L’indirizzo è il mare. Costa adriatica, tra Senigallia e Ancona, per la precisione al chilometro 278 del demanio marittimo. Un luogo sospeso, senza tempo, come se geografia e storia avessero cristallizzato in forma di piccoli ciottoli lisci e piatti il lungomare di paese, in un’idea di vacanza lenta e famigliare, fatta di bagni, sole, sale e riposo. Questa è Marzocca, a pochi chilometri da Riccione, a cinque minuti di treno da Senigallia e a trenta da Ancona, eppure distante anni luce dall’intrattenimento delle vacanze estive contemporanee.
Lì, su quella spiaggia di sassi chiari di Marzocca, va in scena la manifestazione che prende il nome dal luogo, “Demanio Marittimo Km 278”: dodici ore di incontri, progetti, visioni, a proposito di arte, architettura e design. Ideata da Cristiana Colli e Pippo Ciorra quattordici anni fa, Demanio è qualcosa di unico nel panorama nazionale (e per me, una sorpresa).
Prima di tutto per il format: un giorno solo, a luglio, dalle diciotto alle sei del mattino.
Una notte di festa e confronto, raccolti intorno a una piazza temporanea, allestita per l’occasione sulla spiaggia pubblica, demaniale, per scomparire in un momento l’indomani. L’effimero prende forma, come le parole, come una performance, come un gesto creativo, mentre il cielo, il mare e la spiaggia si trasformano in quelle ore estive di crepuscolo, di notte e di alba e regalano anche la magia – per un attimo – di stare seduti tra la luna e il sole.
Ogni anno un tema tiene insieme due palchi, i video e le mostre e un concorso seleziona il migliore progetto architettonico per l’allestimento. Che non è mai neutro: determina il comportamento del pubblico e la fruizione della spiaggia, aperta com’è verso l’Oriente, in una sorta di anticipazione italiana dei Balcani, lì, dall’altra parte del mare.
Quest’anno a vincere il concorso sono stati cinque studenti (Fatijon Ademaj, Michele Forti, Qendron Mema, Gloria Seri, Elisa Valori) della facoltà di architettura di Camerino (che festeggia i suoi primi trent’anni di vita) e la loro piazza marittima in legno e tessuti bianchi era uno spazio accogliente, a pianta quadrata, in cui entrare, ma anche fermarsi intorno alle strutture, tra palchi, librerie, bar, panche e tavolini. Ma ogni volta lo spazio è diverso, dipende dall’estro creativo degli architetti in erba che vincono il concorso. In fondo si parla di progetto e di progettare, declinato ogni volta in un modo diverso, lungo i temi e attraverso i pensieri degli ospiti.
Il 19 luglio di quest’anno, la quattordicesima edizione di Demanio, tutto ruotava intono a due parole: rovine e ripari. Tema attualissimo che andava a indagare anche storia archeologiche nostrane o dell’estremo oriente in una visione del collezionare, del conservare e dell’esporre completamente fuori da ogni schema, innovativi e contemporanei, per togliere il museo dalla musealizzazione e il parco archeologico dal passato, per creare poli viventi e aperti al futuro.
Ne hanno parlato il direttore del Museo delle Civiltà Andrea Viliani, nei panni di uno degli ideatori di Pompei Comittments, un portale geniale nell’idea di considerare Pompei un elemento del nostro presente e Davide Quadri, direttore del MAO – Museo di Arte Orientale di Torino, altrettanto geniale e visionario nel ripensare la collezione e il concetto di esotico e discuterne con il pubblico attraverso esposizioni che sono continue ri-narrazioni degli oggetti del museo.
Gli artisti contemporanei allora diventano dei ricercatori, al pari dei direttori dei musei in una rinnovata libertà di usare il passato nel presente (e intervenire sia a Pompei sia al MAO). E se è proprio il decadimento della funzione a fare di un edificio una rovina, si è parlato anche del non finito che punteggia l’Italia intera e di quelle rovine d’autore, edifici firmati dai grandi architetti del secolo scorso, subito destinate al ruolo di rovina, con Giulia Menzietti, autrice di Amabili resti (Quodlibet), insieme a Pippo Ciorra e ad altri relatori, tra tutela e gestione di questo lascito culturale.
Intanto un tributo a Marconi impegnava l’etere con un’installazione sonora in corso d’opera: una sorta di performance improvvisata tra radioamatori del mondo che si collegavano al codice Marconi in risposta a un segnale mandato proprio dai colli di Ancona come quello che quasi centoventi anni fa dimostrò possibile l’esperimento marconiano.
Così mentre dai palchi la filosofia faceva da cornice a ogni intervento, negli altoparlanti di tanto in tanto si inserivano suoni “alieni” provenienti dal mondo intero, con un parlato più o meno nitido, in un effetto distopico, tra Radio Londra e il presente. Questo gesto artistico, firmato da Giovanni Gaggia è stato presentato sul palco insieme al filosofo della tecnologia Cosimo Accoto e dal giornalista Andrea Borgnino in un significativo confronto sull’uso dell’archivio. In scena sono andati mondi di un futuro vicinissimo e di un passato altrettanto vicino (ma dal percepito distantissimo) in cui l’intelligenza artificiale si confrontava con materiali sonori radiofonici (tra cui un meraviglioso lavoro di Giorgio Pressburger che ha trasformato in materiale radiofonico il quadro Giochi di bambini di Pieter Bruegel il Vecchio).
Ripari sono anche quelli che i Fratelli Campana hanno creato a Brotas, in Brasile un luogo aperto, nella natura, in cui incontrare sette padiglioni da scoprire o da vedere nel film “We The Others“ di Maria Cristina Didero e Francesca Molteni presentato insieme a Marva Griffin. E poi ancora di fotografia, con un intervento in video di un poetico Guido Guidi che ha illuminato di sé la filosofia della fotografia; l’arte con una giovane curatrice che ha ridato vita a pratiche artistiche degli anni Settanta, in un riuso del materiale d’archivio che passa proprio dal rivivere l’esperienza archiviata: lei è Lisa Andreani, curatrice (tra le atre) al Macro di Roma con il suo progetto Afterlife. E poi, un ricordo di Paolo Volponi con Aldo Bonomi, Massimo Raffaeli, Giovanni Russo e Manuel Orazi.
Inutile nominare tutto, senza dimenticare però la presenza del Kosovo come Paese ospite di questa edizione con il sindaco di Pristina Përparim Rama e l’ambasciatrice della Repubblica del Kosovo in Italia Lendita Haxhitasim, ma soprattutto con cinque artisti, i loro lavori e un progetto curatoriale importante, quello di Autostrada Biennale con Leutrim Fishekqiu e Vatra Abrashi che raccontano di un mondo in grande fermento al di là del mare di Marzocca.
Inutile elencare tutti i partecipanti e tutti i video che sono stati proiettati in questa maratona delle meraviglie. Inutile, perché Demanio Marittimo è prima di tutto una festa. Una festa dell’intelligenza, della creatività e del progettare infinitamente, frammentariamente, creativamente. Il programma completo si trova sul Giornalone, scaricabile sul sito di Mappe, una rivista del progetto che racconta le Marche.
All’anno prossimo, Demanio Marittimo km 278! Perché, come dicono gli affezionati, quelli che all’alba si tuffano in mare e che non smettono di chiacchierare fino alle 7:30 del mattino, dopo la «prima volta a Marzocca» non si può fare a meno di tornarci.