Sicurezza occidentaleIl piano di Mario Draghi per la competitività della difesa europea

Secondo Politico, l’ex presidente del Consiglio italiano ha in serbo un piano che faciliterà l’accesso ai fondi comunitari per le aziende del comparto bellico, rimuovendo le barriere burocratiche, incentivando investimenti a lungo termine e introducendo un modello di governance più integrato

Mario Draghi, ex capo della Banca centrale europea

Un dossier di quattrocento pagine per aumentare gli investimenti nel settore della difesa, promuovere capacità industriali e migliorare il dialogo strategico tra i ventisette Stati membri. È questa il contenuto del rapporto sulla competitività europea redatto dall’ex presidente del Consiglio Mario Draghi, in un momento storico segnato da insicurezza e minacce globali, prima fra tutte l’invasione su vasta scala dell’Ucraina da parte della Russia di Putin

In una bozza del rapporto, visionata in maniera esclusiva da alcuni giornalisti di Politico, sono presenti alcune istruzioni dell’ex presidente della Banca centrale europea che renderebbero il settore delle armi efficiente e competitivo, oltre che indipendente dal mercato degli Stati Uniti, il cui apporto in termini militari – considerata la possibile (ma non certa) rielezione di Donald Trump a presidente – non potrà più essere dato per scontato nei prossimi anni. Il rapporto commissionato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen all’inizio dell’anno e stilato in una forma preliminare il 20 giugno, che sarà discusso a porte chiuse in Parlamento europeo mercoledì 4 settembre e sarà pubblicato nel corso della seconda settimana del mese.

Il piano di Draghi è un tentativo strategico di andare incontro alle necessità di sviluppo di politici e imprenditori dell’industria militare, a lungo bloccati da vincoli legislativi che ostacolano la cooperazione in nome della concorrenza. Una revisione delle regole in vigore finalizzata a rimuovere le barriere burocratiche consentirà di superare l’impasse e incrementare il coordinamento transfrontaliero. «La base industriale della difesa dell’Unione europea sta affrontando sfide strutturali in termini di capacità, know-how e vantaggio tecnologico. Di conseguenza, l’Ue non sta tenendo il passo con i suoi concorrenti globali», spiega Draghi nel rapporto. Il mancato dialogo tra gli attori statali europei, costringe l’ottanta per cento dei paesi membri a rivolgersi agli Stati Uniti per l’approvvigionamento militare.

Oltre a ciò, occorrerà incentivare modelli di investimento a lungo termine. In particolare, come si evince dal rapporto, sarà necessario mettere mano alle politiche di prestito della Banca europea degli investimenti per favorire l’erogazione del credito in alcuni settori chiave. Una correzione, questa, che dovrà tenere conto tanto della sostenibilità finanziaria quanto di quelle ambientale e sociale dei paesi dell’Unione.

Inoltre, in un’ottica di miglioramento della capacità militare comune, il rapporto include altre raccomandazioni: l’introduzione di un “principio di preferenza europea”, in modo da debellare la concorrenza straniera; la definizione di un modello di governance tra la Commissione europea, il Servizio europeo per l’azione esterna e l’Agenzia europea per la difesa; la creazione di un’“Autorità per l’industria della difesa”, deputata al controllo degli appalti a livello europeo, «gestita dalla Commissione europea e co-presieduta dall’Alto Commissariato Generale/Capo dell’Agenzia Europea per la Difesa e dalla Commissione», come si legge nella bozza del rapporto visionata da Politico.

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