Il Movimento 5 stelle ha trovato la sua casa europea nella famiglia di The Left (GUE), la formazione più a sinistra dell’Europarlamento. L’annuncio è arrivato la settimana scorsa nonostante le perplessità sollevate da alcuni partiti del gruppo legate al passato del Movimento e all’alleanza, non troppo datata, con la Lega di Matteo Salvini. Anche per questo motivo, ai Cinquestelle è stato concesso una sorta periodo di prova di sei mesi con lo status di «osservatore reciproco».
Pochi giorni prima delle elezioni europee Giuseppe Conte aveva annunciato che ci sarebbe stata una «sorpresa» rispetto alla scelta del gruppo a Bruxelles e Strasburgo. Per l’ex Presidente del Consiglio era fondamentale evitare di rimanere tra i non iscritti come successo nella scorsa legislatura quando il suo partito non riuscì ad accasarsi in nessuna delle famiglie politiche presenti al Parlamento europeo e rimase tagliato fuori da tutti i ruoli chiave all’interno delle varie commissioni.
Di sicuro la prima sorpresa è arrivata dal risultato delle elezioni che ha visto il Movimento fermarsi sotto il dieci per cento dei consensi, l’equivalente di otto eurodeputati, quasi la metà rispetto a quelli di cinque anni fa. Un esito reso ancora più deludente dalla buona performance del Partito Democratico che si è attestato come unica grande forza di opposizione. Conte ha pagato le ambiguità sui temi più rilevanti, su tutti il sostegno all’Ucraina. Un risultato che ha ridimensionato anche le ambizioni europee dei 5 stelle e quella «sorpresa», che si sarebbe potuta tradurre nella formazione di una nuova realtà politica, è presto naufragata. Si è deciso quindi di bussare alla porta dell’estrema sinistra.
The Left è composta tra gli altri da France Insoumise, dai tedeschi di Die Linke, dagli spagnoli di Podemos, dai greci di Syriza e da Sinistra Italiana che ha eletto Ilaria Salis e Mimmo Lucano (mentre i quattro parlamentari dei Verdi eletti con AVS sono entrati nel gruppo dei Verdi europei). L’ingresso degli otto deputati pentastellati, che andranno a formare la delegazione più numerosa dopo quella di France Insoumise, porta la GUE a quarantasette europarlamentari. Alcuni partiti, però, non sono sembrati entusiasti di avere i 5 stelle tra le proprie fila e hanno sollevato delle perplessità che si sono poi tradotte nello status di «osservatore reciproco».
I principali dubbi del gruppo guidato da Manon Aubry e Martin Schirdewan riguardano gli anni al Governo con Matteo Salvini. Un’alleanza abbastanza recente che peraltro vedeva a capo dell’esecutivo lo stesso Giuseppe Conte. La questione è di forma ma anche di sostanza e tocca uno dei temi fondamentali per The Left: l’accoglienza dei migranti. Conte firmò nel 2019 i decreti sicurezza anti-ONG che complicarono enormemente le operazioni di ricerca e salvataggio dei migranti. Lo scontro con le organizzazioni, «colpevoli» di aver condotto a terra le persone salvate in mare forzando il blocco Salvini, arrivò anche nei tribunali. Come nel caso di Carola Rackete, ex-comandante della Sea-Watch 3 che nel 2019 fece sbarcare a Lampedusa quarantadue naufraghi soccorsi in mare. Rackete, assolta da tutti i capi d’imputazione, è stata recentemente eletta al Parlamento europeo con Die Linke e troverà ora nel suo stesso gruppo il partito che garantì a Salvini i voti necessari per l’approvazione dei decreti sicurezza.
La posizione sui migranti non è l’unica contraddizione pentastellata. Nella sua decennale storia al Parlamento europeo il partito fondato da Grillo è stato iscritto solo al gruppo Europa della Libertà e della Democrazia Diretta (EFDD) nella legislatura 2014-2019. Di EFDD facevano parte anche l’UKIP di Nigel Farage, i nazionalisti svedesi e Alternative für Deutschland. In quella delegazione era presente Dario Tamburranno che ora affronterà il suo secondo mandato da europarlamentare seduto molte poltrone più a sinistra rispetto al passato.
Nella scorsa legislatura i pentastellati sono rimasti tra i non iscritti più per assenza di alternative che per scelta. Dopo il terremoto Brexit, Grillo e Conte hanno bussato alla porta di diversi gruppi senza fortuna. Nel 2017 il comico genovese rimediò una figuraccia colossale lasciando EFDD per provare ad accasarsi all’ALDE di Verhofstadt, salvo poi tornare indietro dopo il «no» dei liberali. All’epoca, per riaccogliere i 5 stelle, Farage dettò una serie di condizioni che Grillo accettò, rilanciando la battaglia contro la moneta unica e passando in un paio di settimane dall’ALDE, il gruppo più europeista del Parlamento, all’uscita dall’euro. Quella fu la prima vera masterclass delle giravolte grilline. Seguiranno poi le alleanze con la Lega e con il Partito Democratico a livello nazionale e i tentativi falliti di accasarsi con Socialisti e Verdi a livello europeo. Fino ad arrivare ad oggi e all’ingresso nel gruppo di estrema sinistra in quella che sembra a tutti gli effetti una mossa per non rischiare di sparire ancora una volta dai radar europei.
Per il partito di Conte, però, non sarà facile ritagliarsi uno spazio politico incisivo che gli permetta di recuperare terreno sui competitor. I grandi temi sono già presi: la questione green e quella sociale sono coperti da PD e AVS, mentre le politiche economiche, dopo il superbonus, è meglio lasciarle stare per un pò. Resterebbe quello che erroneamente viene chiamato pacifismo —costringere, cioè, l’Ucraina ad arrendersi cedendo parti del proprio territorio— che è anche uno dei pochi punti di contatto con le altre delegazioni di estrema sinistra (e con la stessa SI) al Parlamento europeo. Ma fortunatamente non è un argomento che trova grande riscontro in termini di consenso e a livello nazionale rischierebbe di trasformarsi in un boomerang.