I paragoni con il 1938 danno i brividi però ti costringono a farli. Oggi come allora i gruppi dirigenti dei paesi liberi stantuffano ragionamenti da cui non traggono le logiche conseguenze, arzigogolano di scenari invece di prendere decisioni, rinviano ad altra data la riunione decisiva. L’impressione è che si perda tempo in chiacchiere. Fanno eccezione Joe Biden, che ha strappato con le unghie e i denti i sessanta miliardi di dollari per l’Ucraina, ed Emmanuel Macron, il solo ad aver posto la questione nei suoi giusti, diremmo obiettivi, termini: ora che la Russia si avvicina che facciamo? Possiamo discutere dell’ipotesi di un sostegno a Kijiv con i nostri uomini?
Non c’è dubbio che il presidente francese, piaccia o no, sia stato capace di lanciare la sfida in assenza di manifestazioni di esistenza in vita da parte degli altri colleghi europei, e di questo gli va dato atto. Ma ha ricevuto solo risposte negative.
Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha ribadito che si è trattato di una «fuga in avanti». Può darsi che il tradizionale spirito di grandeur abbia avuto un peso sulla sortita macroniana ma almeno lui è stato coerente tra l’analisi – il pericolo russo incombe – e le conseguenze – pensare a un intervento diretto. Crosetto no. Il ministro fa lo stesso ragionamento del presidente francese ma non ne trae alcuna indicazione sul da farsi. Probabile che lo faccia per prudenza (ma allora perché rilascia interviste?).
Inutile parlare poi della campagna elettorale italiana nella quale persino i partiti solidali con l’Ucraina di tutto stanno parlando tranne che di questo se non per alzare il ditino e dire il solito «armiamoci e partite». Da Elly Schlein a Matteo Renzi a Carlo Calenda, per una volta concordi, Macron sbaglia e «divide la Ue» (così ieri il leader di Azione). Intanto però adesso tutti si accorgono che Vladimir Putin non si ferma e non si fermerà, ammassa armi nucleari, minaccia disastri e attentati, forse puntando dritto sulla Bielorussia o sulla Moldavia o su tutt’e due mentre scatena la sua forza repressiva in Georgia.
Ora si legge che ci sono «i piani della Nato»: e meno male! Crosetto afferma giustamente che «se la Russia conquista l’Ucraina nessuno si sentirà al sicuro» e nel quadro delle notizie di questi giorni purtroppo non è un’ipotesi di scuola. Ma allora, ministro, che cosa propone di fare? La diplomazia, risponde. Ma dov’è la diplomazia con Putin?
Questo ha il diritto di sapere l’opinione pubblica europea e soprattutto il popolo ucraino che continua a essere massacrato mentre i governanti europei cincischiano: forse hanno messo nel conto che l’inerzia della guerra porterà a una vittoria del Cremlino senza squilibrare più di tanto l’ordine internazionale. Esattamente l’atteggiamento mentale di Neville Chamberlain e Édouard Daladier in quei lugubri giorni di Monaco. Stavolta sono proprio la Francia e il Regno Unito a dimostrare maggiore consapevolezza dei rischi che il mondo corre se non si sconfigge Putin. C’è da sperare in questa nemesi storica. E che gli altri Paesi seguano. In fretta.