Uno degli aspetti più belli del jazz è l’improvvisazione, ma al contrario di quanto si possa romanticamente pensare, non si tratta di un volo di fantasia. Fantasia ce n’è, sì, e ci sono anche l’istinto nell’interpretare le intenzioni degli altri musicisti e la forza dell’intesa che si crea tra i colleghi. La base però è sempre una profonda conoscenza della tecnica, solo con quella si può padroneggiare uno strumento e decidere di virare all’improvviso, cambiare tema e giocare col ritmo senza preavviso.
Certe volte in viticoltura succede un po’ la stessa cosa e le ultime annate, influenzate da repentini cambiamenti del clima, ne sono un esempio. Costringono a cambiare strategia a giocare d’astuzia e, appunto, a improvvisare. Ma tutto questo sarebbe impossibile senza una preparazione solida a monte. È un po’ quello che è successo da Bertani con l’annata 2015, la prima in cui, secondo l’enologo Pietro Riccobono, si sono davvero sperimentati gli effetti del cambiamento climatico. Oggi i premi e i punteggi della critica confermano l’ottimo risultato – James Suckling, Corriere della Sera, Gambero Rosso, Bibenda, ViniBuoni d’Italia e non solo – ma sul momento ci si è trovati di fronte a una situazione nuova e non è stato sempre facile capire come muoversi. Con il vino ormai nel calice, ecco il racconto di come un’annata impegnativa è stata gestita con successo.
2015 tra le ondate di calore
Più caldo e meno piovoso rispetto alla media, il 2015 ha dato ai produttori dei segnali ben precisi. «L’annata 2015 è la vendemmia che ha fatto percepire per la prima volta l’effetto del cambiamento climatico e di quanto questo oggi influenzi la natura e composizione delle uve e, quindi, la durata della messa a riposo», afferma Pietro Riccobono, enologo di Bertani. «È stata caratterizzata da un inverno con temperature più elevate della media e da ricche piogge soprattutto nel mese di febbraio. La primavera ha avuto un decorso asciutto che ha favorito un germogliamento e una fioritura anticipati. Poi arriva l’estate, particolarmente calda e asciutta. «La piovosità è stata pari a un quarto della media stagionale e le ondate di caldo sono continuate anche nel mese di agosto. Queste condizioni hanno accelerato la maturazione comportando un avvio anticipato delle scelte di vendemmia già nella prima decade di settembre».
L’incognita della “messa a riposo”
Dopo la raccolta, le uve (80 per cento corvina veronese e 20 per cento rondinella, ndr) sono state portate in fruttaio per la “messa a riposo”, quel periodo in cui le uve per l’Amarone vengono lasciate appassire, perdendo una parte di acqua e concentrando tutte le sostanze all’interno dell’acino. «Quando ci si ritrova a produrre vino con uve appassite, che poi deve essere sottoposto a lungo affinamento, si ha sempre un po’ di titubanza – dice Riccobono –. Come volverà durante la fase di appassimento e poi durante l’evoluzione in legno? Per noi l’annata 2015 per certi versi è stata didattica. La “messa a riposo” è sempre un passaggio difficile da tradurre, soprattutto quando avviene in maniera naturale». In questo caso, infatti, il procedimento avviene in modo tradizionale, ovvero con le uve disposte su dei ripiani chiamati “arèle” e il ricircolo di aria fresca dall’esterno, senza forzature in termini di controllo delle temperature e umidità. «E infatti, siamo stati costretti a pigiare le uve in anticipo – conferma l’enologo –, non era mai avvenuto che un periodo di appassimento fosse così breve. Di solito durava cento giorni e questa per noi è stata una novità: solo 78 giorni. Quell’anno ci siamo trovati a scoprire cose che non avevamo mai visto». Per la prima volta il cambiamento climatico ha inciso in maniera significativa anche sul metodo di produzione. «Sulle prime un certo timore ce l’hai – sorride – ma il know-how, l’istinto e gli assaggi ci hanno dato ragione. La scelta di pigiare le uve in anticipo si è rivelata corretta e il vino appena ottenuto lo confermava».
Invecchiamento, prima e dopo la bottiglia
Dopo la vinificazione, da Bertani la maturazione avviene in botte grande, per un periodo di tempo mediamente lungo. «Il vino ha maturato in botti di rovere di Slavonia da cinquanta-cento ettolitri per sette anni e l’affinamento in bottiglia dura circa un anno», spiega Riccobono che, in merito alla durata del vino in bottiglia, può attingere da un piuttosto vasto archivio di vecchie annate, che l’azienda conserva e che ha negli scorsi anni ha studiato e catalogato in un progetto denominato “The Library” (lo raccontiamo in questo articolo). «Quando alla fine abbiamo assemblato le botti che avrebbero composto il vino, ci siamo resi conto che avevamo di fronte una grandissima annata. Di lì, indovinare i punteggi che avrebbe ottenuto sarebbe stato impossibile – sorride – ma avevamo una consapevolezza: rispettava i canoni dei grandi Amarone Classico Bertani». Tanto che, in relazione alla Library, si potrebbe azzardare qualche paragone con un’annata precedente. «È difficile paragonare un’annata ad un’altra quando non se ne è vista l’evoluzione in vigna e non se ne è vissuta la vendemmia» premette Riccobono. «Istintivamente direi la 1964, che fu una vendemmia caratterizzata da una grande ondata di calore in tutta Europa e che fece produrre grandi vini nelle più importanti denominazioni europee. Credo che l’esuberanza di un millesimo giovane come la 2015 potrebbe trasformarsi nel tempo nella raffinatezza della 1964».
Cos’ha aiutato in un’annata impegnativa
Lo abbiamo detto, una buona dose d’improvvisazione è inevitabile di fronte ad un clima imprevedibile, ma dev’essere supportata da una solida base tecnica. «Ciò che sicuramente ha fatto la differenza in quell’annata è stata una tecnica viticola rivista, l’ombreggiamento dei grappoli che avevamo già iniziato a studiare è stato fondamentale per determinare una miglior architettura della chioma, ed evitare scottature agli acini. Tutte le nostre vigne sono a guyot invece che a pergola – si tratta di un sistema d’impianto che, a differenza della pergola, tenderebbe ad esporre maggiormente i grappoli. Questo è un degli elementi che caratterizza la gestione viticola della nostra tenuta, una sorta di piramide fogliare al contrario, che ci permette di ombreggiare i grappoli».
All’attenzione nel gestire l’apparato fogliare delle piante, si è aggiunta una calibrata gestione dell’acqua. «Avevamo ormai maturato una sapienza molto puntuale nell’irrigazione. La tenuta di Novare può contare su una ricchezza idrica importante e coniugare le due cose fa la differenza. In quell’anno c’è stato bisogno di un’irrigazione volta al mantenimento dello stato di stress per la pianta che in questo modo non è mai esagerato. Siamo riusciti a creare uno stress idrico controllato che, unito a una buona gestione della chioma, ha dato equilibrio al frutto. Così in cantina non abbiamo dovuto stravolgere nulla, restando fedeli ai canoni produttivi che l’azienda ha da sempre».
Cosa c’è in bottiglia
Cosa si trova quindi in un calice di Amarone Classico 2015 di Bertani? «Il naso è molto espressivo e complesso, con delle chiare note floreali e di cedro che si mescolano a toni più scuri e terrosi» descrive Riccobono. «Al palato c’è una struttura importante ma non pesante, grazie alla sua vivace acidità. Il frutto generoso rende i tannini avvolgenti e scorrevoli creando una consistenza perfetta. Le note pure di frutta rossa sono seguite da un sorso ricco di liquirizia e un finale carnoso e saporito». Un vino da meditazione, ma che non teme affatto la tavola e neanche il tempo. «È uno di quei vini che migliora affinando per lunghi periodi in bottiglia. È un equilibrio unico fra la grande acidità, la concentrazione alcolica e la struttura tannica. Allo stesso tempo è caratterizzato da una straordinaria bevibilità che lo contraddistingue sin dalla giovinezza. Dove, per giovane – specifica l’enologo – intendiamo un vino che viene rilasciato dopo nove anni. La sua armonia e unicità lo rendono apprezzabile fin da subito».