Facile, si potrebbe dire. Cosa c’è di diverso tra un gin e la sua alternativa analcolica? L’alcol, ovviamente. Uno è una bevanda alcolica, invece nell’altro caso si tratta di un soft drink, con le stesse caratteristiche aromatiche. Bingo. Si dà il caso, però, che realizzare l’alternativa perfetta, proprio per l’assenza di alcol, non sia esattamente una passeggiata, anzi, richiede un certo impegno nel trovare il giusto bilanciamento degli aromi, un metodo produttivo adeguato e la miglior riuscita possibile in miscelazione. Difficilmente, infatti, il prodotto sarà consumato liscio, mentre è più probabile che venga impiegato come ingrediente di drink analcolici capaci di regalare, esattamente come nel caso dei cocktail alcolici, una soddisfacente esperienza gustativa.
In questa intervista, Enrico Sabatini, co-fondatore e general manager di Sabatini Gin, spiega le differenze tra il gin e la sua alternativa analcolica, attraverso scelte produttive, trend e preferenze dei consumatori.
Si parte dal gin
Sabatini è tra i primi brand italiani di gin che hanno introdotto un’alternativa analcolica. Distribuito in esclusiva sul mercato italiano da Compagnia dei Caraibi, nasce in Toscana da un’idea dell’omonima famiglia, e il gin si ispira a una serie di botaniche tipiche della regione, immortalandole in un London Dry dall’anima britannica. «Sabatini Gin è composto da nove botaniche, otto delle quali vengono coltivate da mio padre, Ugo Sabatini, nel giardino di Villa Ugo a Cortona, dimora dove la famiglia Sabatini vive da generazioni», racconta Enrico Sabatini. A queste si aggiunge il ginepro delle montagne a nord di Arezzo, l’unico che viene acquistato. «Le botaniche a fine estate vengono colte ed essiccate per poi essere spedite sottovuoto a Londra presso la Thames Distillery per la distillazione del gin».
Dieci anni fa, quando la famiglia inizia a sviluppare l’idea di un gin che rappresenti la Toscana, il primo pensiero va al metodo London Dry di tradizione britannica, che ha un disciplinare di produzione definito. «Al tempo in Italia non siamo riusciti a trovare una distilleria capace di darci quanto chiedessimo, ovvero un classico metodo London Dry; quindi, ci siamo rivolti alla Thames Distillery e al proprietario e master distiller Charles Maxwell».
Iniziano così le sperimentazioni e da una rosa iniziale di dodici botaniche si giunge alla ricetta definitiva, che ne prevede nove: foglie di olivo, timo, finocchio selvatico, salvia, lavanda, verbena, iris, coriandolo e ovviamente il ginepro. «Volevamo realizzare un gin estremamente bilanciato, che avesse come protagonista il ginepro toscano ma con note fresche date dalla lavanda, dal finocchio, dal timo e dalla salvia, poi note più amare a controbilanciare come le foglie di olivo, l’iris, il coriandolo e una nota acida data dalla verbena, in sostituzione del limone non propriamente toscano».
Dall’alcolico all’analcolico
Tutto apparentemente facile fin qui, ma come si traducono gli aromi di un gin in un prodotto analcolico in grado di regalare un’esperienza comparabile? «Nel 2020 fui colpito da un report letto su internet sulla crescente domanda di distillati analcolici in Regno Unito e Stati Uniti e da quel momento ho iniziato ad approfondire questa nuova categoria di prodotti», racconta Sabatini. «Dopo aver trovato una distilleria in Italia pronta a supportarmi nel progetto, abbiamo iniziato a sviluppare quello che è poi diventato il nostro distillato analcolico Sabatini 0.0».
Il bilanciamento delle botaniche richiede però un approccio ad hoc. «Non si potrebbero mai ricreare gli stessi esatti sentori di un prodotto alcolico in un prodotto non alcolico. Quello su cui abbiamo lavorato è stata la ricerca di un blend di botaniche che si avvicinassero il più possibile ai sapori di un gin, guardando esclusivamente al bilanciamento e all’intensità del gusto del prodotto in mixology; quindi, più che fare i test con il prodotto liscio, siamo partiti facendo dei test con il prodotto in mixology, come ad esempio con la tonica».
Un processo produttivo simile
Una volta trovato il mix di erbe ideale, di fatto il sistema produttivo sviluppato per l’analcolico non risulta molto distante. «Sabatini 0.0 è composto da cinque botaniche, salvia, timo, foglie di olivo, lavanda e verbena che vengono distillate separatamente con pochissima acqua». Il procedimento avviene dentro lo stesso alambicco a infusione usato per distillare il gin. Tuttavia, occorre ricordarlo, l’alcol è un potente estrattore di aromi, quindi la dose di botaniche impiegate è di circa cinque volte superiore a quella necessaria per produrre la stessa quantità di gin, in modo che i profumi e i sentori delle erbe possano concentrarsi anche se il liquido non è alcolico. «A fine distillazione vengono estratti gli oli essenziali, che vengono poi mescolati insieme e, come ultimo passaggio, viene aggiunta acqua. Inoltre è un prodotto estremamente salutare, non contiene infatti zuccheri, non ha edulcoranti o coloranti, non contiene aromi artificiali, è senza allergeni ed è certificato vegano».
Occorre ovviamente fare attenzione alle definizioni. Anche se certe volte per semplificazione può capitare, non bisogna chiamarlo “gin”, perché di fatto la parola gin si riferisce soltanto alla bevanda alcolica.
Il trend dell’analcolico al ginepro
Sebbene nel mondo cocktail sia ancora una piccola parte della richiesta, quello degli analcolici è una tendenza in crescita. «Ad oggi siamo al quarto anno di commercializzazione e il 2024 è l’anno in cui la richiesta del nostro distillato zero alcol è più che raddoppiata», afferma Enrico Sabatini, che ricorda come all’inizio, al di fuori dei banconi più esposti alle influenze internazionali, sia stato difficile far accogliere il prodotto. «Con il passare del tempo e tanto lavoro di educazione siamo riusciti a posizionare il prodotto in molti cocktail bar e, lavorando a stretto contatto con vari bartender, a proporre Sabatini 0.0 come prodotto unicamente da miscelazione per creare cocktail come con un gin, ma con zero alcol».
Poi si sono mossi molti altri brand, tanto che l’offerta di prodotti analcolici negli ultimi anni è decisamente incrementata e i professionisti hanno a disposizione molti più ingredienti per soddisfare chi preferisce l’alternativa alcol free. «La scena sta crescendo con moltissimi locali che presentano, oltre che alla lista cocktail, anche un’offerta mocktail ben strutturata».
Un trend che prende piede anche nelle città più piccole, in cui una volta la cultura del bere alcolico sembrava intoccabile. «Il bere analcolico non è più un trend ma una realtà che si sta consolidando e noi siamo stati fra i primi in Italia a creare un prodotto adatto a questo nuovo segmento di mercato. Con l’arrivo, negli ultimi due anni, delle grosse multinazionali in questa categoria ho capito che la strada intrapresa era quella giusta». Non solo in Italia, dato che oggi Sabatini 0.0 è esportato in undici Paesi fra cui Australia e Middle East.
Chi beve analcolico oggi
«Che i giovani bevano meno», rimarca Sabatini, «è un dato di fatto. La Generazione Z rispetto ai Millennial ha cambiato completamente le proprie abitudini legate al consumo di alcool, prediligendo un approccio più sano al bere, quindi consumando prodotti con basso o zero contenuto alcolico». Ordinare un mocktail oggi è quindi un’alternativa sensata per chiunque voglia godersi un drink, strutturato e presentato esattamente come un cocktail alcolico, ma senza gli effetti indesiderati dell’alcol.
«Ci sono poi gli astemi, le donne incinte o semplicemente persone che si vogliono godere un cocktail ma che non hanno la volontà di bere alcol o semplicemente prediligono una scelta analcolica per mettersi poi alla guida», sottolinea Sabatini. «E poi c’è anche chi magari ha bevuto un paio di Negroni e ha voglia di continuare a bere, ma non più alcolici».
La fetta di consumatori che normalmente apprezza le bevande alcoliche può, infatti, per scelta o per necessità, voler alternare con quelle analcoliche (se ne era parlato anche al Festival di Gastronomika). Si tratta della maggior parte di chi sceglie un analcolico ed è anche una questione di consumo consapevole.