Diversamente Piemonte Cinque cose oltre il vino da fare tra le colline del Gavi Docg

Avamposto ligure in terra piemontese, c’è molto da scoprire nel territorio di uno dei pochi vini bianchi di una delle regioni più rossiste d’Italia. Ecco un itinerario per gli esploratori del calice

Gavi e il Forte @TaniaDePascalis

Diversamente Piemonte, ma anche diversamente Liguria, se ne potrebbe ragionare. Le verdi colline del Gavi Docg – che quest’anno celebra cinquant’anni dal riconoscimento della denominazione – se ne stanno come appoggiate sull’ultimo lembo settentrionale di Appennini, un attimo prima di vederli sollevare e tramutarsi in Alpi. Basta poco per accorgersi che uno dei pochi vini bianchi della regione di sabaudo ha davvero poco, così come il suo territorio, che resta intimamente legato al mare e a Genova, tanto nel dialetto quanto sulla tavola. Così, ad appena un’ora d’auto da Torino e da Milano, quella del Gavi è una campagna ondulata e cortese, come la sua uva più preziosa, che si lascia vivere calice dopo calice e morso dopo morso, svelando bellezze nascoste e una cucina accogliente e sostanziosa.

Enoturismo a un’ora da Milano, Torino e Genova
Si parte ovviamente da una base e quella base non può che essere il vino. La maggior parte delle cantine propone tour con degustazioni ed esperienze di vario tipo, ci sono quelle aperte alle visite e anche quelle in cui mangiare e soggiornare, scegliendo tra le strutture di lusso e gli agriturismi dallo stile familiare.

@Consorzio Tutela del Gavi Docg

Tra le aziende con proposta di ospitalità c’è La Raia della famiglia Rossi Cairo, una delle tenute più estese della zona, completamente gestita in biodinamica. Tra vigneti, campi, boschi e laghetti si trova anche una collezione di opere d’arte, con diversi percorsi da seguire in mezzo al verde. A Lomellina la Locanda La Raia, ricavata da una vecchia stazione di posta di campagna, ospita il ristorante curato dallo chef Tommaso Arrigoni e camere dal gusto sobrio e raffinato.

A poca distanza, sulla sommità di Monterotondo – uno dei luoghi più vocati del Gavi Docg – sorge Villa Sparina, struttura dallo stile originale e raffinato, completamente recuperata dalla famiglia Moccagatta, che oggi ospita anche il ristorante La Gallina dello chef Graziano Caccioppoli. Da non perdere un assaggio di gelato alla crema fatto in casa.

Accoglienza familiare e distesa sono invece la cifra che caratterizza Il Poggio di Gavi, l’agriturismo di Francesca Poggio e della sua famiglia. Una coccola che guarda dall’alto il paesaggio, su un colle circondato dai vigneti a Rovereto di Gavi.

Quasi Alpi, un’escursione nel verde
Se c’è un luogo in grado di trasmettere l’identità geologica e orografica che condiziona tutto il territorio del vino Gavi, questo è il Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo, dove la vegetazione appenninica incontra i suoli più tipici delle Alpi. Con un’estensione di oltre 8.200 ettari e altitudini comprese tra i 335 e i 1.170 metri sul livello del mare, il parco offre diverse possibilità di percorso alla scoperta delle conformazioni geologiche, i laghi, i fiumi, le piante e la fauna del luogo. Il sito del parco propone circa una ventina di itinerari da percorrere a piedi, in mountain bike o a cavallo. Il consiglio è di farsi affiancare da una delle guide del parco o dagli accompagnatori naturalistici, per organizzare un’escursione in base alle proprie necessità.

Percorsi nel parco naturale

L’arte dove meno te l’aspetti
Per chi fosse in cerca di perle nascoste, il consiglio è di raggiungere Voltaggio. Per lungo tempo il borgo è un florido centro abitato, dalla posizione strategica per Genova, perché collocato sul corso della via Postumia, che ha sempre collegato la città all’entroterra, facendo transitare merci e viaggiatori. Fin dagli inizi del diciassettesimo secolo qui si trova un importante convento di frati Cappuccini, che offre alloggio ai viandanti e contribuisce alla ricchezza del territorio. Dagli anni Ottanta i frati non ci sono più, ma il convento ospita una collezione di oltre duecento dipinti a soggetto religioso, raccolti nella seconda metà dell’Ottocento da Padre Pietro Repetto.

Le opere coprono un arco cronologico che va dal sedicesimo fino agli inizi del diciannovesimo secolo e comprendono i lavori di alcune delle più importanti botteghe e artisti genovesi, come Sinibaldo Scorza, Bernardo Strozzi, Domenico Fiasella e Luca Cambiaso. Oggi la Pinacoteca dei Cappuccini di Voltaggio è visitabile grazie al lavoro dell’associazione Aps “L’Arcangelo” che, con il suo gruppo di volontari, si occupa delle visite guidate, oltre a organizzare eventi culturali, musicali e religiosi, per sostenere il mantenimento del patrimonio artistico.

@Pinacoteca di Voltaggio

Dici Liguria e dici focaccia (e parecchie altre cose)
Se questa parte della provincia alessandrina ha mantenuto in tavola le tradizioni di origine ligure, una delle sue più popolari testimonianze è sicuramente la focaccia. A Gavi non c’è spuntino, pomeridiano o mattutino, che non la preveda. Sarà allora il caso, durante una passeggiata cittadina, di fermarsi in uno dei panifici del centro storico.

Al Panificio Kry di Gabriella Repetto e Luca Tessaro se ne sfornano 120 teglie al giorno. La maggior parte dei clienti la acquista per portarla a casa o al lavoro, ma c’è anche chi sosta ai tavolini di fronte all’ingresso per una rapida merenda. Questo è un punto di osservazione speciale per scoprire anche altre specialità da forno della zona, come la torta di riso salata, anch’essa di derivazione ligure, che qui viene preparata in varianti diverse, quella classica con riso e zafferano oppure con le verdure, alle erbette di stagione o alla zucca. Tra i tanti dolci, ci sono gli amaretti di Gavi e Voltaggio, ma anche i canestrelli al vino, ovviamente Gavi Docg, ma anche quelli al Dolcetto di Ovada.

Gabriella Repetto con la focaccia appena sformata

Il Forte di Gavi, la storia e i vigneti sperimentali del Consorzio Antifilosserico
Trovandosi in zona, non si può non fare una visita al Forte di Gavi, testimone della posizione strategica di questi luoghi nel tempo. Costruito a più riprese dal dodicesimo secolo, prima castello poi fortezza, rappresenta nel corso della storia un baluardo difensivo per il confine Nord della Repubblica di Genova e può ospitare una guarnigione di mille uomini a difesa del territorio. Fondamentale, dati i numerosi assedi che Gavi e il suo Castello devono affrontare.

Vista la devastante potenza delle nuove armi da fuoco, nel 1540 Genova affida all’architetto Giovanni M. Olgiati il compito di consolidare la struttura medievale trasformandola in fortezza. L’attuale struttura è frutto di un ulteriore opera di rafforzamento curato, un secolo dopo, dall’architetto Vincenzo da Fiorenzuola e conserva i tratti della più recente funzione di carcere attribuita alla struttura dall’inizio del Novecento.

Il Forte è accessibile con visita guidata secondo un calendario di aperture che varia in base alla stagione. Durante il percorso nelle aree all’aperto, si possono intravedere su alcuni terrazzamenti i vecchi vigneti sperimentali avviati tra le due guerre, in collaborazione con il Consorzio Antifilosserico, istituito in quegli anni per contrastare la diffusione del parassita. Nota dolente, i vigneti non sono purtroppo visitabili e versano oggi in uno stato di semiabbandono. L’auspicio è che i Beni Culturali ne avviino presto un recupero, quanto meno per l’importanza storica che questi impianti, così come il Forte, ricoprono.

Libarna e gli Archeosapori
Ad appena quindici minuti d’auto da Gavi, in direzione nordest, si trova Serravalle Scrivia dove, a inizio Ottocento, hanno cominciato a riaffiorare i resti dell’antica città romana di Libarna. Si tratta di un importante centro di traffici e commerci dal secondo secolo a.C. fino all’anno Mille, collocato sulla Via Postumia, la Via Francigena e la Via del Sale. Oggi il sito archeologico è visitabile e sono visibili l’impianto del teatro antico e le vie su cui si affacciano le domus romane, oltre all’anfiteatro e i basamenti degli edifici degli isolati adiacenti. Da uno di questi è riaffiorato un pavimento a mosaico a tessere bianche e nere con al centro la raffigurazione del mito di Licurgo e Ambrosia.

Libarna, sito archeologico

Dato il forte legame tra le origini romane e la cultura enogastronomica locale, su impulso della Soprintendenza e a cura dell’Associazione Libarna Arteventi, è nato il progetto “Archeosapori sulla Via Postumia”, che punta a far scoprire le origini di alcuni prodotti e la loro evoluzione fino ai giorni nostri. Attraverso le ricerche è stato costituito un vero e proprio “paniere di Libarna”, che comprende una serie di specialità gastronomiche sviluppatesi da antiche ricette romane, come il Bacio di Libarna a base di nocciole pestate e unite al miele, la farinata, la panissa, le gallette di farro, le focacce rustiche, ma anche formaggi dalle origini antiche, come le robiole, i caprini e il Montebore, salumi come la testa in cassetta, il salame Nobile del Giarolo e la Coppa al Gavi Docg.

Non manca il libum, pane con formaggio fresco delle valli e ancora miele, sciroppo e composta di rose e la Torta Catone, una sorta di cheesecake romana di duemila anni fa. Prodotti di cui andare alla scoperta tra pasticcerie, salumerie, panifici e botteghe del territorio, con tanto di itinerari proposti. E c’è anche un “archeowine”, l’Acinaticum da uve appassite di Cortese e Timorasso, che cerca di ricostruire l’antico processo produttivo romano.

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