A pochi giorni dalla netta vittoria alle elezioni del 4 luglio, il neo primo ministro del Regno Unito Keir Starmer ha preso parte al vertice Nato a Washington, in occasione del settantacinquesimo anno dalla fondazione dell’Alleanza. La visita negli Stati Uniti è stata la prima uscita diplomatica per Starmer, che ha avuto l’occasione di incontrare i leader del Patto atlantico con una missione ben precisa: rilanciare l’immagine globale del Regno Unito, sin da subito. Prendendo spunto da quanto fatto in patria, il leader laburista vuole ora esportare l’affidabilità e la stabilità che gli hanno permesso di trionfare alle elezioni, stabilendo Londra come capitale europea della Nato.
Le sfide da affrontare sono molte, già da questo summit: il sostegno all’Ucraina, la crescita dell’estrema destra in Europa e la possibile vittoria di Donald Trump alle prossime elezioni presidenziali rappresentano dei punti centrali per il futuro del Regno Unito e della Nato. Nella giornata di ieri, Starmer ha dialogato in modo costruttivo con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dopo averlo incontrato alle commemorazioni del D-day in Francia, reiterando il suo supporto alla causa ucraina e promuovendo l’«irreversibile» percorso di adesione del paese alla Nato. Il nuovo segretario laburista alla Difesa, John Healey, ha infatti visitato l’Ucraina all’inizio di questa settimana e ha promesso che il Regno Unito fornirà ulteriori armi, accelerando gli sforzi promessi dal precedente governo. Healey ha detto al Sun che la sua «prima azione» arrivando al ministero della Difesa è stata chiedere «cosa posso fare di più per aiutare l’Ucraina, come possiamo accelerare quanto abbiamo già annunciato?».
Starmer ha usato il vertice anche per iniziare a cementare le relazioni con i leader europei, preparando il terreno per un patto di sicurezza tra il Regno Unito e l’Unione europea: come ha dichiarato euforicamente un funzionario europeo, citato da Politico, sarà più facile dialogare ora che ci sono degli «adulti nella stanza», riassumendo al meglio l’immagine che Sir Keir ha costruito in opposizione al caos immaturo dei Tories. Una strategia caldeggiata anche dal Tony Blair Institute for Global Change, il think tank dell’ex premier laburista, che in un rapporto ha invitato il Regno Unito a rafforzare la cooperazione con l’Unione europea in materia di innovazione della difesa. «Penso che un accordo sulla sicurezza tra Regno Unito e Ue sia complementare alla Nato», ha commentato ieri Starmer da Washington.
Allo stesso tempo, il nuovo primo ministro britannico ha posto al centro anche la «special relationship» con gli Stati Uniti, dialogando con il presidente degli Stati Uniti Joe Biden per ribadire l’«incrollabile» impegno atlantista verso l’Ucraina e scacciare via le ombre dell’ex segretario laburista Jeremy Corbyn, secondo cui organizzazioni come la Nato sarebbero responsabili di «maggiori pericoli» nel mondo. «Una vittoria laburista sotto Jeremy Corbyn cinque anni fa avrebbe probabilmente portato a una rivalutazione del deterrente nucleare britannico e forse anche di altri pilastri della sua forza militare. Con Starmer e Healey, gli alleati non devono preoccuparsi di cambiamenti radicali in quest’ambito», ha scritto Foreign Policy a proposito della prossima strategia britannica per la difesa. Nel suo manifesto il Partito laburista ha scritto puntualmente: «Il primo dovere del Labour al governo sarà quello di mantenere sicuro il nostro Paese», sottolineando: «Il nostro impegno verso la Nato come fondamento della sicurezza europea e globale è incrollabile».
In questi giorni, il partito ha anche sottolineato fortemente la sua connessione storica con l’Alleanza, istituita dopo la Seconda Guerra Mondiale principalmente su impulso dell’allora segretario agli Esteri laburista, Ernest Bevin, un punto di riferimento ricordato anche dal segretario generale uscente della Nato Jens Stoltenberg. «Fu infatti il Regno Unito laburista, nel 1949 a Londra, a essere una forza trainante per la creazione della Nato», ha spiegato Stoltenberg, accogliendo «con favore anche il forte impegno di Keir Starmer a continuare su questa strada».
Un impegno che il nuovo leader britannico ha confermato poco prima del suo arrivo a Washington, annunciando una nuova «road map» per aumentare la spesa per la difesa del Regno Unito al 2,5 per cento del Pil. Durante la prossima settimana, il Labour lancerà una revisione «radicale» nel settore della difesa, che, secondo i funzionari, dovrebbe includere una data concreta per raggiungere l’obiettivo di spesa del 2,5 per cento. La revisione prenderà in considerazione le priorità militari del Regno Unito e gli investimenti necessari, e arriva in un momento in cui la Nato sta consolidando le capacità di difesa europee.
Starmer ha dichiarato al riguardo: «In un momento in cui affrontiamo molteplici minacce a livello nazionale e internazionale, dobbiamo assicurarci di essere pronti a difenderci. Ecco perché ho immediatamente ordinato una revisione radicale che garantirà le difese della Gran Bretagna per il futuro». Un articolo del Telegraph riporta che il primo ministro ha escluso ulteriori tagli al numero di truppe britanniche (già ai minimi storici) e che la revisione valuterà un possibile aumento. Durante il volo per Washington, Starmer non ha specificato le tempistiche della revisione, dicendo solo che vorrebbe che fosse fatta «più velocemente» di un anno.
Il trio formato da Starmer, John Healey e David Lammy (che sono entrambi con il primo ministro a Washington) starebbe spingendo affinché anche gli alleati Nato aumentino la spesa per la difesa al 2,5 per cento, in modo che la Gran Bretagna non resti isolata nel suo proposito. Queste cifre potrebbero essere particolarmente rilevanti se Donald Trump dovesse vincere le elezioni, considerando che ha più volte minacciato gli alleati inadempienti nella loro spesa. Molti membri del team di Starmer credono che l’Europa debba diventare più autosufficiente, indipendentemente da chi sia il presidente degli Stati Uniti, dato che l’attenzione di Washington si sta spostando sempre più verso la Cina e l’Indo-Pacifico.
Sir Keir utilizzerà quindi le sue prime settimane al potere per segnalare che la Gran Bretagna è «tornata» come attore globale di primo piano, con tre grandi «reset» in politica estera, che oltre ai rapporti con l’Europa, nevralgici in queste prime fasi, coinvolgeranno in futuro anche i Paesi del «Sud globale» e una lotta più ambiziosa al cambiamento climatico. Prima delle elezioni Starmer aveva detto al Financial Times: «Ci sarà un riposizionamento del Regno Unito sulla scena internazionale. Prenderemo sul serio i nostri obblighi, vogliamo giocare un ruolo di primo piano sulla scena globale e dire che siamo tornati».