Riprendere il quotidiano Il cibo nei filmati amatoriali di Home Movies parla costantemente di noi

I video girati in famiglia sono documenti dei tempi andati ma, soprattutto, sguardi su un’eredità che, senza saperlo, ci viene consegnata

Matrimonio a San Fruttuoso, Fondo Giuseppe Bacigalupo, 1939 @Archivio Home Movies

Sopra un tavolo lungo, tovagliato di bianco, una signora di spalle taglia il pane mentre altri prendono posto. Arriva, poco dopo, una teglia di pizza casereccia quando ormai tutti sono seduti. L’inquadratura si ferma allora sui commensali che mangiano e parlano, prima di concentrarsi su una gigantesca portata di pasta che si passano fra loro. Compaiono nuove bottiglie di vino, si brinda a una delle signore, si preparano i secondi. Arriva, poi, un ospite con il cappello che viene accolto da saluti e strette di mano.

L’occhio dietro la 8mm che a volte brucia la pellicola non è quello di un regista e i protagonisti di questo pranzo non sono attori professionisti. Sono, in realtà, personaggi loro malgrado, del tutto inconsapevoli che quel normalissimo pomeriggio in campagna più di sessant’anni dopo sarebbe arrivato agli occhi di qualche sconosciuto.

Occhi come i nostri che, del resto, sono molto diversi dai loro, ben più abituati a ritrovarsi coinvolti in questo genere di condivisioni, e diverse sono le pietanze, l’epoca e le situazioni. A rimanere sempre identico, però, è quel carattere collettivizzante del cibo, in termini di occasione festante e celebrativa, che ci permette di riflettere sul senso che ha per noi e per gli altri. Pranzo di Pasquetta a Tarquinia di Giorgio Forni, registrato nel 1961, fa parte della nuova raccolta dedicata al cibo di Memoryscapes, la piattaforma della Fondazione Home Movies che, dal 2002, raccoglie i video di famiglia e mette il ricordo privato a servizio della memoria pubblica.

La cottura del pane, Fondo Francesco Rinaldi, 1980, Savignano sul Panaro (Mo) @Archivio Home Movies

«L’obiettivo era quello di rappresentare molteplici regioni italiane» spiega Agnese Garbari, selezionatrice dei video che compongono la raccolta, «attraversando quindi la varietà di abitudini, rituali e modi di stare insieme a tavola e mostrando così la ricchezza e la diversità di immaginario legata al tema del cibo per gli italiani. Gli esempi selezionati offrono uno sguardo sulle trasformazioni della società, invitando a esplorare il contesto storico ed economico dell’epoca. Abbiamo lavorato per costruire una vera e propria mappatura delle situazioni filmate con le cineprese amatoriali che ruotano attorno al tema del cibo, della cucina e dei consumi alimentari, perché ne comprendesse le molteplici declinazioni, dalla produzione alla distribuzione, dalla vendita alla preparazione e al consumo».

Negli oltre cinquecento filmati che compongono questa selezione si mescolano ai pranzi come quello di Tarquinia le preparazioni di piatti tradizionali, i fine pasto in qualche ristorante scomparso, le scene nei bar e dei viaggi all’estero, i passaggi di lavorazioni industriali e artigianali con strumentazioni ormai in disuso. C’è spazio anche per sperimentazioni artistiche su tavolate sguarnite, scenette scritte per divertire e recitazioni primitive realizzate con la genuinità di un bambino. Il cibo che, nella sua forma più materiale, è destinato ad avvizzire proprio come i ricordi, e riproduce la nostra necessità di farlo invece persistere sotto forma di racconto. Di scriverne e filmarlo per riassaporarlo, per dargli una ereditarietà che, invece, sembra destinata a svanire.

Sosta alla salumeria Zambonini, Fondo Mauro Mingardi, 1964, Vignola (Mo) @Archivio Home Movies

Benché lontani e appartenenti a un mondo che quasi non c’è più, i filmati di Memoryscapes sono frutto di quel sincretismo di opposti, alto e basso, preparazione casalinga lenta e industria veloce, consumo di festa ed energia quotidiana che crea tradizioni, le modifica e fonda culture, come sottolineavano già Capatti e Montanari nel loro saggio sulla costituzione della cucina italiana. I filmati, concentrati tra gli anni Sessanta e Ottanta, danno traccia proprio di queste costanti opposizioni in un periodo centrale nella storia italiana. Il boom economico che tutto standardizza e rende disponibile da un lato, estendendo i regionalismi oltre i propri confini come idea commerciale – aggiungerebbero Capatti e Montanari – mentre, dall’altro, istituzionalizza la consistenza della pratica culinaria, della centralità del suo ruolo nelle famiglie e nelle singole realtà private.

«La scelta di concentrare la ricerca sulla rappresentazione del cibo viene dal fatto che si tratta di uno dei temi più filmati e rappresentati del cinema privato e amatoriale, in particolare nel secondo dopoguerra in Italia, a partire dai riti della tavola, filmati nelle abitazioni private della classe media», racconta Paolo Simoni, direttore di Fondazione Home Movies. «Nella strategia di autorappresentazione del cinema amatoriale, il cibo e le ritualità a esso connesse giocano infatti un ruolo centrale. Tra le nuove abitudini di un numero crescente di italiani nel secondo dopoguerra è proprio l’uso della cinepresa amatoriale, che diventa uno strumento per filmare le “grandi abbuffate”, le feste, il cibo durante la sua raccolta, il momento in cui viene cucinato. L’abbondanza di cibo ripreso ribadisce un nuovo status economico raggiunto o semplicemente reitera un dato culturale e antropologico».

Questi filmati danno allora una traccia di un’evoluzione che, altrimenti, andrebbe perduta, come i volti e le mani di chi ha contribuito a trasmetterla. È con questo sguardo, allora, che possiamo guardare le parti di questa raccolta, non più come documenti di tempi andati, di stravaganti passatempi di un’epoca lontana, ma come un’eredità che, senza saperlo, ci viene consegnata, anche solo come reminiscenza di qualcosa che abbiamo vissuto noi stessi. Del modo in cui, queste derivazioni entrano nella nostra esperienza: «In fondo» scriveva Montanari in “L’identità italiana in cucina”, «la ricerca delle proprie radici finisce sempre per essere la scoperta dell’altro che è in noi. Un altro che, attraverso complicati processi di osmosi e adattamento, in vari modi ha contribuito a farci diventare quello che siamo. Proprio per questo parliamo di identità culturali che si costruiscono nel tempo, mediante il confronto e lo scambio».

Tortellini a Natale, Fondo Mauro Mingardi, 1984, Bologna @Archivio Home Movies

Si tratta di un’apertura e una immersione, traslando ciò che non ci appartiene direttamente ma che è sempre in noi per l’innegabile predisposizione del cibo nel ripartirsi come quota emozionale praticamente immediata. Il fatto sentimentale che, attraverso queste cineprese, imprime i volti e gli oggetti, le azioni di cura dietro ogni scambio di piatto e le riporta a noi che possiamo rimodularle e riscoprirle.

La raccolta di Memoryscapes va forse inquadrata come un’occasione per costituire un fondo del gusto perduto, nell’evanescenza, nelle pagine di una storia mai battuta, come fecero gli invisibili e i vagabondi nei testi di Piero Camporesi e lo fanno tutti i giorni i quotidiani, per il loro irresistibile servizio di perseveranza.

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