Unità nazionaleLa positiva, per una volta, collaborazione dei partiti su Cecilia Sala

Maggioranza e opposizione hanno evitato sterili polemiche sulla ventinovenne giornalista del Foglio incarcerata in Iran. Giusto i grillini hanno scioccamente chiesto al governo di riferire in Aula, non capendo quanto sia importante in questo momento lavorare in silenzio sulla trattativa con Teheran

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La politica ha messo la sordina alle solite polemiche: quanto piccole appaiono certe discussioni davanti a un’emergenza come quella che riguarda Cecilia Sala, reclusa nel carcere di Evin a Teheran dal 19 dicembre non si sa di preciso per che cosa, se non per il fatto di essere una giornalista che stava facendo il suo brillante lavoro dalla capitale iraniana. «È in buone condizioni», ha detto il ministro degli Esteri Antonio Tajani. 

Opportunamente, il clima è immediatamente diventato da unità nazionale. Il governo è impegnato con tutti gli strumenti a sua disposizione per liberare Sala e ieri per fortuna non si è registrato alcun episodio di protagonismo da parte di un mondo politico che pure è zeppo di personaggi strambi e mattocchi di vario conio. Giusto il Movimento 5 stelle ha scioccamente chiesto al governo di «riferire in Aula»: dilettanti allo sbaraglio. Dal resto dell’opposizione, massimo appoggio al lavoro del governo. E questo è fondamentale, spiegano fonti parlamentari che seguono la vicenda, per evitare errori che potrebbero compromettere lo sforzo di riportare a casa la giovane giornalista italiana. 

Niente chiacchiere inutili, anche perché è chiaro che è in corso una trattativa, come ha detto Guido Crosetto: «Le trattative con l’Iran non si risolvono, purtroppo, con il coinvolgimento dell’opinione pubblica occidentale e con la forza dello sdegno popolare ma solo con un’azione politica e diplomatica di alto livello». E secondo alcune voci potrebbe essere un negoziato non semplice se fosse collegato a un’ipotesi di scambio di prigionieri. 

Così, la mesta contrapposizione in Senato per l’atto finale della legge di Bilancio (il voto finale stamattina) è parsa una messinscena surreale, una rappresentazione senza tempo e senza scopo ancora più di quanto non lo fosse di per sé, trattandosi di un esame parlamentare del tutto finto, un esercizio pirandelliano, una perdita di tempo. Buttati nel cestino ottocento emendamenti, la legge di Bilancio passerà così com’è stata licenziata dalla Camera, dove a sua volta lo spazio per modifiche al testo governativo era stato infinitesimale. 

Che senso ha dunque questa farsa? Ogni anno è peggio dell’anno precedente, così che ormai la legge cardine degli indirizzi di politica economica in realtà viene trattata da trenta persone, cioè i membri della commissione Bilancio della Camera che esamina la legge in prima lettura. Dopo è solo un diluvio di chiacchiere e distintivo. Probabilmente se si votasse oggi per il superamento del bicameralismo perfetto, affidando il potere legislativo a una sola Camera, come chiedeva la riforma Renzi bocciata al referendum del 2016 il risultato sarebbe diverso. 

Forse quella idea, magari rivisitata, potrebbe essere riproposta. O altrimenti torni il bicameralismo vero, non questa buffonata del “monocameralismo di fatto”. Le solite cose all’italiana. Ma adesso il problema è molto più serio: la liberazione di Cecilia Sala, giornalista, è l’unico obiettivo di tutti.

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