Il grande bluffMeloni e la promessa farlocca di una vittoria sovranista in Europa

La presidente del Consiglio sa che dopo il voto di giugno il centrodestra italiano non avrà la maggioranza nel Parlamento europeo, sa che si dividerà sulla scelta del presidente della Commissione Ue e sa che dovrà rimangiarsi le cose che sta dicendo adesso

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Il nome Giorgia nella scheda elettorale è stato l’effetto pirotecnico che ha monopolizzato l’attenzione dei suoi fan entusiasti – lei è una di noi – e dei suoi avversari, ma anche dei suoi alleati che temono di essere decimati al voto del 9 giugno. È chiaro che le campagne elettorali sono fatte veicolando forza, determinazione, sogni e pillole indorate che gli elettori ingurgitano. La leader di Fratelli d’Italia è diventata una maestra in questo sulla scia di Silvio Berlusconi, il vero campione della promozione politica. La cosa più importante che Meloni sta tentando di vendere al popolo di centrodestra è che a Bruxelles, dopo il voto del 9 giugno, si potrà formare una maggioranza a immagine e somiglianza di Roma per cambiare l’Europa. Ben sapendo che questo non sarà possibile. È stata però sincera quando ha detto dal palco di Pescara che sarà molto difficile mandare i Socialisti all’opposizione: difficile ma possibile, ha aggiunto, e quindi chiede il massimo del consenso, talmente straripante da tentare l’impresa.

È il grande bluff. Meloni sa perfettamente che mandare all’opposizione i pur malconci Olaf Scholz e Pedro Sanchez non è possibile: se li troverà vivi e vegeti attorno al tavolo del Consiglio europeo, dove si decidono veramente le questioni e verrà indicato il nome del prossimo presidente della Commissione europea. Se pensa di relegare in piccionaia uno come Emmanuel Macron, nonostante dovesse perdere malamente contro Marine Le Pen, se lo può scordare. Se crede che il Partito Popolare europeo sia tutto come Forza Italia, che fa parte della sua coalizione, ha fatto male i conti al punto che una buona parte di quel partito l’ha puntata. Ursula von der Leyen si è addirittura indebolita anche, e non solo, per la liaison con lei. Nel Ppe c’è chi mette mano alla pistola quando sente parlare di Viktor Orbán e dei Conservatori polacchi, tutti amici di Meloni, suoi attuali e futuri alleati.

Ma tutto questo Meloni lo sa perfettamente. E non è plausibile che lei creda di potere cambiare Bruxelles e Strasburgo sull’onda di un successo elettorale clamoroso, mentre tutti gli altri prend0no una batosta altrettanto clamorosa. E allora, non essendo una folle, sa che quello che dice oggi è, appunto, un grande bluff. Compreso il fatto che mai farà accordi con i Socialisti, mai sosterrà il Green Deal pensato da «burocrati chiusi in un palazzo di vetro». Lei dice di essere così, «prendere o lasciare».

Il grande bluff farà puff quando Meloni, per contare qualcosa in Europa, dovrà scegliere se portarsi dietro tutte le destre, pure quelle più oscene e impresentabili, oppure rimettere nel cassetto l’antieuropeismo che sta tirando fuori per l’occasione elettorale.

Il centrodestra italiano non avrà la maggioranza nel Parlamento europeo. A Strasburgo sarà costretto a dividersi quando si tratterà di votare chi guiderà la Commissione Ue, su indicazione  del Consiglio europeo formato dagli attuali capi di Stato e di governo. Il centrodestra dovrà scendere a un compromesso quando si tratterà di gestire la prossima legge di bilancio sotto la scure del nuovo Patto di stabilità approvato in via definita ieri dal Consiglio dell’Ue dopo il via libera dell’Europarlamento, dove tutti i partiti italiani si erano astenuti. Ieri invece il rappresentante del governo italiano ha votato a favore. 

Quando si tratterà di mettere in fila i conti e non più i voti, di rientrare di tot miliardi all’anno dal debito pubblico, trovare i soldi per confermare il taglio del cuneo fiscale, per fare la riforma del fisco e dare il bonus sulle tredicesime, ecco che le chiacchiere staranno a zero. Così come lo saranno quando dovrà trattare con Eurostat la rateizzazione del buco di duecento miliardi provocati dal superbonus edilizio. Non basterà contare le schede elettorali con il nome di Giorgia. 

Non serviranno i proclami «Mai con i Socialisti», quelli sì, quelli no, «l’Europa delle Nazioni». Meloni dovrà, a un certo punto, girare le carte del bluff. Nessuno le regalerà niente. Dovrà navigare a vista, anche di Parigi e Berlino, e lasciare a terra Matteo Salvini che rimarrà in compagnia dell’orribile Roberto Vannacci. Altrimenti perderà, e con lei anche l’Italia.

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