«Generazione verde»Gli attacchi russi alle infrastrutture energetiche ucraine e il ruolo delle rinnovabili

I contratti europei del gas sono cresciuti di valore dopo i recenti bombardamenti di Mosca a due siti di stoccaggio nell’Ucraina occidentale. L’Ue, però, oggi ricava una quota limitata dei propri consumi di gas tramite i gasdotti di Kyjiv, il che potrebbe scongiurare un aumento dei prezzi dell’energia. Nel frattempo, al posto delle centrali distrutte bisogna far spazio a solare ed eolico

AP Photo/LaPresse (ph. Vadim Ghirda)

La guerra della Russia all’Ucraina è anche una guerra ai prezzi internazionali dell’energia? Intervistato dal Guardian, Andriy Kobolyev – è stato amministratore delegato di Naftogaz, la compagnia petrolifera statale ucraina – ha detto che «la Russia sta cercando di condurre una guerra energetica globale e l’Ucraina fa parte di questa guerra; se i mercati percepiscono che la Russia sta vincendo la guerra, le conseguenze saranno molto gravi. Si assisterà a un’impennata dei prezzi in tutto il mondo». L’ex-dirigente ritiene dunque che se i russi continueranno a colpire le infrastrutture energetiche ucraine si verificherà un aumento significativo dei prezzi del gas naturale nell’Unione europea.

In effetti, i contratti europei del gas sono cresciuti di valore subito dopo i recenti attacchi della Russia a due siti di stoccaggio nell’Ucraina occidentale. Il Cremlino ha colpito con missili e droni anche la grande centrale elettrica di Trypilska, fondamentale per Kyjiv e non solo. Se la crisi dovesse aggravarsi ancora, l’impatto sul sistema energetico europeo potrebbe essere doppio: da un lato, l’Ucraina potrebbe doversi affidare maggiormente alle importazioni di elettricità e gas dall’Europa per compensare la distruzione dei suoi impianti di generazione; dall’altro, l’Ue potrebbe non riuscire a sfruttare i depositi ucraini per conservare il proprio gas e prepararsi al meglio al prossimo inverno.

L’Ucraina, infatti, possiede una grande capacità di stoccaggio, la più grande di qualsiasi altra Nazione del continente a ovest della Russia. I siti si trovano nella parte occidentale del Paese, vicino al confine con la Polonia, e sono sottoterra, anche a due chilometri di profondità; sono inoltre già collegati alla rete gasifera europea. Considerate tutte queste caratteristiche favorevoli, l’Unione europea ha un piano: importare grandi quantità di gas in estate in previsione della prossima stagione fredda fino a riempire gli stoccaggi comunitari, e depositare i volumi eccedenti in Ucraina. Poter contare su scorte così abbondanti permetterebbe al blocco di proteggersi dalla volatilità dei prezzi del gas – una conseguenza della maggiore esposizione ai mercati internazionali, dopo il distacco da Mosca –, tutelandosi da eventuali impennate nei mesi invernali.

A sua volta, Kyjiv sta cercando di attirare le società europee, offrendo loro la possibilità di stoccare complessivamente dieci miliardi di metri cubi di gas nei suoi impianti. Alcune aziende, come la britannica Shell, l’hanno già fatto, e altre potrebbero iniziare: Naftogaz ne sta infatti discutendo con la tedesca RWE, con le francesi Engie e TotalEnergies e con la norvegese Equinor, tra le altre. Gli attacchi russi, però, sebbene al momento non abbiano compromesso i siti di storage, potrebbero far naufragare questi progetti.

Andriy Kobolyev ha dichiarato al Guardian che «se i mercati energetici europei iniziano a credere che i russi stanno vincendo questa guerra, questa cosa avrà un drammatico effetto negativo sui prezzi dell’energia». L’Unione, in verità, ha ridotto notevolmente la sua dipendenza da Mosca negli ultimi due anni: prima dell’invasione il gas russo valeva oltre il quaranta per cento delle importazioni comunitarie mentre oggi soltanto il quindici per cento (otto per cento se si considerano solo i flussi via tubo); i prezzi medi sono tornati ai livelli pre-guerra (anche se la volatilità è superiore) e gli stoccaggi si avviano verso l’estate pieni al sessanta per cento circa (un record per questo periodo dell’anno).

«Un’eventuale escalation degli attacchi russi alle infrastrutture gas ucraine avrebbe un impatto pressoché nullo sui prezzi europei dell’energia», ha spiegato a Linkiesta Simona Benedettini, consulente in politiche energetiche e co-autrice di “La nuova Unione dell’Energia”. «Questo per due motivi, essenzialmente. In primo luogo, già oggi l’Europa approvvigiona una quota molto limitata dei propri consumi gas tramite i gasdotti ucraini (circa il tre per cento). In secondo luogo, i contratti tra Russia e Ucraina per l’utilizzo delle infrastrutture di trasporto gas ucraine scadranno a fine anno e l’Ucraina ha dichiarato l’intenzione di non volerli rinnovare». Al riguardo, conclude l’esperta, «il commissario europeo all’Energia, Kadri Simson, è stata molto chiara: l’Europa può fare a meno del rinnovo di tali contratti poiché la politica di diversificazione degli approvvigionamenti l’ha resa indipendente dal gas russo».

Kobolyev ha dipinto al Guardian un quadro negativo del sistema energetico ucraino. Ha spiegato che i russi, dopo aver colpito la rete di distribuzione elettrica, hanno cominciato a prendere di mira i grandi impianti a carbone e a gas, che sostengono il mix. A causa dei danni alle infrastrutture, l’ex-capo di Naftogaz pensa che «assisteremo a estesi black-out (in Ucraina, ndr): questa è la realtà, e lo è perché non abbiamo accesso alle difese aeree e agli aerei da caccia per combattere le loro bombe plananti». In primavera la domanda energetica è bassa, ma cresce parecchio in inverno. Le soluzioni presentate da Kobolyev sono allora due: la dotazione di armi all’Ucraina e lo sviluppo di «un nuovo sistema di generazione distribuita e protetta in tutto il Paese» in sostituzione delle centrali distrutte. «È giunto il momento di creare una generazione verde diversificata o distribuita di dimensioni ridotte in Ucraina» attraverso i finanziamenti occidentali.

Nel 2019 il nucleare rappresentava il cinquantaquattro per cento della produzione elettrica ucraina e l’idroelettrico un altro cinque per cento. Nel primo anno dall’inizio dell’occupazione russa il paese ha costruito più turbine eoliche a terra del Regno Unito. C’entra anche il fatto che i parchi eolici e solari sono più difficili da distruggere con i missili rispetto alle centrali fossili perché, essendo composti da tante turbine o da tanti pannelli, sono più dispersi sul territorio e più semplici da riparare o sostituire in caso di danni. Inoltre – come spiegava Ben Cahill, ricercatore del CSIS, al Washington Post – l’aumento delle installazioni rinnovabili nonostante la guerra è la dimostrazione che l’Ucraina vuole legare il suo futuro all’Unione europea e non alla Russia. Ma realizzare la transizione ecologica mentre la popolazione e le infrastrutture sono sotto attacco è un’impresa davvero ardua.

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