Babka ponczowa Il babà e i suoi antenati

Uno dei più tipici prodotti di pasticceria partenopea non è nato a Napoli, ma ha origini polacche, è intriso con un goccio di Medio Oriente ed è stato forgiato a Parigi

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Cosa c’è di più napoletano del babà? Beh, un vero dolce napoletano, ad esempio. Il babà, infatti, non lo è, per quanto adottato con entusiasmo dalla pasticceria partenopea, che del babbà ha fatto uno dei suoi tanti simboli, e iscritto come tale nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani del Ministero per le politiche agricole alimentari e forestali. C’è una leggenda popolare che fa risalire il dolce alla forma, e al nome, dei copricapi dei baba, i dignitari turchi che accompagnavano a Napoli ogni nuovo ambasciatore ottomano e sfilavano in corteo nelle strade, ma in Italia la sua origine certificata porta a Parma. Qui, nel 1836, Vincenzo Agnoletti, credenziere e liquorista al servizio di Maria Luigia d’Austria, scrisse un manuale di cucina in cui è descritta la ricetta. Che include uvetta e zafferano, ingredienti persi poi negli anni, ma fornisce l’esatta descrizione del procedimento.

Quella di Maria Luigia era, per quanto relativamente periferica, una corte imperiale, dato che la duchessa era stata, come moglie di Napoleone Bonaparte, imperatrice di Francia; ed è nella fiorente produzione di manicaretti alla moda, quindi di origine francese, tra antrè, ordruvres, antremè, gattò (entrée, hors-d’oeuvres, entremets e gâteau), che va ricercata l’origine del nuovo dolce. Che si può ancora trovare, e degustare, e acquistare, a Parigi da Stohrer, nell’elegantissimo negozio in stile Secondo Impero di rue Montorgueil 51, nelle versioni classiche e nel formato torta. Un monumento storico: è la più antica pasticceria di Parigi, fondata nel 1730 dal pasticciere del re Luigi XV, Nicolas Stohrer.  È lui, ufficialmente, il creatore del babà.

Ma la storia non finisce qui, perché a ispirarlo fu un dolce a lievitazione naturale originario della Polonia, il babka ponczowa, il dolce della nonna. Stohrer, in effetti, era arrivato a Parigi al seguito di Maria Leszczyńska, fidanzata e poi moglie di Luigi XV, e figlia di Stanislao Leszczyński, re di Polonia, in esilio dopo che la Svezia aveva invaso il suo Paese. Il vero inventore del babà sarebbe quest’ultimo, ma qui la storia diventa leggenda e il protagonista è il kugelhupf. Ovvero, un tipico dolce austriaco, una ciambella lievitata alta e soffice, farcita di scorze di arancia e uvetta, che ricorda, alla lontana, il panettone.

Secondo la tradizione il re, che era sdentato, cosa comunissima in un’epoca priva di nozioni di igiene orale, non riusciva a masticare bene. Decise quindi di provare a immergere il kugelhupf nel Tokaj, il classico vino dolce ungherese, con un secondo passaggio nello sciroppo, per ammorbidirlo. Un’altra storia attribuisce l’invenzione a una crisi di nervi: sempre re Stanislao, in un momento di rabbia, lanciò il kugelhupf contro una credenza, rompendo una bottiglia di rum che lo inzuppò. Poteva essere un disastro, fu una scoperta. Una versione più tranquilla della vicenda vede un annoiato Stanislao che, tanto per cambiare sapore, inzuppa il kugelhupf nel Madeira.

Anche il nome, babka, malgrado la sua ovvietà, ha una leggenda dedicata. Nascerebbe da Alì Babà, protagonista di una novella de “Le mille e una notte”, una delle letture preferite dal poliedrico ex re polacco, appassionato, come tanti a quell’epoca, di “turcherie”.  Secondo un’altra versione sarebbe stata la forma ampia e rotonda a ricordare la gonna di una babka.

Stanislao non riuscì mai a riconquistare il suo trono e dopo i trattati di pace di Vienna del 1738 si trasferì vicino a Nancy, diventando duca di Lorena. La sua corte di Luneville, dove trascorse gli ultimi trent’anni di vita, diventò un salotto filosofico e letterario. La sua strana versione del babka fu studiata e messa a punto nelle cucine del ducato da un giovane cuoco, Stohrer, che seppe trarne profitto.

In Francia, indipendentemente dalle fortune napoletane, il dolce ha sperimentato molte forme. Nel diciannovesimo secolo il maestro Jean Anthelme Brillat-Savarin, politico e gastronomo, inventò un liquore adatto alle macedonie di frutta. La pasticceria dei Fratelli Julien, in place de la Bourse, ebbe l’idea di chiudere la macedonia in un babà spennellato di confettura di albicocche, e di chiamarlo in suo onore Savarin.

Qualunque versione si segua, se si intende prepararlo in casa, cosa non facilissima, meglio ricordare le parole di un esperto come Pellegrino Artusi: «Questo è un dolce che vuol vedere la persona in viso, cioè per riuscir bene richiede pazienza ed attenzione».

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