Partito DormitorioL’estate del silenzio della sinistra italiana (tranne Renzi)

Il Pd di Elly Schlein si è rivelato finora incapace di stanare le contraddizioni della maggioranza e di promuovere dibattiti sui grandi temi politici e sociali del momento. Quando tornerà dalle ferie per cercare di influenzare l’agenda politica italiana?

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Ma perché i media dedicano tanta attenzione a Matteo Renzi che, a detta degli stessi media, varrebbe il due per cento? Perché, è la prima forse banale risposta, i giornali e le tv devono pur riempire le pagine e i programmi, e in giro non c’è molta roba da scrivere. Più o meno sempre le solite cose. A partire dalla constatazione che c’è un governo piuttosto avaro di notizie, c’è dunque poco spazio per parlare di idee nuove, nuovi progetti, al punto che s’inventano non notizie come i complotti e la sparizione della presidente del Consiglio. Comunque, il governo, certo, i suoi problemi, le tensioni, le cose non fatte più che quelle fatte: e va bene. E poi? Le opposizioni, come no, la spaccatura del Movimento 5 stelle, un pochino di Elly Schlein, una spruzzata di Carlo Calenda. Ma spremi spremi ne viene fuori poco succo. 

La verità è che non c’è più il mitico dibattito interno nella sinistra: quante estati abbiamo passato a leggere, e poi a scrivere, di Enrico Berlinguer e Bettino Craxi, di Achille Occhetto e Massimo D’Alema, di Giorgio Napolitano e Romano Prodi, financo di Fausto Bertinotti, fino a Pier Luigi Bersani e Matteo Renzi. Tanta roba. L’esaurimento della spinta propulsiva dell’Unione sovietica, l’alternativa, la Bolognina, il Pd: tonnellate di pagine, ore di televisione, dibattiti infiniti. Poi qualcosa è cambiato. Forse una epocale crisi di rigetto del dibbbattito con tre “b”, di certo una stanchezza intellettuale senza precedenti, di fatto questa è l’estate del silenzio della sinistra italiana (ben diversamente dagli Stati Uniti e dalla Francia).

Per forza poi si parla di Renzi. E di che dovremmo parlare? È rimasto solo lui a far discutere. Circondato dallo scetticismo generale che spesso assume le dimensioni del disprezzo umano, in fondo il salto di Renzi verso il centrosinistra, piaccia o non piaccia, è l’unico fatto nuovo di sistema che, anche se in piccola misura, dà una certa smossa a una situazione politica alquanto stagnante. 

È abbastanza incredibile che il Partito democratico, evidentemente ancora in ferie, non stia discutendo di nulla, nemmeno di questa piccola novità. Forse prigioniero di un tran tran che in fondo gli va bene, il Nazareno alza la voce contro Giorgia Meloni – ma è il minimo sindacale – evitando però di mettere i piedi nel piatto sui temi più di fondo, affrontando l’orizzonte, come di diceva una volta, interrogandosi sulle proprie contraddizioni e facendo i conti con le criticità degli alleati.

Il Pd dovrebbe promuovere un grande dibattito sul rigurgito di antisemitismo anche a sinistra, sull’impegno internazionalista a fianco dell’Ucraina, nonché sulle linee fondamentali di una seria riforma del capitalismo e sui nuovi diritti degli individui, sul primato della scienza e della ricerca, su un’informazione davvero libera. Temi enormi. Alti. Servirebbero famosi pensieri lunghi. 

Ma non c’è traccia nemmeno di una discussione politica di più breve respiro. In questa grande bonaccia, Elly Schlein non aderisce né sabota, non agevola né ostacola: lascia fare, un po’ alla democristiana, a metà tra il furbo nascondimento andreottiano e il sonnacchioso attendismo forlaniano, nell’animo suo certa che le cose non potranno che andar bene, basta aspettare. Ed è veramente sorprendente questa metamorfosi di chi voleva occupare il Pd: sicché si potrebbe dire con un po’ di cattiveria che una volta occupato, il Pd schleiniano sta diventando un dormitorio.

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