Il riquadro nero su Instagram, per dimostrare che sei solidale con Black Lives Matter (da Brera, dove le uniche black lives sono quelle dei fattorini di Glovo). Il balletto indignato con in grafica il costo degli assorbenti con Iva, per illustrare la tua vicinanza alle donne povere (a una delle quali, che sta giusto ora pulendo il tuo bagno, hai raccomandato di non aprire la porta interrompendo la registrazione del balletto).
Lo screenshot, su X, della disdetta dell’abbonamento al Washington Post, allorché il vile Jeff Bezos si rifiutò di pubblicare un editoriale in sostegno del voto a Kamala Harris, editoriale che ovviamente avrebbe cambiato le sorti delle elezioni ultime scorse. Incredibilmente, nel ruolo di miliardario cattivo (che, come quello di Batman, può essere interpretato da un solo attore alla volta), Jeff Bezos è durato pochi giorni.
Perché adesso c’è un nuovo miliardario cattivo contro cui indignarsi per significare la propria solida appartenenza al ceto medio riflessivo, un nuovo miliardario cattivo che poi è un miliardario cattivo che al massimo può essere considerato usato sicuro, un nuovo miliardario cattivo che fa sì che tutti gli altri possano solo essere buoni (ve l’ho detto: uno alla volta – mica le faccio io le regole).
Sembra un attimo fa quel 2021 in cui sui social ci si fotografava la mano con scritto «DDL Zan», e in cui il sindaco di Firenze si postava lieto con Elon Musk e la di lui allora fidanzata, «la vostra presenza ispira il futuro di Firenze e del mondo intero», nientemeno. Quattro rapidissimi anni ed eccoci qui.
Nulla è più come prima (a parte i miliardi di Elon e i debiti nostri: quelli identici) e quella piattaforma da Musk chiamata X (che noialtre persone normali continuiamo a chiamare Twitter), che dieci secondi fa veniva buona per dire a Jeff Bezos «il tuo giornale non lo pago più», quella piattaforma ora va abbandonata: è urgente, è cogente, è emergenza democratica.
Epperò dove lo posto l’annuncio che non gioco più, me ne vado? Ma ovvio: su un social di proprietà di quello che nel 2016 vendeva i vostri dati per far vincere Trump. Lo so, non ve lo ricordate: il problema di scandalizzarsi spesso è che non si sta dietro a tutte le istanze sposate, le rivoluzioni annunciate, i gran gesti fotografati.
«Ciao, Elon», scrive famoso regista a corredo dello screenshot «Il tuo account è stato disattivato», e posta nell’orticello di Mark Zuckerberg la disdetta all’orticello di Musk. «Chiedo a @Linkiesta di trovare il coraggio di abbandonare la piattaforma X», scrive un utente sotto al mio articolo di ieri, anzi più precisamente: sotto al tweet (al post di X, insomma) con cui il giornale linka il mio articolo. È un comma 22: se non sei su X come fai a venire su X a spiegarmi quant’è urgente abbandonare X?
Giorni fa Thomas Chatterton Williams ha scritto che, con l’ascesa della Silicon Valley, «a determinare la nostra esistenza collettiva sono gli autistici». Tra le risposte che gli sono arrivate, la mia preferita è quella che si lamenta che siano tutti autistici la cui ossessività si esplica in materie scientifiche: dove sono gli autistici umanistici? In effetti mi pare che tra i primi mille problemi di questo secolo ci sia la mancanza degli ossessivi dell’aoristo.
Ieri un’amica voleva convincermi che l’ossessione degli italiani per Elon Musk non avesse precedenti, io le dicevo che era smemorata e non si ricordava di quando il cattivo era Zuckerberg (praticamente l’altroieri), e lei insisteva che no, la fissazione per Musk fosse maggiore. Temo che dipenda sempre da quella questione del troll in chief, che quelli di Netflix in una riunione con Nanni Moretti chiamerebbero il fatal flaw.
L’autismo di Zuckerberg era sprezzante ma sfuggente (non importa che “The Social Network” fosse un film di finzione: è comunque un ritratto di rara esattezza, non credo che un documentario che seguisse Zuckerberg nelle sue giornate potrebbe restituirlo più precisamente).
Quello di Musk è sprezzante e maramaldo: più vede che vi agitate, più infierisce. Più vi vede criceti, più vi fa correre nella ruota. Più annunciate abbandoni d’una piattaforma di cui paga i server, più ride di voi.
Lo so che gente che, non avendo un lavoro vero, s’è inventata il mestiere di spiegarvi l’internet, lo so che quella gente vi ha spiegato che niente è gratis, se è gratis la merce siete voi; lo so che non riuscite più a vedere lucidamente che, nella transazione in cui Musk paga la memoria di computer in cui custodire i vostri penzierini, permettendovi al contempo di parlare, dalla vostra cassetta della frutta, non solo all’angolo dei matti di Hyde Park ma a tutto il mondo, e voi non gli date nulla in cambio, in quella transazione lì non è lui a rimetterci se ve ne andate.
(Certo, a meno che non siate gente che abbocca alle pubblicità di criptovalute che le compaiono su X, il che tornerebbe col vostro essere gente che magari paga per avere spiegazioni del mondo quali «se è gratis, la merce sei tu»; in questo caso, però, mi pare che su che social stare sia il minore dei vostri problemi, e la legge Basaglia il maggior problema per le vostre famiglie).
E quindi sì, forse è normale che Musk vi faccia, si direbbe a Bologna, chiudere la vena più di quanto facesse Zuckerberg, che almeno se rideva di voi lo faceva coi suoi amici e non in pubblico. Però, ecco, potete consolarvi col fatal flaw, che è il tratto caratteriale che, almeno da Shakespeare in poi, s’intravede sin dall’inizio e alla fine determinerà la tua caduta.
Il suo voler essere il più gran troll mai comparso sulle piattaforme degli scemi è quello che porterà Musk allo scontro finale con Donald Trump, che chiaramente ambisce anche lui a essere troll in chief. Ne resterà solo uno, e voi finirete come quella parlamentare italiana che, quando una catena di supermercati mise in vendita una maglietta con su stampata una vignetta in cui un uomo buttava dalla finestra la moglie petulante, postò con tutta l’evidenza che si riserva alle cose davvero importanti la sua disdetta della tessera punti del supermercato.
Se per caso doveste sentirvi scemi, mentre per sentirvi gente dalla inossidabile tempra morale date la disdetta a un social network del quale usavate i server a scrocco, pensate che potrebbe andar peggio. Potreste, come posizionamento etico, continuare a far la spesa nel supermercato del quale non avete più la tessera per gli sconti.