Tra master class, show-cooking, degustazioni, conferenze e visite culturali, al congresso “Nutrire l’incontro” si è parlato di insularità, di regioni e di progetti gastronomici che, per la loro singolarità, sono diventati veri e propri laboratori di creatività artistica e gastronomica. Il congresso si è concluso a Roma lo scorso primo ottobre, ma i semi lasciati durante l’incontro non possono che germogliare e portare frutto. In primo luogo nel focalizzare i punti di unione tra due Paesi come Italia e Spagna, nella cultura e non solo.
«La valorizzazione della tradizione e del territorio sono tra gli aspetti più significativi che uniscono Italia e Spagna a tavola. Durante il congresso, questa attenzione al territorio è stata espressa attraverso le degustazioni di vini isolani provenienti dalla Sicilia e dalle Canarie». A parlare è il gastronomo Carles Tarrassó, organizzatore dell’evento, che continua: «Gli enologi partecipanti, Arianna Occhipinti e Carmelo Peña, credono in una viticoltura guidata dalla natura, strettamente dipendente dai cicli naturali e dal territorio in cui crescono le loro vigne. Arianna, con i suoi vigneti a Vittoria, in provincia di Ragusa, segue una viticoltura influenzata dalle particolarità di ogni terreno e dalle stagioni. Carmelo, con le sue viti piantate nei jables (terrazzamenti coperti di sabbia vulcanica, ndr) di Gran Canaria, si adatta al terreno vulcanico estremo per produrre vini eccezionali. Questa filosofia, profondamente mediterranea e radicata nel rispetto per la natura e nella creatività dell’agricoltore, è parte dell’identità condivisa tra i due Paesi».
Proprio la tematica dell’insularità ha portato ad alcune delle considerazioni più interessanti: «Abbiamo utilizzato la metafora delle isole interconnesse – spiega Tarrassó – per illustrare i processi degli attuali sistemi alimentari. Si è discusso di territori che, lontani dall’essere isolati, ricevono influenze diverse che conservano e trasformano nel tempo, in un contesto dove cultura, natura e cittadinanza si intrecciano. La gastronomia attuale opera in questo contesto, caratterizzata dalla sua decentralizzazione, eterogeneità, flessibilità e resistenza, essendo una fonte inesauribile di patrimonio e simbolismo, con un ruolo fondamentale nella costruzione delle identità individuali e collettive. In questo senso, lo show-cooking presentato dallo chef John Regefalk del Basque Culinary Center, incentrato sull’insularità, ha offerto una reinterpretazione d’avanguardia di prodotti tradizionali provenienti da cinque regioni con gastronomie uniche: le Isole Canarie, le Isole Baleari, la Sicilia, la Lapponia e i Paesi Baschi. Abbiamo assaggiato renna stagionata, i tollos di squalo dalle Canarie, liquirizia salata, miglio e formaggi di capra».
Filo conduttore e tematica portante del congresso è stata l’intersezione tra arte e gastronomia, tema caro a Ferran Adrià, che ha annunciato la creazione di una università a Madrid, chiamata MAAC, che collaborerà con l’illustre Università di Comillas. Adrià nel suo intervento ha parlato di informazione, dati, social media, e ha discusso di come il mondo della gastronomia spesso sia disordinato, citando la difficoltà di classificare i ristoranti senza categorie chiare. «L’informazione – ha affermato – diventa conoscenza quando decidi tu come usarla». Ha menzionato strumenti come ChatGPT, cercando di dare una definizione ai concetti di arte e gastronomia: se non abbiamo chiaro cos’è l’arte, come possiamo parlare di gastronomia?
«Innovare significa rischiare», ha concluso Adrià, invitando il pubblico a riflettere su come comprendere e contestualizzare la gastronomia, non solo come disciplina estetica, ma anche come strumento politico e culturale.