Eshkol Nevo mi è capitato spesso di incontrarlo nei momenti più duri e diversi del nostro recente contemporaneo, e nella vita così come nella sua letteratura ha sempre mantenuto una postura solida, un senso di latente malinconia che si unisce a quella voglia di vivere che racconta pagina dopo pagina. Nel corso di questo ultimo anno, Nevo ha con coraggio raccontato, sulle pagine del Corriere della Sera, i giorni dei pogrom, della guerra, dell’essere israeliano, dell’essere ebreo in un mondo sempre più antisemita. Torna in Italia per presentare “Legami” (Gramma/Feltrinelli) perché, come racconta, «la letteratura è sempre salvezza, non è mai intrattenimento».
In “Legami”, la parola chiave è cuore e l’anima di questo libro di racconti sono i mondi interiori. Una scelta che sa di sfida nei confronti di un genere spesso sottovalutato e di un tema, quello della multiformità dell’animo umano, molto rischioso.
Questi racconti li ho iniziati a scrivere nel 2010, mentre stavo continuando a scrivere i miei romanzi; raccoglievo racconti aspettando l’occasione giusta per pubblicarli in una raccolta e il motivo è che in un racconto può esserci un momento magico che in poche pagine può contenere tutta una vita. E questo momento non lo puoi inserire o raccontarlo in un romanzo perché gli attimi in cui una sposa entra in un campo da tennis o uno scrittore israeliano viene svegliato da alcune campane sono delle schegge che possono raggiungere una profondità assoluta.
Insomma, questione di attimi…
Esattamente, sono attimi che raccontano la morte, che raccontano i legami che raccontano il desiderio. Il racconto consente di affrontare il tempo in un modo particolare, si possono scegliere ad esempio due momenti separati da anni, si possono mettere in relazione o far emergere la saldatura di un legame che dura nel tempo. In questo caso ho atteso un filo rosso che tenesse tutti i racconti, aspettavo il centro della narrazione che sono come dicevi il cuore, l’anima è l’intreccio tra sentimenti, aspettative e e fisicità.
Quanto è stato difficile superare il coinvolgimento nei confronti di queste storie?
È un libro molto fisico, molto denso.
Per prima cosa devo dire che sono molto felice che tu abbia notato che il corpo fosse davvero al centro del libro. È realmente il filo rosso che lo attraversa, che attraversa tutta la raccolta ed è stato un elemento fondamentale, dirimente per farci decidere quali racconti dovessero entrare nella raccolta e e quali no. Mi sono sentito molto “fisico” durante la scrittura perché si alternavano dentro di me dolore, gioia e attrazione, il senso dell’invecchiare unito all’idea di avere un corpo ancora giovane. Mentre scrivevo il mio focus era relativo a come mantenere un distacco nei confronti dei miei personaggi, come mantenere l’ironia rispetto alle loro caratteristiche per renderli più autonomi, più forti. Inoltre è un libro fisico perché corrisponde a una fase della mia vita in cui riesco ad avere una conoscenza maggiore del mio corpo e delle mie trasformazioni più con un trattamento watsu (lo shiatsu acquatico) che con una seduta dallo psicologo. Questo percorso fisico ha generato anche risposta alla domanda da dove traggono origine la gioia o il dolore, i legami appunto.
C’è una strettoia interiore che attraversi, in cui si sentono molte tensioni nella tua scrittura soprattutto quando parli di padri, di madri e di figli. Come è stato attraversare questo moto diverso della genitorialità?
Mi era successo anche in “Tre piani” e questo fa parte di un percorso più grande che è il mio percorso da padre di tre figlie. Quando venuto anni fa è nata la mia prima figlia mi sono subito reso conto che avrei avuto molte più domande che risposte e da quel momento in avanti è stato tutto una rivelazione, fasi velocissime in cui si passa da una crisi-crisi a una gioia-gioia. Pensa che quando è nata mia figlia ho pensato che non avrei mai più scritto e invece quella nascita è stata una spinta decisiva, una vera fonte di ispirazione che mi portava anche ad esplorare i lati oscuri della paternità. In “Legami” affronto anche la relazione con mio padre e mia madre e con il fatto che anche loro stiano invecchiando. Il libro si apre con la storia di un uomo che accompagna suo padre con ogni probabilità a quello che sarà il suo ultimo concerto e si conclude con “Campane”, in cui un uomo saluta sua madre perché sta morendo. Ho voluto aprire e chiudere la raccolta con queste storie, perché il libro è pieno di desiderio, di libido, di sessualità e però c’è anche un connessione con la morte che a sua volta è presente in ognuno di noi e in quanto israeliano la morte fa parte della nostra quotidianità, assistiamo ogni giorno ai funerali di soldati israeliani e questo in qualche modo spinge anche a vivere pienamente. Vedo molte connessioni fra tutti questi aspetti, tra anche le domande che tu mi ha fatto prima riguardo al corpo, quindi la questione del corpo, la questione della morte, la questione dei legami e anche facendo un gioco di parole con la parola legami, cioè quello che lega ognuno di noi.
Tra poco sarà passato un anno dal 7 ottobre, dall’orribile attacco terroristico di Hamas, dai pogrom nei kibbutz, dall’eccidio del rave. Un anno di orrore e di tremori, la letteratura in tutto questo che ruolo ha? Esiste ancora uno spazio per la narrazione?
La cosa straordinaria che mi è successa in questo anno è che ogni volta che sono andato da qualche parte per un reading, un seminario, per incontrare qualcuno che volesse incontrare me e le mie parole ho avvertito sempre un’importanza straordinaria. Mi chiedi del se esiste ancora un luogo se esiste ancora uno spazio? A me sembra di sì, anzi sempre di più. Mi sembra che sia davvero molto più che mai in aumento il bisogno delle persone di ricevere speranza, gentilezza, empatia. Ogni volta che entro in una stanza per un incontro sulla mia scrittura mi rendo conto che è un incontro terapeutico per me, per loro, per tutti noi insieme. La letteratura è la salvezza dell’anima e non intrattenimento e serve a ricordare alle persone che non è mai troppo tardi per essere un essere umano, che non è mai troppo tardi per ritrovare la propria morale e ricordarsi che si può anche fare il bene e non solo il male. È stato un anno triste, ma anche davvero molto estremamente importante che ha fatto emergere la potenza della scrittura.
Questa sera Eshkol Nevo sarà protagonista, in dialogo con Caterina Soffici, dell’anteprima della XIX edizione della Festa del Racconto dal titolo “La simmetria dei legami” (ore 21, Auditorium San Rocco di Carpi) ingresso libero. Il 18 settembre sarà a Pordenonelegge, dove incontrerà i ragazzi, presentato da Tullio Avoledo.