I democratici avevano da tempo visto arrivare la disfatta di Joe Biden, ma non nelle dimensioni tragiche e catastrofiche in cui è andata in onda ieri negli studi della Cnn. Durante il primo dibattito televisivo tra i due candidati alle elezioni presidenziali del 5 novembre, il presidente degli Stati Uniti è apparso incapace di far fronte al fiume di menzogne dell’avversario Donald Trump. Biden non è riuscito nel suo intento principale: rassicurare il paese sulle sue condizioni di salute e la sua effettiva candidabilità. L’effetto è stato opposto. Le risposte del Presidente sono risultate confuse, la voce roca e sibilante, le frasi incomprensibili e inefficaci nel contrastare l’arroganza dell’avversario. «Biden si è presentato al paese promettendo competenza e stabilità, ma quest’immagine è chiaramente minata da ogni sospetto di declino cognitivo», aveva scritto qualche giorno fa il Los Angeles Times, e ciò è sempre più evidente alla luce della performance deludente di ieri.
In un Partito Democratico già frammentato tra i pro Biden e coloro che vorrebbero presentare un altro candidato, la possibilità di una sostituzione in corsa è sempre più concreta. Non esiste però una procedura codificata. Nel sistema politico statunitense, chiunque voglia candidarsi può farlo e deve prima sottoporsi alle primarie, quelle in cui Biden ha ottenuto il novantacinque per cento dei voti.
La nomina di Joe Biden dovrebbe essere ratificata durante la Democratic National Convention in programma tra il 19 e il 22 agosto a Chicago. Avendo però ottenuto il sostegno della stragrande maggioranza, Biden potrebbe essere sostituito solo in caso di un ritiro volontario. A quel punto, spetterebbe ai leader del partito scegliere chi preferiscono, non solo tra coloro che si erano candidati alle primarie. «C’è un senso di shock per come è uscito all’inizio di questo dibattito. Come suonava la sua voce. Solo lui può però decidere se continuare», ha detto alla Cnn David Axelrod, uno dei principali consiglieri dell’ex presidente Barack Obama.
L’ipotesi ritiro prima della Convention
Se mai il presidente uscente dovesse ritirarsi prima della convention di agosto, si aprirebbe uno scenario imprevedibile. Non essendoci una procedura automatica, non è detto che l’immediato sostituto sia l’attuale vicepresidente Kamala Harris. Il candidato presidente e il suo vice sono oggetto di due votazioni separate. Un ritiro di Biden non dirotterebbe quindi i voti alla sua vice Harris, che dovrebbe cercare il consenso dei singoli delegati, «oscuri funzionali locali che vivono la partecipazione alle convention come una specie di viaggio premio», come li definisce la Nbc. Solamente alla seconda votazione si aggiungerebbero i «superdelegati», esponenti del partito più esperti che potrebbero ribaltare il risultato.
L’ipotesi ritiro dopo la convention
L’ultimo scenario possibile è quello in cui Biden dovesse ritirarsi a convention terminata, dopo il 22 agosto. In questo caso, nonostante non esistano precedenti, i quattrocentottantatré membri del Democratic National Committee dovrebbero nominare un nuovo candidato. saranno decisivi i big come il senatore Chuck Schumer, l’ex Speaker della Camera Nancy Pelosi e il leader nero James Clyburn. La rosa che circola è quella composta dalla governatrice del Michigan Gretchen Whitmer, dal governatore della Pennsylvania Josh Shapiro e dal governatore della California Gavin Newsom, conosciuto per le sue politiche green e la sua agenda progressista.