Se non avessimo avuto il confinamento, chissà che cosa ci ricorderebbe oggi Parigi. Forse un momento storico in cui la città era divisa tra parte occupata e parte libera. Ma per fortuna questa pagina della storia francese non è così buia come Vichy: sono “solo” i giorni prima dei Jeux Olympiques che si terranno qui da venerdì 26 luglio, giorno tanto atteso quanto temuto per la cerimonia di apertura che paralizzerà ulteriormente la città, fino all’11 agosto.
Ecco, 26 luglio-11 agosto sono esattamente l’arco temporale segnato ovunque sul mio dossier di gravidanza, cioè le due settimane in cui è previsto il parto. Considerando lo stato di massima allerta e alto immobilismo in cui versa la città, posso affermare con certezza che: non poteva esserci luogo e momento peggiore per partorire, che, a partire da come arriverò in ospedale, si sta raffigurando sempre di più come una vera e propria prova sportiva. Quando avevo cominciato a dire in giro che avrei partorito a Parigi durante i Giochi Olimpici, infatti, molti pensavano che scherzassi. Ma oggi, dopo averci riso sopra per mesi, ho capito perché.
Mi sveglio sull’Île Saint-Louis, nel cuore di Parigi, dove ho la fortuna di abitare per una serie fortuita di eventi. È quasi tutto chiuso, per le strade non c’è nessuno e si respira uno strano silenzio, un’atmosfera insolita, con delle transenne che ci separano dal resto della città. Non ci sono autobus, molte stazioni della metro sono chiuse. L’isola, insieme all’Île de la Cité con Notre-Dame, sono le aree più colpite e fanno parte, insieme a tutto il lungo Senna fino alla Tour Eiffel, di quella che in questo periodo si chiama zona grigia – da cui il rimando naturale e immediato alla pandemia. C’è poi la zona rossa, quella delle aree di competizione sportiva.
In tutta la zona grigia dal 18 luglio per ragioni di sicurezza si può entrare solo ed esclusivamente con il tanto atteso pass, sotto forma di QR code, accompagnato da un documento di identità alla mano. Questo pass è stato per mesi al centro dei discorsi da bar, o meglio da bistrot, poiché tutti l’avevano richiesto, ma quasi nessuno l’aveva ricevuto fino ad una settimana fa. Finché, qualche giorno prima del blocco, la maggior parte dei richiedenti ha tirato un sospiro di sollievo ricevendo l’email tanto attesa. Il pass poteva essere richiesto sul sito per residenti, lavoratori ma anche semplici visitatori, a condizione di specificare il motivo e l’indirizzo della visita.
I commercianti della zona grigia – ma in particolare quelli delle due îles in mezzo alla Senna – sono i più in collera di tutti, in quanto quello che si era prefigurato per mesi come un periodo di denso lavoro, e di aumento di guadagno assicurato, in realtà si sta rivelando l’esatto opposto, vista la mancanza di gente che può avere accesso a queste aree. Ulteriore colpo è arrivato con il divieto assoluto per tutti di tenere aperte le proprie attività il 26 luglio, giorno della cerimonia, che partirà dal ponte di Austerlitz, facendo il giro delle due isole, l’Île Saint-Louis e l’Île de la Cité, passando poi sotto i ponti e le porte. Per la settimana prima, invece, i commercianti si sono divisi in due: tra chi ha deciso di chiudere del tutto dal 18 luglio al 26 luglio e chi invece prova a restare aperto.
È il caso del bistrot sotto casa mia – a tal proposito sappiate che tutti gli abitanti di Parigi ne hanno uno vicino a dove abitano a cui sono più legati che qualsiasi altro e che è per loro il migliore di tutti. Ecco, il mio è Le Lutetia, di solito sempre pieno di gente, mentre oggi 18 luglio è completamente vuoto. Inizia ad arrivare qualcuno verso le 19, i solitihabitué di rientro dal lavoro come Mathieu, che mi racconta: «Sono uscito dalla metro a Notre-Dame e per arrivare qui sull’Île Saint-Louis sono dovuto passare da Chatelet…». Vi invito ad andare su Google Maps per guardare sulla cartina il percorso che ha fatto per attraversare e ri-attraversare la Senna.
I ponti di Parigi sono il cuore della geografia di questa città. Ma essendo che molti ora sono chiusi, mai fu più difficile passare dalla rive gauche alla rive droite, le due rive ai lati della Senna, tra le quali già si sa che ironicamente non scorre buon sangue. Insomma, un’ulteriore divisione della città. Ma chiedo a Mathieu: «Dov’è Emmanuel?», suo cugino che non è un abitante dell’Île Saint-Louis ma con cui sono compagni inseparabili di aperitivi qui. «Non l’hanno fatto passare, perché non aveva il pass».
Rimaniamo in pochi a far l’aperitivo, c’è un altro gruppo di abitanti dell’Île che ne approfitta per godersi tutto il lungo Senna per sé, organizzando una serata tranquilla tra amici con la punta dell’isola in privato, totalmente a loro disposizione. E il primo giorno di confinamento si conclude così, con un caldo e silenzioso tramonto tra pochi intimi.
Ma attenzione: c’è ancora il resto della città. Immaginate, infatti, che tutta la gente, i bus, le auto che hanno svuotato la zona grigia si riversano nel resto di Parigi, dove invece regna il caos assoluto. Ha ragione Mathieu: «La città è divisa in due, con una parte davvero “libera”, invasa di macchine ferme e persone in movimento; e un’altra silenziosa, vuota, intima».
Un grande punto di domanda, o forse di più, restano su come saranno questi JO. Ma qualche certezza forse ce l’abbiamo. Come ad esempio che, per la prima volta nella storia, la cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici non si svolgerà fuori in uno stadio in periferia, ma in pieno centro, lungo la Senna, su quei ponti che sono l’essenza e l’iconografia di Parigi, con migliaia di atleti che sfileranno in barca davanti a centinaia di migliaia di spettatori. E lo stesso vale per le competizioni nei giorni a seguire, che entreranno nella storia perché per la prima volta nel cuore di una città.
Ma la vera prova sportiva, forse, è per chi in questi giorni continuerà a viversi la normalità della propria quotidianità, trovando percorsi alternativi per andare al lavoro, fare la spesa, incontrarsi con degli amici o… partorire!
Fotografie di Giulia Ubaldi