«Io ho fatto due interviste finora, con intervistatori che si sono dimostrati leali come moschettieri: mi aspettavo di trovare qui il terzo moschettiere». Sono le 21 e 30 di martedì, il camerino di Maria Rosaria Boccia – già dottoressa, già quasi consulente, già imprenditrice, già wedding planner, già dimettitrice di ministro – è pieno di gente che tenta di convincerla a fare quello che lei ha annunciato per tutto il giorno avrebbe fatto: apparire alle 22 e 15 nello studio di “È sempre cartabianca” per dare un’intervista a Bianca Berlinguer.
Cosa che non ha più intenzione di fare per ragioni che cambiano a seconda di chi racconti la storia (chi la racconta in privato, e chi in pubblico: ieri Maria Rosaria Boccia ha dato la sua versione, e la Berlinguer ha risposto in toni che hanno fatto capire che no, l’intervista non era rimandata di una settimana come avevano detto martedì sera).
Se ne andrà dopo ore in camerino per moltissime rashomoniche ragioni. Perché lei e la Berlinguer non si sono piaciute. Perché l’intervista in diretta e senza la mitezza grata di intervistatori che sono i primi e quindi ti lasciano dire un po’ quel che ti pare non presenta sufficienti garanzie. Perché voleva dire che la sua consulenza l’aveva fatta saltare Arianna Meloni. Perché non voleva dire che la sua consulenza l’aveva fatta saltare Arianna Meloni. Perché aveva già individuato il terzo moschettiere in Lilli Gruber, che sa come sedurre una potenziale intervistata e la mattina aveva detto ad Aldo Cazzullo che la Boccia in tv se la cava «molto bene». Valgono tutti i perché, anche perché questa storia un senso non ce l’ha.
Nel camerino in cui s’indispettiva per non aver trovato un moschettiere, Boccia aveva dei fogli. La trascrizione della telefonata misteriosa. Riassunto per chi si fosse perso in questa “Ciranda de pedra” ambientata al ministero. Prima dell’harakiri del ministro al Tg1, Boccia aveva pubblicato una storia Instagram che diceva che la voce che aveva bloccato la sua nomina a lei era sembrata femminile, «La riascoltiamo insieme?» – quindi, si desume, di quella voce esisteva una registrazione. E infatti poi Sangy va al Tg1 e il direttore gli chiede di cosa parlasse la dottoressa in quella storia Instagram, e lui fa un’ipotesi, dice che a lui di rompere i rapporti gliel’aveva detto la moglie (le mogli individuano i guai sempre prima dei mariti), ma che lui quella registrazione non l’ha ascoltata e quindi non può essere sicuro.
Quando la Boccia si lascia intervistare dai moschettieri di La7, la sua ricostruzione – che come tutto ciò che dice la signora in queste settimane non viene contraddetto, come già notavo l’altro giorno: d’altra parte le risposte in questo bislacco paese gli intervistatori non le contestano ai rappresentanti delle istituzioni, perché dovrebbero contestarle alle wedding planner? – è abbastanza lunare.
Dice la Boccia che lei se ne stava tranquilla a casa, squilla il telefono, ed era ’o ministro che, tu pensa, mentre litiga con la moglie che gli dice tu con quellallà devi tagliare i ponti, chiama proprio quellallà e lascia la cornetta appoggiata acciocché quellallà potesse origliare. Ora. Tutto può essere, per carità. Ma a quel punto vuoi chiederle se «vogliamo risentirla» indicasse che lei, lei innocente, lei tranquilla a casa che riceve chiamate mute dal fidanzatino delle medie che vuole farle sentire che è la mamma a non lasciarlo uscire, lei avesse registrato? Macché. I moschettieri tralasciano questo dettaglio, e quindi eccoci qui, nel camerino con la trascrizione.
Ma poi perché trascrizione? Non sarebbe più telegenica la registrazione? Anche più sensata, diciamo: se mi fai sentire le voci, certo, potrebbe essere intelligenza artificiale, ma tendo a credere che quella chiamata sia davvero esistita. Ma un testo scritto non dimostra nulla, orsù: persino un moschettiere se ne accorgerebbe.
Comunque. Poi la Boccia non va in onda, dopo aver chiesto di modificare la scaletta (era prevista un’intervista con la Berlinguer, e poi una seconda parte in cui quattro giornalisti avrebbero commentato con lei non in studio, ma lei eventualmente sarebbe potuta intervenire da fuori se ne sentiva il bisogno; lei invece voleva essere in studio anche nel secondo blocco).
Neanche i cambiamenti la convincono, accusa la Berlinguer di non essere abbastanza preparata sulla sua vicenda, sentendosi un po’ una che ha fatto la storia e insomma bisogna studiare (d’altra parte la storia la fa Fedez, la fa la Meloni, perché non deve fare la storia Maria Rosaria Boccia da Pompei, che delle migliaia di bionde con le extension che s’incrociano a Mergellina è l’unica che m’abbia fatta incomodare a scrivere non so più quanti articoli, è l’unica che da non so più quanti giorni sia sulle prime pagine dei giornali?).
A un certo punto la Berlinguer le chiede «ma non è che mi stai registrando?», e lei pare s’innervosisca molto, ma io quando me lo raccontano penso solo a quando cent’anni fa c’era nella redazione della Berlinguer una che chiunque abbia frequentato i giornali italiani conosce, una Boccia in sessantaquattresimo, e anche lei registrava tutto, anche lei era una dilettante del dossieraggio, e a un certo punto mi dissero che la Berlinguer faceva le riunioni di nascosto perché era terrorizzata che questa la registrasse ma finché non le scadeva il contratto non poteva impedirle di partecipare. Sono anni che ci ripenso e rido, al paese che si percepisce liberista e poi una conduttrice vive nel terrore d’una collaboratrice invece di dire «questa me la cacciate».
Comunque. La Boccia non va in onda, e viene trasmesso invece il solito inguardabile talk coi soliti verbosi giornalisti, uno dei quali a un certo punto dice che a lui e a molti altri non importa nulla di sapere se la Boccia sia o no andata a letto con Sangiuliano, e io mi chiedo quanti romanzi uno debba non aver letto per avere un’idea così scema del mondo, per mancare così tanto di prospettiva, per far rivoltare così tanto Balzac nella tomba, per fare da opinionista sulla “Ciranda de pedra” dei ministeri dandosi però il tono da chi ha da far cose più serie.
Ovviamente dicendo «inguardabile» mi svelo priva di uso di mondo quanto il non lettore di romanzi: “È sempre Cartabianca” fa poco più d’un milione di spettatori, il martedì precedente erano poco più di settecentomila e quindi l’attesa della Boccia è essa stessa Boccia e va bene così.
Oltretutto ieri i dati Auditel sono usciti alle sette di sera invece che alle dieci di mattina, e non si può neanche dire, come fanno in genere i televisivi paranoici, che è perché qualcuno doveva truccarli, giacché era già dal giorno prima che Auditel aveva problemi (e comunque in contemporanea c’era la prima di “Temptation Island”: quasi tre milioni e mezzo, ma resta inspiegabile quel milione di italiani che, a Tony che fa da animatore alle nuove coppie, ha preferito la Boccia che, come un Lino, non si presenta al falò di confronto).
Ma ora scusate, devo andare a rileggere “I tre moschettieri”, per capire chi la Boccia crede sia Athos, chi Porthos, chi Aramis. Chi è quello che credono morto, chi quello che mangia troppo, chi quello che voleva farsi abate. Chissà se Maria Rosaria l’ha letto o se, ritenendolo «tosto» come lamentava quel personaggio di “C’eravamo tanto amati”, ha preferito la riduzione comica diretta da Giovanni Veronesi.
Oltretutto, visto che alla seconda intervista bocciana – quella su La7 – i moschettieri erano in due, il terzetto è già completo. Ciò lascerebbe scoperto solo il ruolo di d’Artagnan, che in Veronesi era Favino, che alla tv chissà se sarà Dietlinde Gruber, che sempre e comunque è protagonista ma non conteggiato nel titolo. Maria Rosaria Boccia, forse imprenditrice, forse bionda, sicuramente grande produttrice di metafore.