Quante volte ci è capitato di essere invitati a cena da amici che cucinano così bene da accettare con entusiasmo e ricambiare poi con il complimento più bello per chi ama cimentarsi ai fornelli: «Dovresti aprire un ristorante!».
Altra scena, a pranzo la domenica dalla mamma, con le ricette di famiglia preferite e quell’atmosfera casalinga ma curata che riempie il cuore di gioia e ci distrae dal fatto che il lunedì incombe; qui cementiamo le nostre certezze: «In nessun ristorante si mangia bene come a casa (della mamma)!».
Ebbene, tra il cucinare con perizia per diletto, e per la gioia degli ospiti, e il lanciarsi in un’attività imprenditoriale seria e impegnativa come l’apertura di un locale c’è una via di mezzo, sempre più affermata, che permette ai cuochi amatoriali di offrire i propri piatti forti a commensali sconosciuti, traendone una forma di guadagno oltre che di gratificazione personale.
Si tratta dell’home restaurant, una possibilità concessa a chi desidera aprire occasionalmente la porta di casa a ospiti che gusteranno pranzi o cene preparati per l’occasione, naturalmente nel rispetto di determinati vincoli di legge (ad esempio circa il numero di giorni di attività, il fatturato annuo massimo, l’aver ottenuto la certificazione Haccp e così via, ma la normativa specifica è ancora in via di definizione).
Il successo e la diffusione di questa formula, nata più di venti anni fa, sono in costante aumento, e ben presto ha trovato una sua naturale collocazione in una dimensione principalmente turistica. Le persone che si trovano in un contesto geografico diverso da quello di tutti i giorni sono quelle che cercano un modo alternativo al ristorante per conoscere la realtà culinaria tradizionale di quel luogo. Nella propria città si mangia a casa di amici, o della mamma di cui sopra, ma in una città dove non si conosce nessuno, dove i locali non propongono facilmente i piatti della cucina di casa e le ricette “della nonna”, come si fa a provarle?
Nel tempo poi l’offerta si è ulteriormente arricchita, non ci si limita solo a far assaggiare le ricette tradizionali ma si cerca di trasmettere un’esperienza formativa completa, per far conoscere la cucina del territorio nella sua interezza e non solo attraverso ciò che si scopre nel piatto stando seduti a tavola.
Ecco allora il valore aggiunto dato dall’accompagnare il cuoco casalingo dai produttori diretti o al mercato, per fare la spesa assieme e imparare a trattare i prodotti locali toccandoli con mano, letteralmente. Di più: in aggiunta o al posto della cena si può cucinare assieme al cuoco, una lezione one-to-one ai fornelli che permette di imparare le ricette locali mettendo le mani in pasta, e non solo leggendole da un testo o da un sito.
Dunque tutta la questione si sposta da un semplice “mangiare a casa di” al vivere una dimensione esperienziale molto più vasta e completa ed è facile intuire il successo che queste formule stanno riscuotendo in un Paese come l’Italia, dove la cucina esercita da sempre un forte richiamo e dove il turismo enogastronomico è in costante ascesa (il suo impatto economico è stato valutato da Coldiretti vicino ai trenta miliardi di euro nel 2022).
Conferma arriva anche da Cesarine, piattaforma di food experiences nata a Bologna nel 2004 per volontà della docente universitaria Egeria di Nallo come Associazione per la Tutela e Valorizzazione del Patrimonio Gastronomico Culinario Tipico d’Italia. Dal 2014 l’associazione è stata rilevata dall’imprenditore tech Davide Maggi, fondatore e ceo di Home Food che ha reso Cesarine digital creando la piattaforma attuale e portandole ad essere società benefit, riconosciuta come comunità diffusa Slow Food per la salvaguardia della cucina tradizionale italiana dal 2019.
Il portale di Cesarine raccoglie circa 1.500 cuoche e cuochi amatoriali operativi su 450 destinazioni in tutta Italia e che lo scorso hanno aperto le porte di casa a oltre 48.000 ospiti (con un aumento del 65 per cento rispetto al 2022).
Anche in questo caso non si parla solo dell’opportunità di partecipare a pranzi e cene, ma bensì di corsi di cucina e tour enogastronomici che vanno dalle visite con degustazione in cantina e vigneti, spese ai mercati di quartiere, giornate negli orti e nei luoghi di produzione di tipicità locali come olio e formaggi.
Queste esperienze attraggono una clientela per lo più internazionale, soprattutto americani, canadesi, australiani, tedeschi e in generale nordeuropei, ma anche gli italiani stanno cominciando ad apprezzare la possibilità di conoscere le tradizioni di altre regioni.
In occasione dei festeggiamenti per i vent’anni di attività la piattaforma ha diffuso anche alcuni dati sulla propria attività e tra le zone più richieste nel 2023 in prima posizione è risultata Venezia, seguita dal lago di Como, due destinazioni che da sole hanno registrato 6.500 presenze. Segue Firenze, con 2.700 presenze, e poi il Chianti e tutta la Toscana, con Montepulciano, Lucca e Siena che hanno registrato quattromila presenze. Molto richieste anche le Cinque Terre e la Costiera Amalfitana, con Sorrento e Positano che si confermano le più ambite (quasi tremila presenze).
Non mancano le grandi città d’arte, come Bologna, Milano, Roma, Napoli; trend in crescita per la Sicilia, che si prevede molto richiesta nel 2024 soprattutto da una clientela americana e con Palermo, Messina, Catania, e Taormina tra le destinazioni preferite.
Questo articolo fa parte del dossier “A tutti i costi”, il tema del Festival di Gastronomika 2024 che si svolgerà a Milano dal 19 al 20 Maggio.