Le mode sono sempre esistite, ben prima dei social network. Che fosse il colore di tendenza, il taglio di capelli o il capo di vestiario, l’oggetto “cool” del desiderio che tutti volevano – bello o brutto che fosse – non è un’invenzione di Mark Zuckerberg. Certo è che l’ambito ristorazione in generale – e pasticceria in particolare – con l’avvento di Instagram prima e TikTok poi sta subendo una di quelle rivoluzioni silenziose di cui ci si rende conto, ma si è ancora troppo dentro per determinarne la reale portata.
Il proliferare di all you can eat? Pizzerie napoletane a ogni angolo, anche a Milano o Torino? Cornetti che diventano cubi, che diventano pancake giapponesi? Certo, lo si inizia a notare da quando il primo negozio, che era la novità, si moltiplica e nel giro di qualche mese apre altri tre punti vendita, o spuntano altrettanti competitor. La scossa però inizia molto prima: da quando il video di come si fa il pancake inizia a girare su TikTok, e allora tutti in file chilometriche fuori dal negozio, o da quando l’influencer – che davvero influenza – mangia solo pizza napoletana, e allora perché non provarla? Un reel fatto nel modo giusto postato dalla persona giusta oggi può davvero fare la differenza… ma domani?
Ci eravamo tanto amati
Le tendenze sono tali anche perché tendono a passare: come dimenticarsi degli anni in cui nelle pasticcerie italiane sembrava di essere in Francia? Macaron ed éclair erano letteralmente sulla bocca di tutti, ed ecco arrivare anche Ladurée, L’Éclair de Génie di Christophe Adam, La Pâtissérie des Reves di Philippe Conticini. Neanche dieci anni dopo, come sono arrivati se ne sono (quasi) andati tutti.
La pasticceria francese è piaciuta il tempo di qualche post su Facebook, ma passato l’innamoramento (e la novità) iniziale, il consumatore è tornato a casa: a sopravvivere non è stato il locale più patinato, ma quello che è riuscito a costruire una proposta di qualità, coerente alla propria idea di pasticceria e in grado di raggiungere il cliente al di là di Instagram. Due esempi su tutti: l’Île Douce a Milano e Le Levain a Roma, guarda caso entrambe gestite da pasticcieri italianissimi, Fabrizio Barbato a Milano e Giuseppe Solfrizzi a Roma. Nei locali si trovano certo idee e suggestioni che arrivano direttamente dalla Francia, ma con tocchi e servizio adatti al contesto in cui sono collocati: lo storytelling rimane, ma non passa (solo) da uno schermo.
Quando Instagram fa la differenza
Se Instagram è servito come strumento per amplificare dolci “instagrammabili”, quindi belli da vedere, TikTok ha fornito un ulteriore megafono e creato dei veri e propri fenomeni. Due soprattutto in Italia, quando si parla di pasticceria e dolci: il croissant a forma di cubo, introdotto dalla Farmacia del Cambio a Torino, e le Ugly Cakes, progetto lanciato nel 2020 in un piccolo laboratorio di Arese da Veronica Boienti, che nel 2023 è diventato un autentico cult dolce. Queste “torte brutte” sono state pensate proprio per evidenziare i difetti e solitamente riportano scritte irriverenti e divertenti, perfette per uno scatto acchiappa like per il compleanno o qualche altra occasione speciale.
«Ho studiato e lavorato nell’ambito della comunicazione, prima di spostarmi full time sulla pasticceria nel 2020. È nato quindi prima il concept delle ugly cakes e poi il prodotto, l’idea era portare in Italia le Lambeth cake, tradotte in un mood pop e “locale”. Avevo già aperto la pagina Instagram per pubblicare le mie creazioni di pasticceria classica, ma poi l’attenzione dei clienti si è spostata solo sulle ugly cakes e il trend è esploso in tutta Italia. La richiesta è aumentata in modo esponenziale e – pur essendo un marchio registrato – ne ho perso controllo, tutti hanno iniziato a usare questo nome per proporle. Prima lavoravo part-time per un panificio e pasticceria, ma da giugno di quest’anno ho aperto un negozio dedicato solo ed esclusivamente alle ugly cakes», racconta Boietti. E quando la moda passerà? «Non mi spaventa, la pasticceria è il mio lavoro. Sono consapevole che il mercato è più veloce di qualche anno fa, ma se non saranno le frasi ci sarà modo di personalizzare altri dettagli. Le torte da forno sono la mia passione, ci sarà sicuramente modo di reinventarsi in modo pop».
I pasticcieri & i social
Non solo trend che creano pasticcerie, ci sono anche pasticcieri che hanno trovato il modo per sfruttare i social network sia per vendere prodotti che per creare un loro linguaggio di comunicazione verso follower e interessati all’argomento. Un esempio è Silvia Boldetti: Pastry Queen nel 2019 e prima donna a entrare in Accademia Maestri Pasticcieri Italiani (Ampi), Boldetti ha saputo coniugare le doti in laboratorio con quelle per il marketing digitale, lanciando, sviluppando e crescendo un profilo – Pasticceria in pillole – che ha l’obiettivo di «spiegare la pasticceria a tutti in modo semplice» e che, allo stesso tempo, l’ha aiutata a far conoscere la sua realtà e la sua attività come consulente. È possibile – e necessario – quindi non considerare i social network (solo) come un’attività che si “deve” fare, ma (anche) un’opportunità che può essere sfruttata in modi diversi. Il panorama è ancora lontano dall’essere saturo, nuovi linguaggi sono pronti per essere scoperti.
Un caso diverso è quello di Damiano Carrara e del suo Atelier, aperto a Lucca. Damiano ha iniziato a farsi conoscere in Italia come pasticciere prima di tutto in televisione, dopo una carriera già avviata – con una pasticceria aperta insieme al fratello a Beverly Hills –, e ha saputo muoversi bene anche sui social network, in particolare su Instagram, piattaforma su cui ha conquistato fin da subito migliaia di followers.
Oggi è la moglie Chiara Maggenti che lo aiuta nella gestione della pasticceria e della comunicazione: «Essere sui social network è imprescindibile, direi che mostrare il prodotto su Instagram o TikTok è la prima chiave di vendita. È bene curare la bellezza del dolce e la qualità dello scatto, ma fondamentale è trovare un modo per differenziarsi e rendere il tutto immediatamente riconoscibile, così se il contenuto inizia a essere condiviso e a girare, le persone lo associano comunque subito al tuo brand».
Luci, ma anche ombre: «Di certo con i social network i consumatori/clienti sono più informati e attenti, ma bisogna sempre poi considerare quale tipo di informazione passa, molte volte la conoscenza è superficiale o il cliente si aspetta di trovare in negozio esattamente la creazione che ha visto in foto, fino all’ultimo dettaglio: un problema per una realtà artigianale come la nostra, in cui ogni prodotto è unico. È importante, anche nell’era della foto patinata, far comprendere che quello che rende un dolce quello che è non è (solo) l’aspetto esteriore», spiega Maggenti.