I moduli erano pronti. Era tutto a posto, in Liguria. Centrosinistra unito, in un modo o nell’altro, a sostegno di Andrea Orlando contro un competitivo Marco Bucci. Ma con Giuseppe Conte in giro è come nel Far West. Perché questo è oggi il cosiddetto “campo largo”, un Far West. E dunque dopo la rissa da saloon sul Cda Rai è arrivata, in connessione con quella, un’altra scorribanda sotto forma di sostanziale cacciata di Matteo Renzi dalla coalizione a sostegno di Orlando. Che è giustamente furibondo. Renzi ne fa una questione di dignità: tecnicamente, ha ragione. Trattato come un appestato, saluta e se ne va, Italia Viva lascia libertà di coscienza il che per il candidato dem significa perdere un po’ di voti: a un mese dal voto non è esattamente un bel colpo.
L’autolesionismo messo in mostra in quarantottore dal cosiddetto “campo largo” ha essenzialmente un padre e una madre. Forse non solo loro ma essenzialmente di tratta di Conte e Elly Schlein. Ora Orlando sta cercando di metterci una pezza, perché sa bene che difficilmente i renziani offesi lo voteranno. Ma soprattutto perché si trova a essere il volto di questo campo largo, che pare un’ala di un manicomio più che un progetto politico.
Persino riassumere i fatti è deprimente. Il fatto è che, dall’inizio della campagna ligure, l’avvocato del popolo, sempre più malato di protagonismo per contenere il bum bum di Beppe Grillo, aveva messo i bastoni tra le ruote all’ipotesi di un appoggio di Italia Viva al centrosinistra, seppure camuffato da lista civica, fino al punto di imporre il suo veto su alcune candidature renziane.
Troppo anche per un Renzi che pur di restare attaccato al carro del centrosinistra aveva accettato di travestirsi da lista civica, e anche di seguire il Partito democratico nel suo aventinismo sul Cda Rai, la questione che è diventata una clamorosa e ridicola buccia di banana nel rapporto tra Conte e Schlein.
E qui veniamo alla madre del pasticcio in salsa ligure, alla segretaria del Partito democratico, che dopo essersi fatta fregare dall’avvocato sul Cda Rai invece di prenderlo per le orecchie e imporgli di star calmo in Liguria, ha subìto di nuovo il diktat di quest’ultimo. Altro che «testardamente unitaria»: Schlein ha evidenziato una totale mancanza di leadership.
Perché lei sta diventando la pallina di ping pong nella partita tra Conte e Renzi pur essendo la leader del partito che detiene, o dovrebbe detenere, il golden share del centrosinistra. Orlando, che in queste settimane ha tessuto la rete unitaria, come si diceva, è furente con Roma e in queste ore è lui, non Elly, che tratta con Conte e con Renzi. Ed è uno strano destino davvero che sulla sua strada si sia di fatto messa quella Schlein per la quale si era battuto alle primarie. Contraddizioni nel Partito democratico, anzi, nella sinistra del Partito democratico.
E infine Renzi. Che oggi parlerà alla Assemblea nazionale di Italia Viva, quella, ironia della sorte, convocata per formalizzare l’ingresso nel campo largo proprio nel giorno in cui il “campo” si restringe di fatto espellendolo. Forse terrà aperto uno spiraglio, forzando il suo carattere. In questa pazzesca guerra di tutti contro tutti, alla fine si faranno i conti. E se Orlando perde, qualcuno si farà male.