguarda i trasporti stradali questo settore ha fatto grandi passi avanti negli ultimi trent’anni ma purtroppo i trasporti sono responsabili di altri inquinanti dannosi alla salute, come gli ossidi di azoto, dei quali emettono il 42 per cento, mentre l’industria dei solventi riversa in atmosfera il 37 per cento delle sostanze volatili non metano (NMVOC). L’agricoltura, dal canto suo, è responsabile dello 8,6 per cento dei primi e del 14 per cento dei secondi. L’unico settore di emissioni in cui l’agricoltura è prevalente sono quelle di ammoniaca col 95 per cento del totale (per effetto quasi paritario dei concimi chimici e delle deiezioni animali). Tuttavia, le emissioni globali di questo volatile sono calate del 24 per cento dal 1990 in modo costante e lineare. Le emissioni di altri inquinanti nel settore agricolo come metalli pesanti, ossidi di zolfo, monossido di carbonio, polveri di carbone, ecc. sono irrilevanti.

L’unica categoria in cui questo settore questa gioca un ruolo rilevante sono le emissioni di ammoniaca, il cui pericolo è collegato alla trasformazione di questo composto in polveri sottili.

Courtesy photo Unspalsh

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