Spreco alimentare Che fine fanno i panettoni che non mangiamo?

Gettare il cibo rimane uno dei problemi principali del settore, che riguarda la cucina di casa, le pasticcerie e altri tipi di business, soprattutto in momenti di alta stagionalità

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Lo spreco alimentare continua ad affermarsi come una delle problematiche più urgenti su cui intervenire, sia come problema sociale (mentre una parte del mondo spreca, ce n’è un’altra che muore di fame) che come risposta contro il cambiamento climatico (lo spreco di cibo conta emissioni di CO2 molto simili a quelle di Paesi come la Cina e gli Stati Uniti). I dati del Rapporto Waste Watcher 2025, che sono stati presentati proprio in occasione del 5 febbraio, dodicesima giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare, parlano di un aumento generale dello spreco alimentare in Italia, che durante il Covid aveva visto una frenata: secondo gli ultimi dati invece gli italiani sprecano ogni giorno 88,2 grammi di cibo (617,9 grammi settimanali), per un costo di circa 139,71 euro pro capite ogni anno. Tra gli alimenti più sprecati, in testa, pane e frutta.

Una situazione problematica ben chiara anche a Fondazione Barilla, che da anni si batte su questi temi e che ha presentato proprio ieri, 4 febbraio, un “manuale” di consigli e buone pratiche per ridurre lo spreco domestico, “Il Libro del Risparmio”, che si può richiedere gratis sul sito della Fondazione. «Siamo partiti dal chiederci quanto vale lo spreco e come possiamo attivare le persone per portarle ad agire: non sprecare non è solo una questione di risparmio di cibo, ma anche di denaro: da nostre stime insieme all’Università di Bologna si parla di fino a 500 euro a famiglia”, spiega Marta Antonelli, direttrice dell’Area Ricerca della Fondazione.

I panettoni… si sprecano?
Anche se gennaio è sembrato quasi come il resto dell’anno, Natale è ancora dietro l’angolo. Un’occasione di consumo che riguarda le pasticcerie e in modo ancora più particolare i lievitati, che nella maggior parte dei casi vengono prodotti, venduti e consumati nei giorni e settimane antecedenti e concomitanti al 25 dicembre. A Natale 2023 si parlava di una vendita totale di 27.000 tonnellate di panettone, con una crescita trainata soprattutto dal comparto artigianale, stimata tra il tre e l’otto per cento.

Ed è proprio nel periodo di festa che lo spreco alimentare si intensifica: secondo un sondaggio condotto da Too Good To Go (l’app contro gli sprechi alimentari) in collaborazione con YouGov, l’86 per cento degli italiani dichiara di sprecare cibo durante le festività e tra gli alimenti più sprecati al primo posto ci sono proprio dolci stagionali come il panettone e il pandoro. I cittadini si possono sensibilizzare con campagne di comunicazione e trucchi anti-spreco, ma come se la cavano le aziende e i punti vendita?

Nicola Olivieri, titolare di Olivieri 1882, l’e-commerce di lievitati più conosciuto e diffuso, spiega che per il Natale 2024 «a livello di numeri siamo molto soddisfatti, abbiamo raggiunto un più cinquanta per cento rispetto al 2023 e questo è il frutto del lavoro di anni». Un e-commerce che propone e vende lievitati tutto l’anno, e non sono stagionalmente, può essere una risposta allo spreco alimentare, ma per Olivieri non rappresenta il (solo) obiettivo, quanto un innegabile plus di questa scelta: «produrre il panettone tutto l’anno non è per noi un modo per ovviare allo spreco stagionale post festivo, in primis perché cresciamo fortemente nella destagionalizzazione del prodotto, soprattutto all’estero, dove può essere visto come tutti gli altri dolci tipicamente italiani e non per forza legati a una ricorrenza. Consapevoli che è il dolce del Natale per eccellenza, insieme al pandoro, ciò non toglie che non possa essere consumato a colazione o a merenda, come una brioche». Il mercato estero quindi va “in soccorso” dell’e-commerce quando quello italiano esaurisce (o comunque diminuisce) la voglia di panettone nel post-Natale, ovviando allo stesso tempo al problema di eventuali eccedenze.

Fette e internazionalizzazione
E per una “normale” attività che produce i lievitati in laboratorio e li vende tramite punto vendita? Le strategie di Pasticceria Martesana – uno dei riferimenti per il panettone nel capoluogo meneghino, anche se rimasta orfana proprio prima di Natale dello storico patron, Enzo Santoro – nel corso degli anni sono diventate diffuse e comprensive di vari canali: dalla stessa app contro gli sprechi a sistemi di previsioni di vendita che consentono di comporre il bancone con prodotti che si ha la certezza di poter vendere entro la fine della giornata.

E per i panettoni e la loro alta stagionalità? «Abbiamo adottato nuove modalità», spiega Alberto Trovato, retail coordinator, «da noi infatti il panettone si può gustare anche alla fetta. Questo ci consente, oltre che di soddisfare una domanda in continua crescita, anche di ridurre gli sprechi dei prodotti invenduti».

Pasticceria Martesana, Colomba tradizionale

Il commercio estero sembra comunque la miglior ricetta anti-spreco e pro-vendita, tanto che anche una pasticceria storica come Martesana si è ormai convertita alla filosofia del panettone tutto l’anno: «In qualità di Bottega Storica a Milano dal 1966, abbiamo la responsabilità di difendere e promuovere il consumo del panettone artigianale, a livello nazionale e internazionale (oggi esportiamo in otto Paesi: Inghilterra, Germania, Spagna, Grecia, Cipro, Thailandia, Singapore, Macao). Questo non solo durante le festività natalizie, dove prediligiamo il formato da un chilogrammo offrendo ai nostri clienti un’ampia gamma di gusti, ma anche durante tutto l’anno (Pasqua a parte, dove il panettone lascia spazio alla colomba), quando concentriamo la produzione sul Panettone Tradizionale Milanese e sull’iconico Panetùn de l’Enzo (cioccolato e albicocca) nel formato da cinquecento grammi», conclude Marco Marsico, head of sales & marketing.

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