Due velocità In Italia l’energia pulita resta un affare di famiglia

La crescita delle rinnovabili italiane nel 2023 è incoraggiante, nonostante i soliti problemi che ci allontanano dalle eccellenze continentali. I piccoli impianti sono sempre più diffusi, ma la carenza di progetti imponenti rallenta la nostra transizione verde

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Nel 2023 in Italia sono stati attivati circa 5,8 gigawatt di nuova capacità da fonti rinnovabili, un valore nettamente superiore alle installazioni registrate nel 2021 (un gigawatt) e nel 2022 (tre gigawatt). Parliamo, nello specifico, di 66.203,93 megawatt di potenza complessiva e di un +9,6 per cento rispetto al 2022. Non solo: le rilevazioni di Terna raccontano anche un robusto aumento su base annua della produzione di energia elettrica da eolico, fotovoltaico e soprattutto idroelettrico. E benché il quadro generale non sia stato positivo, considerato il calo della domanda elettrica e in particolare dei consumi industriali, lo è stato almeno il contributo delle fonti pulite, cresciuto complessivamente di oltre il quindici per cento. 

La situazione sembra sulla via del miglioramento: nei primi quattro mesi del 2024 il fabbisogno nazionale di elettricità è salito di quasi l’un per cento, però i comparti energivori faticano ancora. È accelerata, invece, la crescita delle rinnovabili e in particolare del solare, favorito dalla facilità di collocamento dei pannelli: da gennaio ad aprile la capacità rinnovabile in esercizio è aumentata di 2,3 gigawatt, coperta quasi interamente dal fotovoltaico, segnando il quarantacinque per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2023. Ad aprile le rinnovabili hanno soddisfatto oltre la metà della domanda elettrica: un anno prima si erano fermate al trentasei per cento. 

«Sebbene ancora lontani dal necessario boom di installazioni registrato nell’ormai lontano 2011», quando si superarono i dieci gigawatt di nuove installazioni per effetto dei sussidi, «e dalla crescita necessaria per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030, l’Italia inizia a muoversi nella giusta direzione», scrive Legambiente nel suo rapporto “Comuni rinnovabili”, presentato di recente. L’associazione ambientalista sottolinea i numeri del fotovoltaico, che però in buona parte arrivano da impianti piccoli, dalla potenza inferiore ai dodici kilowatt: un dato, si legge, «che racconta come soprattutto le famiglie […] hanno deciso di investire in questa tecnologia, ma preoccupante per il raggiungimento degli obiettivi climatici».

La transizione energetica ha bisogno infatti di parchi solari (ed eolici) di grandi dimensioni e capaci di fornire elettricità alla rete, che però in Italia scarseggiano. È un problema, perché le stime dicono che per rispettare l’obiettivo di riduzione delle emissioni del 43,7 per cento al 2030 il nostro Paese dovrebbe installare dodici gigawatt di nuova capacità pulita ogni anno. «Non è possibile installare dodici gigawatt all’anno solo attraverso i piccoli impianti», ha dichiarato a Reuters Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità Futura. La costruzione di grandi impianti rinnovabili è tuttavia complicata dalla lentezza dei processi autorizzativi, dalla carenza di infrastrutture che li colleghino alla rete elettrica, dalle caratteristiche del territorio italiano (montuoso e densamente popolato) ma talvolta anche dalla volontà di preservare il paesaggio e dall’opposizione delle comunità locali. 

D’altra parte, la crescita del fotovoltaico residenziale è legata principalmente alle agevolazioni fiscali previste dal Superbonus. Come scrivevano Carlo Stagnaro e Matteo Villa su lavoce.info, «tra giugno 2020 e oggi (l’articolo è del novembre 2023, ndr) l’Italia ha installato sette gigawatt di fotovoltaico, ma senza Superbonus 110 per cento è probabile che ci si sarebbe fermati a 4,5 gigawatt. Oltre un terzo (il trentasei per cento) delle installazioni fotovoltaiche nel nostro paese sarebbe dunque stato “spinto” dal Superbonus». Gli incentivi hanno trainato le installazioni di capacità solare, in sostanza; ma cosa succederà una volta che spariranno?

Tra scadenza del Superbonus e difficoltà di sviluppo dei progetti utility-scale (di grandi dimensioni), Davide Chiaroni, responsabile dell’ultimo Renewable Energy Report del Politecnico di Milano, prevede che nel periodo 2025-2026 si assisterà a un «forte rallentamento delle installazioni, dovuto ai ritardi normativi nell’approvazione dei decreti incentivanti e delle misure abilitanti necessari agli impianti di grande taglia. Questo ci porta a stimare che nel prossimo biennio non si andrà oltre gli 1-1,5 gigawatt l’anno per il fotovoltaico e ai 400-500 MW per l’eolico». Bisogna fare di più, si farà di meno.

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